domenica 31 ottobre 2010

La copia integrale del rapporto europeo che ha bocciato senza appello le discariche costruite intorno al fiume Sele

Il rapporto della Commissione Petizioni del Parlamento Europeo: “la crisi dei rifiuti in Campania non è finita”  Difficilmente ne avrete letto in giro, (in provincia di Salerno lo ha ripreso solo Oreste Mottola, su "Il Mattino) ancor meno probabilmente ne avrete sentito parlare in tv ma la Commissione Petizioni del Parlamento Europeo ha reso pubblico il rapporto finale dopo la visita di una delegazione in Campania sulla questione dei rifiuti.
Ho appena finito di leggerlo ed è qualcosa di allucinante. Gli europarlamentari membri della delegazione (una “socialista” olandese, un “popolare” tedesco e una “verde” danese) hanno scattato una chiara fotografia della situazione campana dalle origini del problema ad oggi che in qualsiasi altro paese europeo sarebbe pubblicato da tutti gli organi di informazione e farebbe la notizia di apertura dei telegiornali (non esagero).
Il testo del rapporto (PDF) è disponibile qui.
Buona lettura!

PARLAMENTO EUROPEO 2009 - 2014
Commissione per le petizioni
25.6.2010
DOCUMENTO DI LAVORO
sulla missione di inchiesta in Campania (Italia) dal 28 al 30 aprile 2010
Commissione per le petizioni
Relatore: Judith A. Merkies
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La delegazione che si è recata in Campania era composta da tre membri ufficiali designati
dalla commissione per le petizioni e da quattro membri ex officio, deputati al Parlamento
europeo eletti in Campania. I deputati del paese interessato, infatti, non sono ammessi a
partecipare alle visite di accertamento in veste ufficiale. La relazione è stata predisposta sotto
l’autorità del capo della delegazione con il contributo di tutti i membri.
Membri della delegazione
Judith A. Merkies (capo della delegazione) (S-D, Paesi Bassi)
Peter Jahr (PPE, Germania)
Margrete Auken (Verdi, Danimarca)
Membri ex officio
Erminia Mazzoni, presidente della commissione per le petizioni (PPE - Italia)
Crescenzio Rivellini (PPE - Italia)
Andrea Cozzolino (S-D - Italia)
Vincenzo Iovine (ALDE - Italia)
Scopo della missione
Obiettivo della visita era indagare sulle denunce contenute nelle 15 petizioni pervenute e già
esaminate in commissione1, nel corso della precedente legislatura e più recentemente nel
dicembre 2009, in occasione dell’audizione dei firmatari delle petizioni e nel gennaio 2010,
quando alle autorità nazionali è stato concesso di presentare la propria posizione.
I membri della delegazione hanno incontrato i firmatari e le comunità locali che sono le più
direttamente colpite dalla situazione, le aziende che amministrano le varie strutture di
smaltimento dei rifiuti presso cui è stato effettuato il sopralluogo e le autorità locali, regionali
e nazionali competenti. Per formarsi un punto di vista indipendente, la delegazione ha
richiesto il parere di alcuni ricercatori scientifici (geologi, epidemiologi, ambientalisti,
sociologi). Gli incontri si sono svolti a Napoli e Benevento e presso i siti visitati.
La presente relazione si rifà a quanto osservato dai membri durante la loro permanenza
nonché a una nutrita serie di documenti, in parte messi a disposizione della delegazione, in
parte procurati per avvalorare ulteriormente alcuni aspetti dell’elaborato o per assicurare la
1 683/2005, presentata da Vincenzo Marmora, sulla discarica di Basso dell’Olmo
31/2007, presentata da Giampiero Angeli, sulla tossicologia negli animali
26/2007, presentata da Monica Sepe, su un progetto di realizzazione di una discarica a Valle della Masseria
587/2007, presentata da Marina Salvadore, sui rifiuti in Campania
756/2007, presentata da Giovanni Roviello, sulla discarica di Ariano Irpino
789/2007, presentata da Gigliola Izza, sulle ecoballe a Taverna del Re
910/2007, presentata da Francesco di Pasquale, sui rifiuti in Campania
991/2007, presentata da Vincenzo Gala, sui rifiuti in Campania
12/2008, presentata da Francesco Miglino, sulla trasparenza in materia di inceneritori
16/2008, presentata da Francesco Castelli, sui rifiuti in Campania
209/2008, presentata da Sebastiano Perrone, sui rifiuti in Campania
347/2008, presentata da Tommaso Esposito, sull’inceneritore di Acerra
955/2008 presentata da F.K., sulla discarica di Chiaiano
1011/2008, presentata da Antonia Schiatarella, sulla discarica di Chiaiano
1082/2008, presentata da Raffaele Pacilio, sull’incenerimento illegale di pneumatici.
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conformità a generali requisiti di ricerca.
Legislazione
Nella tabella in appresso sono indicate schematicamente le normative UE invocate dai
firmatari:
Direttiva n. Anche Titolo Problematica
92/43/CEE Habitat
Ubicazione delle discariche
della provincia di Salerno
1999/31/CE Discariche Chiaiano, Terzigno
2000/532/CE 91/689/CEE Rifiuti pericolosi
Incenerimento di
pneumatici
2000/76/CE
Direttiva sull’incenerimento
dei rifiuti
Requisiti minimi in materia
di incenerimento dei rifiuti
2001/77/CE Energia da fonti rinnovabili
Combustibile destinato ad
Acerra
2003/35/CE 85/337/CEE; 97/11/CEE Århus Consultazione pubblica
2006/12/CE
2008/98/CE
75/442/CEE;
91/156/CEE Direttiva quadro sui rifiuti
Quadro integrato e
adeguato per gli impianti di
smaltimento
2008/8/CE 96/61/CE IPPC
Impianti industriali soggetti
a un regime integrato di
autorizzazioni ambientali
Nel 2007, e più di recente nel 2010, l’Italia è stata condannata dalla Corte di giustizia
dell’Unione europea per aver violato alcune delle direttive succitate.
Causa n. Direttive violate Sentenza
C-135/05 Rifiuti pericolosi e discariche
75/445/CEE, 91/156/CEE,
1999/31/CE
26 aprile
2007
C-297/08
Assenza in Campania di una
strategia integrata per i rifiuti 2006/12/CE (cod. 75/442/CEE) 4 marzo 2010
La direttiva relativa alle discariche di rifiuti (1999/31/CE), in particolare, incide in maniera
rilevante sulla vita quotidiana dei cittadini; questo aspetto è di fondamentale importanza per la
commissione, che riceve frequentemente petizioni sul tema. La norma contiene 34
considerando, che, complessivamente, possono dirsi costituire i parametri della legge quanto
ai relativi scopi ed obiettivi, insieme all’articolo 1, che ne definisce la finalità complessiva. Gli
Stati membri sono tenuti ad applicarla dall’aprile 2001, per le discariche già esistenti le norme
sono diventate vincolanti otto anni più tardi. Tra i parametri della direttiva figurano:
 la necessità di monitorare adeguatamente le discariche, anche attraverso controlli
visivi in ingresso, e di gestirle in modo da evitare o ridurre potenziali effetti negativi
per l’ambiente nonché rischi per la salute pubblica;
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 la necessità di indicare chiaramente i requisiti previsti per i siti delle discariche per
quanto riguarda l’ubicazione, il trattamento, la gestione, il controllo, la chiusura
nonché le misure di prevenzione e di protezione da adottare per scongiurare, in
un’ottica di breve e lungo periodo, eventuali pericoli per l’ambiente e, più in
particolare, l’inquinamento delle acque sotterranee per infiltrazione di percolato nel
suolo;
 l’introduzione di severi requisiti operativi e tecnici per i rifiuti e le discariche,
l’istituzione di misure, procedure e orientamenti atti a prevenire o ridurre il più
possibile eventuali effetti negativi per l’ambiente locale , in particolare l’inquinamento
delle acque di superficie e sotterranee, del suolo e dell’aria, e sull’ambiente globale,
compreso l’effetto serra, nonché gli eventuali rischi per la salute umana legati al
conferimento in discarica dei rifiuti per tutto il ciclo di vita della struttura.
Tra i requisiti generali previsti per le discariche, contenuti nell’allegato 1 della direttiva, ve ne
è uno relativo alle “distanze fra i confini dell’area e le zone residenziali e di ricreazione, le vie
navigabili, i bacini idrici e le altre aree agricole o urbane”. Un altro aspetto da valutare è
l’esistenza, nelle vicinanze dei siti, di acque freatiche e costiere e di zone di protezione
naturale.
Contesto
La crisi dei rifiuti in Campania è il capitolo più drammatico di una gestione problematica in
varie regioni italiane, tra cui Lazio, Calabria e Sicilia ed è forse emblematica della più
generale storia di incuria e di ridotto sviluppo economico che caratterizza il Meridione
d’Italia. Negli anni 90, in tutte le regioni citate è stata dichiarata un’emergenza rifiuti che ha
condotto alla nomina di commissari governativi con poteri e fondi straordinari. Nella
maggioranza dei casi, questi commissari erano i governatori delle regioni interessate o i
prefetti.
Il primo ad essere nominato Commissario per i rifiuti per la Campania fu il Governatore
Rastrelli, nel 1994. Il suo piano, in apparenza piuttosto ambizioso, prevedeva il passaggio dal
sistema delle discariche, per la maggior parte sature e pesantemente inquinate, a un ciclo
integrato di gestione dei rifiuti, che si sarebbe retto sulla produzione di combustibile di alta
qualità derivato dai rifiuti (CDR o ecoballe) e sulla successiva produzione di energia
attraverso l’incenerimento del CDR in appositi impianti inceneritori. I residui organici
sarebbero stati utilizzati, invece, per la rigenerazione delle discariche esistenti. Parallelamente
a questo ciclo era prevista una strategia per la riduzione e il riciclaggio dei rifiuti domestici.
La gara d’appalto per l’organizzazione dell’intero ciclo dei rifiuti, che prevedeva la costruzione
di due inceneritori e di sette impianti per le ecoballe e per i rifiuti organici, fu vinta il 20
marzo 2000 dalla società FIBE, il cui mancato rispetto dei termini contrattuali è da più parti
considerato una delle cause alla radice di molti dei problemi di oggi.
La cernita dei rifiuti destinati alla produzione di ecoballe e dei rifiuti organici era realizzata
senza il dovuto rispetto delle disposizioni di legge: la questione chiave è la mancata selezione
o filtraggio dei rifiuti. A titolo di esempio, i rifiuti considerati pericolosi, compresi numerosi
rifiuti industriali, i rifiuti tossici o radioattivi, gli oli minerali, i pneumatici usati, i liquidi
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infiammabili, e così via, non andrebbero mai mischiati o immagazzinati con i residui
domestici o organici. Il risultato è che la Campania si ritrova oggi con sei milioni stimati di
ecoballe di qualità inferiore allo standard, sospettate peraltro di contenere rifiuti tossici.
Inoltre, l’assenza di strutture di incenerimento ha determinato l’ammasso delle ecoballe in siti
di stoccaggio temporaneo e la saturazione delle discariche con rifiuti misti e forse, anche,
contaminati. La delegazione si è recata presso i siti di stoccaggio temporaneo di Taverna del
Re e Ferrandelle, ove la popolazione è seriamente preoccupata per l’inquinamento atmosferico
e idrico e per l’impatto sulla salute. Oggi si ritiene che il cumulo di ecoballe sia
“mummificato”, ovvero che il suo potere calorifico sia troppo elevato per consentirne
l’incenerimento presso la struttura attualmente disponibile1.
Il primo inceneritore di Acerra è entrato in funzione soltanto nel marzo 2010. Le cause della
ritardata apertura del primo ed unico impianto d’incenerimento ad oggi operativo sono
molteplici. Il luogo prescelto, Acerra, risultava già fortemente inquinato, tanto che agli
abitanti era stata promessa, anni addietro, una bonifica ambientale. I lavori di costruzione
sono stati rallentati, anche per questo motivo, da battaglie legali interminabili riguardanti, da
un lato, l’ubicazione dell’impianto e, dall’altro, le specifiche tecniche del tutto anacronistiche
proposte da FIBE. L’impianto attuale, che la delegazione ha avuto modo di visitare, non è
stato dunque completato da FIBE, bensì da Partenope Ambiente, che ha aggiornato il progetto
ed è ora responsabile della sua gestione. FIBE è attualmente sotto inchiesta.
I progressi compiuti sul fronte della riduzione dei rifiuti e del riciclaggio dei residui domestici
sono minimi. Gli abitanti di Napoli producono oggi una media di 2,2 kg di rifiuti al giorno
(contro una media UE di 1,4 kg) di cui solo l’8% viene riciclato (contro una media UE del
23%)2. Di conseguenza i rifiuti domestici e non continuano ad essere conferiti in discarica in
maniera indiscriminata, in taluni casi, a quanto risulta, mescolati a diversi tipi di rifiuti
industriali. Poiché molte discariche sono state dichiarate aree di interesse strategico, è stato
impedito ai cittadini e alle autorità locali di verificare cosa vi venga effettivamente conferito.
Le discariche sono in gran parte gestite da privati anche se non è chiaro sulla base di quali
licenze o autorizzazioni; molte, a quanto si dice, sarebbero o sarebbero state sotto il controllo
della Camorra e di gruppi della criminalità organizzata. La delegazione ha effettuato un
sopralluogo presso due discariche private chiuse della provincia di Salerno, a Basso dell’Olmo
e a Macchia Soprano, nonché presso il sito designato per l’allestimento di una nuova discarica,
a Valle della Masseria.
Durante l’ultima emergenza rifiuti, periodo al quale risale la maggior parte delle petizioni, è
stata promulgata una legge, datata 14 luglio 20083, che
 affida la competenza per il ciclo di gestione dei rifiuti alla Protezione civile,
 fissa la data di fine emergenza al 31 dicembre 2009,
 designa i siti di gestione dei rifiuti come zone “di interesse strategico” assoggettandole
alla supervisione militare e al segreto di Stato,
 autorizza l’allestimento di dieci discariche e di quattro inceneritori,
1 Linee di Piano 2010-2013 per la Gestione dei Rifiuti Urbani, pag. 37.
2 Comunicato stampa Eurostat 43/2010 - 19 marzo 2010; dati relativi al 2008, durante il culmine della crisi, che
possono pertanto non riflettere la situazione attuale.
3 D.L. 23 maggio 2008, n. 90 convertito in legge del 14 luglio 2008 n. 123.
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 stabilisce obiettivi di riciclaggio vincolanti per comuni e province (2009: 25%;
2010:35%; 2011:50%).
La delegazione ha effettuato sopralluoghi nelle discariche di Chiaiano e Terzigno e
all’inceneritore di Acerra.
Il sistema commissariale in sé è oggetto di pesanti critiche e varie indagini giudiziarie in
corso. Molti tra la popolazione ritengono che la gestione dei rifiuti da parte dei commissari
straordinari costituisca parte del problema, piuttosto che la soluzione.
È importante osservare che nel 2007 la Commissione europea ha deciso di sospendere, sino a
quando non sia abolita la struttura commissariale, 135 milioni di euro di contributi per il
periodo finanziario 2006-2013, a favore di progetti di gestione dei rifiuti, e un ulteriore
importo pari a 10,5 milioni di euro per il periodo finanziario 2000-2006.
La caratteristica più importante della gestione straordinaria è il potere dei commissari di
derogare alle norme e ai controlli, comprese le leggi in materia di valutazioni di impatto
ambientale e quelle sugli appalti pubblici; risulta altresì che abbiano accesso pressoché
incontrollato ai finanziamenti pubblici. Hanno inoltre l’autorità di decidere a quali aziende
assegnare i contratti di trasporto, di realizzazione delle opere, l’ubicazione di impianti,
discariche e inceneritori, senza l’obbligo di fornire informazioni agli enti locali e agli abitanti
in merito alle decisioni prese.
Il risultato è che durante lo stato di emergenza, le decisioni sono state assunte generalmente in
modo affrettato e senza riguardo per le preoccupazioni della popolazione. Tutte le discussioni
in merito all’ubicazione delle discariche, al tipo e alla quantità dei rifiuti da conferirvi o alla
necessità oggettiva di creare quattro nuovi inceneritori sono state sospese per poter
individuare un numero sempre maggiore di siti ove collocare rifiuti vecchi e nuovi
rapidamente e senza controllo. Il problema rifiuti è stato considerato come fatto puramente
logistico, relegando a questione virtualmente insignificante ogni considerazione di sicurezza
ambientale e di salute, ed ogni riflessione di gestione a breve e lungo termine di raccolta
differenziata, riciclaggio o riduzione dei rifiuti.
I cittadini che hanno contestato questa situazione o che hanno cercato di proporre approcci
alternativi sono stati emarginati o ignorati. I firmatari affermano, ad esempio, di non essere
riusciti a ottenere informazioni chiare su ciò che sta realmente accadendo nel loro territorio,
che in molti casi ha subito una lunga storia di scarichi illegali o di inquinamento. Alcuni
mezzi di informazione sostengono, d’altra parte, che la responsabilità principale della crisi dei
rifiuti gravi sui cittadini e i partiti che non hanno voluto gli inceneritori e le discariche nei
propri territori, accusati di essere vittime della sindrome “non nel mio cortile” (NIMBY - not
in my backyard).
La risposta delle autorità politiche nazionali è stata principalmente quella di porre i siti di
gestione dei rifiuti e l’inceneritore di Acerra sotto stretto controllo delle forze armate. Neanche
la polizia locale ha poteri in queste aree, come testimoniato dalla delegazione. Di recente,
sono stati effettuati alcuni arresti nel corso di manifestazioni pubbliche. I rappresentanti eletti
a livello locale, fra cui il sindaco di Marano (località vicina a Chiaiano), si sono visti negare
l’accesso al proprio collegio elettorale per diversi mesi. Risulta evidente che il rapporto tra
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cittadini e autorità è stato gravemente danneggiato; mutuando la relazione sulla gestione dei
rifiuti per la provincia di Benevento: “La vicenda dell’emergenza rifiuti in Campania e la
lunga gestione Commissariale hanno prodotto una profonda lacerazione nei rapporti tra i
cittadini e le Istituzioni, un clima di sfiducia che va assolutamente recuperato attraverso un
Patto per evitare che si possa, in futuro, rivivere una tale situazione.”
Chiaramente taluni aspetti chiave della normativa europea, concepita specificamente per
tutelare l’ambiente e la salute dei cittadini e assicurare un sistema pubblico coerente di
gestione dei rifiuti, sono stati gravemente violati, prima nel lungo periodo di
autocompiacimento, corruzione e inerzia, a cui ha fatto seguito il fallito tentativo di risolvere
il problema, e successivamente nel breve periodo di misure d’emergenza che hanno intaccato
la fiducia dei cittadini nelle proprie istituzioni.
Nel febbraio 2010, la Regione Campania ha adottato le “Linee di piano 2010-2013 per la
gestione dei rifiuti urbani”1 ed è entrata in vigore la legge che pone fine a 15 anni di gestione
straordinaria dei rifiuti. Ciò significa che la competenza per la gestione del ciclo dei rifiuti è
nuovamente in capo alla regione. Le cinque province campane dovranno gestire la raccolta e
la separazione dei rifiuti domestici e dei materiali conferiti a discarica, mentre la Protezione
civile manterrà la competenza sugli inceneritori per un altro anno, durante il quale le province
potranno chiederle di essere assistite nella gestione dell’intero ciclo. Anche l’applicazione
della legge relativa al segreto di Stato e il ruolo delle forze armate sono stati confermati per un
periodo supplementare di un anno.
Alle votazioni regionali di fine marzo 2010 è stata eletta una nuova maggioranza e al
momento della visita, il nuovo governo era in fase di formazione.
Criminalità organizzata
I membri della delegazione sono stati informati dell’infiltrazione di gruppi della criminalità
organizzata nel lucrativo ciclo dei rifiuti. Il nesso tra criminalità organizzata e gestione dei
rifiuti sussiste da molto tempo. Vi sono prove che per decenni la Camorra ha importato rifiuti
tossici dalle industrie del nord scaricandoli in centinaia di discariche abusive o, addirittura, in
mare. Se le affermazioni circa la portata di questa attività illegale si avvicinano al vero, è
inconcepibile che le autorità, o quantomeno alcune di esse, non fossero al corrente della
situazione. Le autorità recentemente elette hanno esplicitamente dichiarato che stanno
affrontando il problema, fra l’altro imponendo la rigorosa tracciabilità dei rifiuti conferiti in
discarica.
Un aspetto forse meno noto è quello dei numerosi “lavoratori socialmente utili” assunti nei
primi anni del XXI secolo per lavorare negli impianti di separazione destinati alla produzione
delle ecoballe. Questa categoria nasce con i conflitti sociali e con le crisi urbane degli anni 70,
scoppiate all’indomani dell’epidemia di colera del 1974 che aveva tolto il lavoro ai pescatori
del porto di Napoli. Le autorità adottarono delle misure per riqualificarli e impiegarli nel
settore pubblico. L’effetto fu di indurre altre categorie di disoccupati a creare cooperative, di
diversi colori politici, per chiedere soluzioni analoghe. Le loro attività degenerarono e si
fecero sempre più violente, una sorta di guerriglia urbana; alcuni gruppi con forti connessioni
1 A.G.C. 21 Programmazione e Gestione dei Rifiuti, Deliberazione n. 75 del 5 febbraio 2010.
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con la Camorra. Si venne a creare un racket di impieghi fittizi gestito da boss della
criminalità. Da questo serbatoio sono stati attinti circa 2 300 lavoratori. A quanto risulta, solo
200 si presentano effettivamente a lavoro1.
La gestione straordinaria dei commissari che non è riuscita a superare i problemi, aggravata
dall’assenza di controlli e consuntivi istituzionali, è servita soltanto, secondo numerosi
osservatori, a creare nuove opportunità per la criminalità organizzata. La Camorra si è
insediata negli ambiti in cui politici e autorità hanno fallito, fornendo soluzioni e,
probabilmente, ricompensando il silenzio e minacciando quanti osavano parlare.
Risultati della delegazione
Incontro con le autorità nazionali: Task Force, Consiglio dei ministri (Prof. Roberto Adam),
Protezione civile (Dr. Nicola Dell’Acqua); governo della Campania: Dr. Raimondo
Santacroce)
La Protezione civile ha presentato i risultati dell’opera svolta nell’ambito dell’ultima
emergenza, da quando cioè, con la promulgazione della legge n. 123 (14 luglio 2008), è stata
chiamata in causa per risolvere la crisi. Il suo mandato era di rimuovere l’immondizia dalle
strade di Napoli e di restituire la competenza per la gestione dei rifiuti alla regione alla fine
del 2009. Conseguentemente hanno percepito il loro mandato come a breve termine e lo
considerano assolto nella misura in cui:
a) l’inceneritore di Acerra è operativo, fornisce energia elettrica alla rete e genera introiti per
8 000 euro al giorno. Tutto il CDR fornito ad Acerra al 2010 viene preventivamente
trattato e, pertanto, non pone alcun pericolo per l’ambiente, come dimostrano i relativi dati
di misurazione certificati. La Protezione civile stima che nel prossimo futuro saranno
necessari altri due inceneritori;
b) cinque delle dieci discariche inizialmente previste sono state allestite in siti già
contaminati, previa bonifica a norma della legislazione vigente e sono ora operative. Sono
state ottenute autorizzazioni per altre due discariche. La regione ne sta assumendo la
competenza con una situazione di autonomia di tre anni in termini di capacità;
c) ai comuni è stato proposto un sistema di incentivi e sanzioni finalizzato al raggiungimento
di ambiziosi obiettivi di riduzione dei rifiuti e di aumento della percentuale del riciclato. Il
traguardo fissato per il riciclaggio era del 25% alla fine del 2009, un dato che è stato messo
in discussione da alcuni membri. I progressi riconosciuti variano ampiamente da comune a
comune. Sono necessari ulteriori sforzi per ridurre la quantità dei rifiuti, attualmente
stimata a 2 200 tonnellate al giorno.
d) sono stati riferiti arresti di circa 1 000 persone per scarico illegale di rifiuti.
I quesiti rivolti ai rappresentanti hanno toccato la sentenza della Corte di giustizia del 4 marzo
2010, il continuo pesante accento sull’uso delle discariche e il problema di come fare i conti
con il retaggio del passato. Gli interlocutori hanno risposto di essere disposti a garantire la
sicurezza e la conformità di tutte le installazioni create sotto la loro responsabilità, ma non di
quelle precedenti. Dalla discussione è emerso che la Protezione civile stava chiaramente
preparandosi a lasciare. I membri ex officio hanno ringraziato la Protezione civile per aver
1 Gabriella Gribaudi: Il ciclo vizioso dei rifiuti campani.
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risolto la grave crisi; hanno parlato dell’esigenza di aumentare i tassi di riciclaggio, del
problema di gestire il cumulo delle ecoballe e della necessità di costruire altri inceneritori.
Visite presso le discariche di Chiaiano (NA), Terzigno (NA), Basso dell’Olmo (SA), Macchia
Soprano (SA) e Valle della Masseria, i siti di stoccaggio di Taverna del Re (NA) e Ferrandelle
(CE) e l’inceneritore di Acerra (NA).
La delegazione è entrata nella discarica di Chiaiano dall’ingresso opposto rispetto a quello
ove si erano radunati ad attenderli i firmatari e i rappresentanti della stampa. Trincerandosi
dietro l’”interesse strategico” del sito, la Protezione civile non voleva consentire l’accesso di
queste persone sebbene lo si fosse ufficialmente richiesto.
Il capo della delegazione ha avviato dunque una lunga trattativa che è sfociata in un
compromesso, in base al quale un elenco nominativo di giornalisti sarebbe stato autorizzato
ad entrare nei siti che sarebbero stati visitati il giorno seguente. La visita alla discarica di
Chiaiano si è pertanto svolta in assenza di firmatari e giornalisti.
Nella sua relazione, la Protezione civile descrive la bonifica realizzata tra la fine del 2008 e
l’inizio del 2009. Il sito era in parte contaminato da metalli pesanti e amianto. Le abbondanti
piogge dell’inverno scorso hanno messo alla prova il frutto del lavoro svolto, che è risultato
perfettamente rispondente, secondo la Protezione civile.
Da un controllo visivo è sembrato ai membri della delegazione che fossero state adottate le
necessarie precauzioni atte ad impedire eventuali infiltrazioni nelle falde acquifere, grazie alla
predisposizione di un rivestimento sul fondo della discarica. I firmatari parlano di una
lacerazione nel rivestimento precedente al deposito dei rifiuti, che comporterebbe un rischio
di inquinamento delle acque sotterranee. È stato inoltre constatato che i rifiuti sono ricoperti
da uno strato di terra, come previsto. È ovviamente difficile sapere se tale copertura sia una
misura abituale o se si tratti invece di un accorgimento adottato a beneficio dei visitatori.
L’ubicazione del sito all’interno di un’area protetta costituisce un problema.
La Protezione civile sostiene che i rifiuti conferiti sono sottoposti al controllo di elementi
tossici, ma non è risultata traccia di alcun sistema di monitoraggio; esiste, all’ingresso, un
apparecchio di controllo per i rifiuti nucleari (per lo più ospedalieri) e, nello stesso punto, la
Protezione civile ha indicato due videocamere che sorvegliano i conferimenti trasmettendo
ininterrottamente le immagini a un sito Internet accessibile al pubblico.
L’ubicazione della discarica di Terzigno all’interno del perimetro del Parco nazionale del
Vesuvio, sito di interesse comunitario nonché zona di protezione speciale, è di per sé
un’aberrazione. Nella relazione della Protezione civile si afferma che lo studio d’impatto
ambientale realizzato è stato approvato dal ministero dell’Ambiente. Alla luce di quanto
osservato nel corso della visita, è legittimo dubitare dell’obiettività e della validità di tale
studio.
La struttura attualmente operativa (SARI) insiste su una vecchia discarica abusiva che è stata
sottoposta a un intervento di bonifica piuttosto superficiale e quindi predisposta per ricevere
rifiuti che, secondo quanto riferito ai membri, dovrebbero essere residui domestici. Dal
controllo visivo effettuato dai membri della delegazione accompagnata dal sindaco del paese,
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che veniva lasciato entrare per la prima volta, e da giornalisti, è emerso che sono in atto una
serie di precauzioni, tra cui l’isolamento del fondo della discarica mediante rivestimento
impermeabile, la regolare copertura in terra degli strati di rifiuti, il controllo dei rifiuti
nucleari all’ingresso. Anche in questo caso, i firmatari sostengono che il rivestimento non sia a
norma, il che comporterebbe un rischio di contaminazione delle acque sotterranee. Tra i rifiuti
visibili, il capo della delegazione ha scorto immediatamente un pneumatico e un bidone
contrassegnato per rifiuti tossici, segno che il materiale non era stato separato adeguatamente
prima di essere depositato in discarica. Nonostante non sia stato possibile vedere
l’autorizzazione richiesta, i membri hanno potuto avere accesso a uno scanner per materiale
radioattivo posto all’ingresso del sito.
La legge prevede che accanto a questa discarica ne sia aperta una seconda (Vitiello), anch’essa
inserita nel Parco nazionale del Vesuvio e fermamente contestata dai firmatari. I membri
hanno avuto modo di raggiungere a piedi la zona in questione, accompagnati da cittadini
locali, dai firmatari e da una scorta militare del sito SARI e di osservare la cava dismessa
designata come discarica. Pur considerando che è una pratica frequente quella di adibire a
discarica vecchie cave dismesse, questo particolare sito, posto entro i confini di un’area
designata quale zona di protezione della natura, di notevole prestigio internazionale ed
interesse naturalistico, sembra del tutto inappropriato, e sarebbe il caso di valutare
attentamente delle alternative. Al suo rientro, la delegazione ha ricevuto rassicurazioni sul
fatto che la discarica di Vitiello non sarà costruita.
I tre siti visitati nella provincia di Salerno, ovvero le discariche chiuse di Basso dell’Olmo,
Macchia Soprano e il sito su cui è prevista la realizzazione della discarica di Valle della
Masseria, si trovano in una zona che rientra nel campo di applicazione della direttiva
“Habitat” 92/43/CEE e di una legge italiana del 2003 che la qualifica come zona umida di
interesse nazionale. Tutti e tre i siti sono disposti su pendii che degradano verso il letto del
fiume Sele. Il rischio di inquinamento del fiume in caso di deflussi e infiltrazioni risulta
evidente, e sarebbe opportuno istituire dei rigidi controlli e adottare misure per impedire tale
evenienza.
Basso dell’Olmo, nel territorio del comune di Campagna, è oggi chiusa per raggiunti limiti di
saturazione. Si tratta di una struttura a gestione privata, immediatamente soprastante una falda
acquifera. Il sindaco di Campagna, Biagio Luongo, condannato in data 22 dicembre 2009 per
aver opposto resistenza all’apertura di questa discarica, destinata a rifiuti domestici organici e
residui secchi incombustibili, ha accompagnato la delegazione durante la visita. Nel sito sono
attualmente in corso operazioni per l’estrazione di biogas.
Anche Macchia Soprano, nel comune di Serre, visitata insieme al sindaco di Serre, Palmiro
Cornetta, è chiusa per raggiunti limiti di saturazione ed è destinata all’estrazione di biogas.
Giace su una ripida scarpata, con un rischio ancora più acuto di deflussi verso il fiume.
I firmatari propongono che vengano costruite delle barriere contenitive a valle delle due
discariche, al fine di proteggere le riserve idriche nel lungo periodo. La proposta sembra
assolutamente ragionevole e di fondamentale importanza.
Il sito di Valle della Masseria figura nell’elenco dell’ordinanza come area da destinarsi a
discarica nell’ambito dell’amministrazione straordinaria. La scelta sembra assurda, considerato
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che il sito è immerso in un paesaggio idilliaco. La delegazione ha ricevuto in seguito
rassicurazioni, secondo cui la provincia di Salerno avrebbe richiesto la cancellazione di Valle
della Masseria dall’atto legislativo.
La delegazione ha osservato dall’esterno i due siti in cui sono stoccate le ecoballe. A Taverna
del Re, occupano un’area di 2 km² e un’altezza di circa 5 metri e sono coperte da tele cerate
nere - uno spettacolo impressionante quanto imponente. Una parte del sito è sotto sequestro
dalla magistratura nell’ambito di un’azione civile nei confronti dell’operatore privato che lo
gestisce. Date le circostanze, risultava difficoltoso per i membri della delegazione riuscire a
verificare la presenza di inquinamento o accertare se il materiale contenesse residui tossici o
fosse idoneo all’incenerimento. In ogni caso, la notevole dimensione dell’area coperta mostra
in maniera drammatica l’entità del problema costituito da questo enorme cumulo di rifiuti da
smaltire. I firmatari parlano di inquinamento idrico e atmosferico e di un notevole impatto
sulle statistiche relative alla salute, con un aumento dei tassi di mortalità da tumore e da altre
patologie. Non essendo potuta entrare nei siti, la delegazione non è riuscita a valutare cosa
contengano in realtà le ecoballe.
Il secondo sito di stoccaggio delle ecoballe, a Ferrandelle, è gestito dalla Protezione civile.
Secondo la relazione di quest’ultima, vi sarebbero contenute tre categorie di rifiuti:
indifferenziati, organici e CDR. Il sito ha dato l’impressione di non essere strutturato; non vi
era traccia di attività di separazione, e l’installazione per i rifiuti organici è sembrata
inutilizzata. Un totale di 502 000 tonnellate dovrà essere smaltito nella discarica di San
Tammaro.
La delegazione ha visitato ad Acerra l’inceneritore alimentato a rifiuti. La sua costruzione si
deve a Partenope Ambiente, un partenariato pubblico-privato di cui fanno parte anche i
comuni di Brescia e Milano, che hanno già realizzato installazioni analoghe vincendo nel
2006 un premio per l’eccellenza conferito dalla Columbia University. Ai membri è stato
riferito che, per effetto delle misure straordinarie, non è stato necessario realizzare alcuna
valutazione di impatto ambientale.
Il direttore, Antonio Buonuomo, accompagnato anche dal sindaco di Acerra, Tommaso
Esposito, ha guidato la delegazione all’interno dell’impianto. Il periodo di valutazione
dell’installazione risulta molto breve in quanto l’entrata in funzione a pieno regime risale
all’1 marzo 2010. L’inceneritore insiste su un sito precedentemente inquinato e ora riabilitato,
una prassi che la delegazione ha riconosciuto conforme a quelle adottate in altri Stati membri.
A detta dei gestori, le ecoballe fornite dall’impianto di separazione di Caivano sarebbero di
standard più elevato rispetto al combustibile utilizzato a Brescia. I firmatari sostengono che
nell’impianto vengono usati rifiuti non separati causando un problema tecnico, affermazione
smentita dai gestori. I membri, sfortunatamente, non sono in grado di confermare o smentire
tali accuse. La delegazione ha potuto osservare la principale area di contenimento, in cui
tonnellate di rifiuti sfusi, apparentemente domestici, vengono sollevati da una gru e depositati
all’interno dell’inceneritore.
Per quanto concerne le emissioni, la delegazione è stata informata che è in atto un
monitoraggio costante su entrambi i camini, i cui risultati sono disponibili al pubblico
attraverso il sito Internet dell’impianto. I valori registrati sino ad oggi rientrano in tutti i limiti
di sicurezza. I firmatari sostengono che i valori relativi alle polveri sottili (PM10) eccedono i
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limiti di legge; non è però accertato che le emissioni dell’inceneritore contribuiscano a tale
superamento. Un’importante questione irrisolta riguarda le modalità di smaltimento delle
ceneri prodotte dall’inceneritore; le autorità responsabili dell’impianto affermano che vengono
esportate e collocate in un sito speciale in Germania, altri asseriscono invece che sono
conferite nella discarica di Terzignio/SARI. I membri non hanno assistito all’incenerimento
delle ecoballe e non hanno ricevuto informazioni precise riguardo alla loro composizione.
La delegazione ha sottolineato che il ricorso agli inceneritori non deve essere visto come una
soluzione a lungo termine al problema dello smaltimento dei rifiuti, bensì come parte di un
ciclo integrato di gestione che deve attribuire priorità alla riduzione e al riciclaggio dei rifiuti
e prevedere un ricorso sempre meno importante all’incenerimento.
Incontro con i firmatari
Al termine del primo giorno di visita, circa 60 tra firmatari ed esponenti della stampa si sono
radunati per incontrare la delegazione. L’elemento forse più impressionante degli interventi
dei firmatari è stato il loro senso di frustrazione, di totale interruzione delle comunicazioni tra
cittadini e autorità, di un deficit di democrazia. Hanno parlato dei rischi idrologici e geologici
correlati ai siti adibiti a discarica (Chiaiano), di violazione dei parchi nazionali (Terzigno,
Serre), di violenze fisiche e psicologiche da parte delle forze armate (il sindaco di Marano) di
elevati livelli di inquinamento e di pericoli per la salute, confermati dalle statistiche,
dell’incapacità o mancata volontà, a tutti i livelli delle istituzioni italiane, di individuare una
soluzione a lungo termine o di ascoltare le proposte alternative avanzate dai cittadini.
Incontro con gli esperti
Il presidente della provincia di Benevento, Aniello Cimitile, ha ospitato un incontro con
geologi, ambientalisti, esperti di salute e sociologi a Benevento, che ha dato alla delegazione
l’opportunità di ascoltare i dati scientifici del problema.
I geologi hanno relazionato in merito ai rischi sismici e idrogeologici. In particolare, si ritiene
che, in caso di attività sismica, potrebbero palesarsi seri rischi presso i siti delle discariche di
Terzigno e si indica come altamente plausibile l’evenienza di importanti perdite, con possibili
conseguenze gravi per le comunità e i corsi d’acqua della valle sottostante.
Gli esperti del settore della salute hanno parlato di cifre di mortalità in aumento, anche se è
parso che vi fossero dubbi in merito alla fondatezza statistica dei dati.
Gli ambientalisti si sono espressi sulla situazione complessiva. Uno di essi ha posto l’accento
sull’afflusso in Campania di rifiuti tossici che vengono successivamente smaltiti in modo per
lo più abusivo e incontrollato. Altri della necessità di educare i cittadini a ridurre il volume dei
rifiuti.
La sociologa ha illustrato un proprio lavoro di ricerca sulla democrazia partecipativa, che ha
concluso che vi sono gravi carenze.
Incontro con gli enti provinciali
I presidenti delle cinque province campane hanno esposto i loro piani ora che hanno di nuovo
la competenza per la gestione dei rifiuti.
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Napoli, rappresentata da Giuseppe Caliendo. L’intera gestione dei rifiuti della provincia di
Napoli è stata appaltata a un’azienda provinciale. È stato introdotto un sistema di incentivi e
sanzioni al fine di impegnare comuni e cittadini in uno sforzo teso a ridurre il volume dei
rifiuti e ad aumentare le percentuali di riciclaggio. I tassi variano notevolmente da comune a
comune e si riflettono nel prezzo applicato per ogni tonnellata di rifiuti (da 60 a 102 euro a
tonnellata). Gli interventi sono altamente concentrati su questo aspetto ed è necessario
trasmettere un segnale forte ai cittadini. A valle, occorre creare impianti per i rifiuti organici e
per il trattamento di vetro, metallo, plastica e carta. Napoli deve aumentare la capacità di
trattamento dei propri rifiuti anziché ricorrere alla pratica dell’esportazione verso altre
province o all’estero. Le autorità sono pronte a coordinare gli sforzi con il piano regionale, nei
limiti delle risorse disponibili.
Benevento, rappresentata dal presidente della provincia, Aniello Cimitile. Nel corso
dell’emergenza, Benevento è stata ripetutamente chiamata in causa per assistere le altre
province, Napoli in particolare. Durante la gestione commissariale dell’emergenza, sono state
aperte, in aree idrologicamente fragili, numerose discariche e siti di stoccaggio temporaneo
delle ecoballe che, in circostanze normali, non avrebbero superato i controlli. Il tutto senza
previa consultazione della popolazione o delle autorità. La provincia ha commissionato un
rapporto peritale allo scopo di delineare la propria strategia di gestione dei rifiuti per il
periodo 2010-2012. L’accento è posto interamente sulla riduzione e sul riciclaggio dei rifiuti,
aumentato al 75%, seguiti da un adeguato trattamento dei materiali, compresi quelli non
riciclabili. Secondo il presidente, occorre predisporre un altro inceneritore.
Caserta, rappresentata dal presidente della provincia, Domenico Zinzi. Come vicino povero
di Napoli che, oltre a dover gestire i propri rifiuti si vede recapitare buona parte di quelli del
più agiato territorio limitrofo, la nuova amministrazione si sente travolta dalla sfida di gestire
il pesante retaggio del passato e di costruire allo stesso tempo un ciclo integrato di gestione.
Nella fattispecie, la nuova amministrazione è dolorosamente consapevole che non vi sono
fondi per attuare i piani. Il presidente ha avvertito che, se non saranno ottenuti risultati nei
prossimi due anni, si rischia seriamente una nuova emergenza.
Avellino, rappresentata dal presidente della provincia, Cosimo Sibilia. In questa provincia,
molto più piccola delle altre (rappresenta solo il 7% dei rifiuti campani), la situazione risulta
meno critica che altrove. Sul suo territorio, ospita due discariche, Ariano Irpino, chiusa e in
attesa di bonifica, e Savignano Irpino, che dovrebbe funzionare per altri tre anni prima della
chiusura. Il tasso di riciclaggio ha raggiunto il 31% ad Avellino. Le autorità sono in attesa del
piano regionale per i rifiuti industriali e speciali.
Salerno, rappresentata dall’assessore all’ambiente, Giovanni Romano. L’assessore ritiene che
il problema principale sia la quantità di rifiuti prodotta e che l’industria degli imballaggi debba
assumersi la sua parte di responsabilità. La discarica prevista a Valle della Masseria non sarà
realizzata, è stata richiesta una modifica alla legge. È in programma la costruzione di un
inceneritore a Salerno. Con il senno di poi, si può concludere che l’allestimento della discarica
di Macchia Soprano sia stato un errore. Sono stati richiesti aiuti finanziari per la bonifica dei
siti di Macchia Soprano e Basso dell’Olmo. Romano ha riconosciuto che le preoccupazioni dei
firmatari sono ragionevoli, sebbene i rischi paventati non siano confermati dai dati. Come in
tutte le altre province, il problema fondi è un grave ostacolo alla realizzazione di piani
ambiziosi. I comuni hanno risentito fortemente della crisi finanziaria. Analogamente ai suoi
colleghi, teme che se non si vi saranno risultati concreti, tra pochi anni potrebbe verificarsi
una nuova emergenza. Sono stati richiesti finanziamenti al governo centrale.
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Tutti i rappresentanti provinciali hanno fatto appello alla delegazione affinché siano assegnati
loro i mezzi e le risorse necessarie per passare da una situazione di gestione della crisi a un
sistema sostenibile di gestione dei rifiuti.
L’ARPAC, l’agenzia per la protezione ambientale della Campania, ha fornito un resoconto
della propria attività di monitoraggio della qualità dell’aria e dell’acqua nelle zone vicine ai siti
di gestione dei rifiuti. Trentacinque controlli sono stati effettuati nella provincia di Salerno. In
generale, le misurazioni sono rimaste in linea con i livelli generali, segnatamente per quanto
riguarda il PM10, di particolare interesse per i firmatari nell’area di Napoli.
Incontro con il governatore della regione Campania, Stefano Caldoro
Non avendo ancora ultimato la formazione del governo, Stefano Caldoro, entrato in carica
solo alcune settimane prima, ha proposto di organizzare un altro incontro, con l’assessore
all’ambiente, una volta nominato. La gestione dei rifiuti, ha affermato, è al primo posto nella
lista delle priorità del suo governo; intende operare in stretta collaborazione con le istituzioni
dell’UE e individuare modelli di buone prassi per sviluppare e modernizzare un sistema
integrato di gestione dei rifiuti. Il governatore ha riconosciuto che nelle discariche sono finiti
anche dei rifiuti tossici e che il problema va affrontato senza indugio. Soprattutto, ha
constatato che è necessario un serio sforzo per ricostruire il dialogo e la fiducia tra cittadini e
governo. È suo desiderio trasmettere un messaggio che susciti spirito di collaborazione.
Conclusioni e raccomandazioni: dalla gestione della crisi alla gestione dei rifiuti
Come dimostrano alcuni passaggi della presente relazione, il contesto e le cause della crisi dei
rifiuti in Campania sono estremamente complessi. Basti ricordare che i governi nazionali di
ogni colore politico che si sono succeduti e i diversi commissari non sono stati in grado,
nonostante gli ingenti fondi pubblici spesi, di risolvere questo annoso problema che ha
ripercussioni sulla salute e il benessere di centinaia di comunità locali. A questo punto, pare
inutile concentrarsi sulle colpe; è più importante guardare avanti e cercare di trarre importanti
insegnamenti dai fallimenti delle politiche passate. L’insediamento di un nuovo governo
regionale, la chiusura formale dell’emergenza e la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione
europea offrono la possibilità di riunire tutte le parti interessate nella ricerca di soluzioni
capaci di aprire la strada a un ciclo integrato di gestione dei rifiuti pienamente a norma.
La Protezione civile ha praticamente assolto i suoi compiti e ha allentato la pressione,
assicurando alle autorità regionali circa tre anni di autonomia in termini di capacità di
smaltimento in discarica e un inceneritore funzionante. Talune decisioni, prese sotto la sua
supervisione, segnatamente la localizzazione delle discariche, sono state assunte in modo
frettoloso, senza le debite consultazioni e in molti casi frutto di consigli incauti con visibili
ripercussioni. A scanso di equivoci, occorre chiarire che la crisi dei rifiuti in Campania non è
finita; è attualmente dormiente e vi è un serio rischio che possa scoppiare nuovamente.
Inoltre, molte discariche sono in mani private e le autorità sembrano avere scarso controllo o
conoscenza di ciò che avviene al loro interno e di come sono gestite.
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L’attuale ciclo dei rifiuti si basa in larga misura su discariche e inceneritori. Se è vero che
questi sistemi, per non parlare degli impianti di metanizzazione, trovano applicazione altrove
nell’UE, è anche vero che non dovrebbero essere considerati la risposta al problema della
gestione dei rifiuti. Sono, o dovrebbero essere, una componente integrata di un sistema
coordinato ed efficace di gestione. Ciò che occorre è un intervento molto energico che,
attraverso la predisposizione di adeguate infrastrutture, diminuisca il volume dei rifiuti e
sposti l’ago della bilancia verso la prevenzione, la riduzione, il reimpiego e il riciclaggio. Va
posto l’accento sul recupero dei rifiuti organici soprattutto in questa regione a vocazione
prevalentemente agricola, un elemento che sembra aver ricevuto ad oggi scarsa attenzione.
È fondamentale che le autorità ristabiliscano il dialogo con i cittadini, dimostrando
trasparenza e apertura e coinvolgendo in tal modo la popolazione. Parimenti, è necessario che
quest’ultima collabori con le autorità, dimostrando senso civico e un comportamento
conseguente nelle sue abitudini quotidiane, compiendo sforzi per generare meno rifiuti e per
smaltirli in modo corretto.
Sulla base di quanto osservato dai membri, risulta evidente la necessità di una serie di
decisioni importanti e urgenti, capaci allo stesso tempo di trasmettere segnali forti di un
cambiamento di rotta.
1. La discarica di Terzigno è situata in un Parco nazionale che è anche un sito del
patrimonio UNESCO. Allo stato attuale, essa non risponde né ai requisiti della
direttiva discariche, in particolare l’articolo 11 sulle procedure di ammissione dei
rifiuti, né a quelli della direttiva habitat. Nonostante siano state recentemente
realizzate le infrastrutture del caso, il sito presenta una serie di carenze gravi e
manifeste, tra le quali figurano anche elementi di carattere geologico. L’imminente
pericolo di un ampliamento del sito SARI e dell’apertura del secondo sito previsto
all’interno del perimetro del Parco nazionale (Vitiello) è inaccettabile in questa
situazione ed occorre individuare con urgenza delle alternative adeguate che rispettino
i criteri delle normative UE1.
2. Le enormi quantità di ecoballe ammassate nei siti di stoccaggio, specialmente a
Taverna del Re, vanno rimosse e smaltite in via prioritaria una volta che ne sia stato
idoneamente accertato l’esatto contenuto. A quel punto, l’incenerimento sarà l’unica
soluzione pratica possibile e l’area dovrà essere adeguatamente ripristinata.
3. Lo scarico abusivo a cielo aperto di rifiuti misti e non identificati, constatato nel corso
della missione nei pressi del sito di Ferrandelle, è un aspetto che richiede urgente
attenzione e che va sottoposto a severi controlli di gestione. Deve essere fornita una
spiegazione del mancato utilizzo del sito previsto per il ricevimento dei rifiuti organici
e deve esserne disposta l’entrata in funzione una volta stabilito che la struttura soddisfa
i criteri stabiliti dalla direttiva sulla gestione dei rifiuti.
1 La direttiva discariche 1999/31/CE, nell’allegato 1, sancisce l’obbligo per le autorità di tenere conto delle
condizioni geologiche e idrogeologiche dell’area, nonché di altri criteri tra cui i rischi di frane, la presenza di
zone di protezione naturale e così via.
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Raccomandazioni
Piano integrato di gestione dei rifiuti: le “Linee di piano 2010-2013 per la gestione dei rifiuti
urbani” devono essere trasformate in un piano d’azione concreto e dettagliato di breve e lungo
periodo allo scopo di soddisfare, in particolare, le disposizioni della direttiva 2006/12/CE,
articoli 4 e 5. Il piano deve prevedere dei parametri di riferimento per la misurazione dei
progressi e precisare chiaramente quali siano le figure responsabili della sua esecuzione e
quali le risorse assegnate. È altresì necessario istituire un sistema qualitativo e trasparente per
la raccolta dei dati. È con queste modalità che si dovrebbe dare seguito alla sentenza della
Corte del 4 marzo 2010. Inoltre, l’approvazione di un siffatto piano d’azione da parte della DG
Ambiente è una delle condizioni necessarie per lo sblocco del finanziamento di 135 milioni di
euro da parte della Commissione europea. Il piano di gestione dei rifiuti deve prevedere la
bonifica delle aree contaminate e, allo stesso tempo, mettere a disposizione delle autorità e
degli operatori locali servizi di formazione, informazione e supporto. La programmazione
deve essere compatibile e complementare a una strategia nazionale per i rifiuti (obbligo
sancito dalla direttiva discariche, articolo 5) ed altre regioni devono essere disposte ad
adeguare i propri piani di gestione dei rifiuti per venire incontro ai fabbisogni urgenti della
Campania. Per troppo tempo la Campania è stata beneficiario netto di rifiuti industriali e
domestici provenienti da altre regioni che il territorio era scarsamente preparato a gestire;
questo è stato un fattore aggravante nel corso della crisi.
Legittimità democratica: in conformità alla direttiva 2003/35/CE, in particolare l’articolo 2
“Partecipazione del pubblico ai piani e ai programmi”, è necessario ricostruire il dialogo tra i
cittadini e le autorità e tra i diversi livelli di governo. Occorre coinvolgere e ascoltare i
cittadini e ristabilire la fiducia. La supervisione militare è controproducente rispetto alla
trasparenza e a ogni ragionevole percezione di normalità. Tuttavia, la presenza delle forze
armate si fonda su una decisione politica e la delegazione ha preso atto dell’ottima
cooperazione del personale militare. Secondo la Convenzione di Århus, i cittadini hanno il
diritto di essere informati della situazione del loro territorio. È compito delle autorità fornire
informazioni e motivare i cittadini a sviluppare un atteggiamento e un comportamento
responsabili. L’abolizione formale della struttura commissariale per l’emergenza deve essere
attuata in tutti i suoi aspetti; costituisce un criterio essenziale per lo sblocco dei fondi UE.
Risorse: le autorità nazionali e regionali italiane devono destinare al problema un bilancio
adeguato, che preveda il finanziamento dell’intero ciclo dei rifiuti, strutture e spese. Le
infrastrutture richieste sono importanti e costose; comprendono impianti di riciclaggio e
un’adeguata rete di discariche in cui i cittadini possano conferire personalmente tipologie di
rifiuti diverse da quelle raccolte a domicilio, che dovranno aggiungersi agli impianti già
esistenti per la separazione dei rifiuti per combustibile dai residui organici. È necessaria una
precisa tabella di marcia che esponga le condizioni ed integri un calendario per la
riattivazione del sostegno finanziario dell’UE. I finanziamenti sospesi, tuttavia, dovranno
essere impiegati per aiutare ad innescare il processo di attuazione, sempre che l’Italia sia in
grado di dimostrare un impegno concreto e l’ambizione di conformarsi al diritto UE. I fondi
congelati dalla Commissione ammontano a 135 milioni di euro per il periodo di
finanziamento 2007-2013, cui si aggiungono altri 10,5 milioni di euro per il periodo di
finanziamento 2000-2006, oggetto del procedimento di infrazione su cui si è pronunciata la
Corte di giustizia in data 4 marzo 2010.
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Attuazione: l’attuazione del piano e il rispetto della gerarchia del ciclo dei rifiuti sono elementi
chiave. Occorre attribuire priorità alla prevenzione, alla riduzione, al reimpiego e al
riciclaggio dei rifiuti nonché all’organizzazione della raccolta differenziata, in conformità
della direttiva 2006/12/CE, articolo 3, in particolare la lettera b, punto i). Il sistema che
prevede la premiazione dei comportamenti virtuosi e il sanzionamento delle non conformità
deve essere rafforzato e vanno adottate misure atte ad impedire che i rifiuti siano smaltiti al di
fuori del ciclo ufficiale organizzato. Diversi firmatari hanno spiegato che là dove esiste la
raccolta differenziata, i rifiuti separati vengono successivamente scaricati nella medesima
discarica. Questa è una prassi assolutamente inaccettabile che deve cessare immediatamente.
Al momento, risulta molto meno costoso per i comuni e le province smaltire il rifiuti in
discarica (90 euro/t) che separarli (200 euro/t). Il governo regionale dovrebbe valutare
l’opportunità di adottare un approccio di “tolleranza zero” per creare una decisiva rottura con
il passato e costruire una struttura conforme ai livelli di ambizione del piano. La gestione dei
rifiuti non riguarda soltanto la raccolta bensì anche le politiche che portano alla riduzione dei
rifiuti stessi. Occorre istituire quanto prima un dialogo strutturale con le industrie di
imballaggio, la distribuzione e i negozi di prossimità, che dovrà diventare parte integrante del
piano.
Il retaggio del passato: l’inceneritore di Acerra è stato costruito senza che ai cittadini e alle
comunità locali fosse dato modo di ottenere informazioni circa il rispetto delle norme esistenti
in materia di valutazione d’impatto ambientale. Gravi i dubbi che permangono riguardo alle
caratteristiche dei rifiuti sottoposti a incenerimento e ai possibili residui di sostanze tossiche
prodotti, che rimangono sul territorio sotto forma di ceneri o liquami. Nel piano di gestione
dei rifiuti va affrontato il tema dello smaltimento delle ecoballe “mummificate” con
un’adeguata tecnologia. Vanno utilizzati esclusivamente i siti ufficialmente accreditati,
compatibili con la direttiva discariche dell’UE. La loro ubicazione va chiaramente specificata.
Tutti gli altri siti devono essere eliminati e dichiarati abusivi. Le sanzioni per lo scarico
incontrollato di rifiuti vanno progressivamente inasprite come deterrente.
Rifiuti industriali e rifiuti speciali: dal momento che solo una delle petizioni riguarda la
gestione dei rifiuti industriali, tossici e speciali, la commissione ha scelto di non occuparsi di
questo tema durante la missione e nella sua relazione. Ciò nondimeno va detto che la gestione
dei rifiuti industriali, potenzialmente più nocivi e tossici rispetto a quelli domestici, deve
svolgersi nel pieno rispetto della direttiva IPPC (direttiva Seveso) attualmente in corso di
revisione. Le autorità devono attuare un severo controllo della movimentazione di questo
particolare tipo di rifiuti, a prescindere dalla loro origine, ed è indispensabile che siano
approntati dei siti all’uopo designati, compatibili con le disposizioni delle direttive dell’Unione
europea. Per questi rifiuti, industriali, speciali e tossici, occorre realizzare infrastrutture
adeguate.
La progettazione e l’attuazione di un ciclo dei rifiuti coerente è competenza delle autorità
italiane. Tuttavia, la commissione per le petizioni invita la Commissione europea a monitorare
con attenzione e a sostenere l’Italia nei suoi rinnovati sforzi finalizzati a rispettare le
normative UE. La commissione per le petizioni chiede di essere costantemente informata
delle risposte fornite dall’Italia. Le autorità nazionali, regionali e locali potrebbero avviare
processi di scambio e supporto bilaterali o multilaterali, traendo insegnamenti dalle migliori
prassi altrove adottate. La commissione per le petizioni si dichiara disponibile e pronta ad
assumere un ruolo attivo in questo processo e si impegna a seguirne da vicino gli sviluppi e a
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recarsi nuovamente nella regione verso la fine del 2011 o l’inizio del 2012.
La delegazione desidera ringraziare i suoi ospiti per il sostegno fornitole nel corso della
missione e saluta con favore la prospettiva di un futuro dialogo aperto e continuo.
PS. Il 22 giugno 2010 la delegazione e i membri ex officio hanno incontrato Giovanni
Romano, assessore all’ambiente e alla gestione dei rifiuti della Regione Campania. Romano
ha rilasciato una dichiarazione circostanziata, fornendo dettagli sulla nuova proposta di
strategia di gestione dei rifiuti. Ha segnalato la volontà delle autorità di lavorare con la
commissione per le petizioni onde garantire il pieno rispetto delle direttive europee in materia
di gestione dei rifiuti nella Regione. Romano ha cercato il sostegno della commissione per le
petizioni onde ottenere lo sblocco degli stanziamenti trattenuti dalla Commissione, sulla base
delle condizioni già stabilite1.
1 Il Segretariato dispone di una nota più dettagliata in merito all’incontro, disponibile su richiesta.

venerdì 22 ottobre 2010

Maxidonazione di sangue degli indiani al centro trasfusionale di Eboli















L'iniziativa è stata resa possibile dall'Avis di Giungano
ALBANELLA. Centinaia di indiani in fila per donare il sangue. E’ accaduto a Matinella, frazione di Albanella, presso una struttura mobile organizzata dall’Avis di Giungano, diretta da Ennio Francia, e dal centro trasfusionale dell’ospedale di Eboli, con i medici Saragnano e Botti. “E’ una nostra tradizione ma anche il modo di dimostrare gratitudine alle comunità che ci ospitano”, racconta “Roberto” Manjeet Singh Bhadal Thuha, presidente nazionale dell’associazione “Saheed Bhagat Singh Nozwan Sabha“, attualmente occupato presso un’azienda bufalina della piana di Altavilla Silentina, organizzatore dell'iniziativa.  Quest’anno la Piana del Sele è stata scelta per radunarsi da coloro che provenienti dalla regione italiana del Punjab, 53 milioni di abitanti, hanno trovato lavoro prevalentemente negli allevamenti di bufale della Campania e di Latina e presso le aziende di mucche del bresciano.  Il 12 settembre si è tenuta una grande festa con l’esibizione di gruppi musicali etnici.  Ieri, domenica, sono tornati per questa donazione alla quale tengono particolarmente.  “Sono tutti colti, gentili e generosi. Ci hanno cercato loro”, ribadisce il responsabile Avis Ennio Francia. “Già preso accordi per ripetere l’iniziativa”.   Di loro si parla poco: “ La nostra è una vita dura. La prima mungitura dalle 4 alle 8. Poi le pulizie della zona di stabulazione e le altre attività nei campi. La seconda mungitura dalle 14 alle 18. Poi si prepara il pastone per l’indomani. Sono passate 14 ore”, è quello che un po’ tutti raccontano.  Quattro anni fa, ad Altavilla, ci fu il primo indiano morto sul lavoro, Gianni Arbans Singh.  Quando a Salerno ci fu il rapimento della signora Basso due di loro furono coinvolti, involontariamente. “I nostri del tutto estranei”, ribadiscono cortesemente  alla domanda.  Attualmente quasi tutti abitano, con il loro nucleo familiare, presso le stesse aziende agricole ed i loro figli si inseriscono facilmente nelle scuole locali dove spesso strabiliano per le loro non comuni competenze matematiche.  “D’altronde c’è anche una seconda emigrazione fatta di scienziati, con tanti ingegneri, matematici e fisici”,  aggiunge  Dalvir Kainth, il giornalista indiano che per conto di cinque testate on line, segue le vicende dei suoi connazionali e che scriverà anche di questa giornata. E’ appena stato a Nettuno dove il sindaco ha ridotto da 30 mila euro originariamente promessi poco più di 5mila gli euro di risarcimento per il connazionale bruciato nella stazione da balordi italiani.

sabato 2 ottobre 2010

Controne, i fagioli preferiti dagli angeli

Anche i ladri mangiano fagioli ma solo se sono quelli di Controne
Un paniere di cose buone: miele, olio, pane ed ora anche il capretto e l’agnello.

“Vengono da fuori quelli che allungano le mani”. Su cosa? "Ci rubano i fagioli. E sotto i nostri occhi", denunciano i coltivatori di Controne. Fagioli, ma non solo. Anche Hallowen. A Controne ti offrono, a 45 euro, un intero paniere di cose buone. Miele, pane ed ora anche il capretto e l’agnello. E l’olio imbottigliato ed etichettato. L’idea è di Michele Stellavato, della “Taverna degli Antichi Sapori”. L’arca degli ottimi prodotti necessari per il buon mangiare sembra prediligere il piccolo paese stretto tra le grotte di Castelcivita e Postiglione, e tra il fiume Calore e i monti Alburni. Piccolo è bello, è il caso di dire, visto che il territorio comunale è di appena 7,5 Kmq e gli abitanti sono meno di mille. Siamo nella terra dove un alone di leggenda copre le certezze scientifiche sul magnesio che rende più buone le tutte coltivazioni e finanche gli alberi di ulivo si trasformarono in soldati per difendere il paese dall’assalto dei nemici. Nel paese dove il prossimo 31 ottobre ci sarà l'americanata della festa di Hallowen in questi giorni va in onda una storia antica, la lotta dei contadini contro chi vuole appropriarsi, con destrezza, del frutto del loro lavoro. Raccogliere al posto di chi si è spezzato la schiena in campi spesso piccolissimi ed ha aspettato le due o le tre di notte per avere un po' dell'acqua miracolosa che scende dalla fonte dell'Acquaviva. Una volta erano pastori e cacciatori ora sono i predoni che, vengono chissà da dove, arrivano in auto ed in pochi minuti raccolgono e scompaiono lungo la strada che costeggia il fiume Calore e che in un quarto d'ora porta sull'autostrada.
"Attenzione! c'è una Panda rossa al Mascherone", ricorre ai cellulari la difesa dei coltivatori dei piccoli orti. I “barbari” fanno presto a fare man bassa di tutto. Sono le piccole storie del paese che è diventato il sinonimo dei migliori fagioli italiani. Gli uomini che stanno nella bella piazza circolare dove ci sono gli uffici, i negozi ed i bar sono pronti a partire per andare a smascherare i ladri ... dei fagioli che stanno ancora dentro le bacche. Tutta colpa del successo del legume che ha accompagnato i protagonisti di tanti film western dove anche gli angeli mangiavano fagioli. Sono rigorosamente di Controne quelli che vuole Alfonso Iaccarino per il suo celebrato ristorante, così come li ha fatti cercare Romano Prodi per una esclusiva e recente cena bolognese ed il gastronomo Bigazzi tempesta di telefonate il sindaco Gugliemo Storti per avere congrui rifornimenti periodici. Il successo mondiale del legume alburnino prosegue inarrestabile. In Italia, in Europa, nel mondo dopo che qualcuno ha cominciato a dire che, se consumati in modica quantità , hanno perfino virtù ... afrodisiache. Esagerazioni? Questi fagioli sono bianchi, teneri, gustosi e a cottura rapida. Hanno virtù curative giovando ai reni ed alla milza. Nutrono, non fanno ingrassare. Fanno bene alla pelle delle donne. E come scrisse il vescovo Sarpo, nel 1634, "i fagioli si frequentano da molti golosi di donna". Ecco, a patto di prediligere la modica quantità, le proprietà afrodisiache.
Quest'anno, poi, si profila un'annata eccezionale. Tutto ha concorso alla perfetta riuscita delle coltivazioni, Gli intoppi? Negli anni scorsi erano i tentativi di imitazione, di quando sotto le insegne del paese caro a san Donato, qualcuno infilava o meglio rifilava, nella migliore delle ipotesi, fagioli prodotti a Laurino, Stio e a Campagna. Nel 2004 va in scena la lotta ai ladri che armati buste di plastica e di tascapane battono i campi coltivati e raccolgono al posto dei contadini. Con il prezzo ormai assestatosi sui 12 euro al chilo il saccheggio diventa lucroso. Il sindaco Storti e il capo dell'opposizione, Carmine Ferrante, divisi su tante cose su una concordano appassionatamente: "Siamo il paese del migliore buon mangiare tipico". Dopo il successo dei fagioli ora al centro della scena stanno arrivando anche col miele, il pane, l'olio e, anche se andiamo a finire fuori tema, i ricami ed i merletti delle venti donne che organizza Rosa Piecoro.
LA NOVITA’. I FAGIOLI PRONTI DI MICHELE. Quella che ai più può anche sembrare un'ideuzza semplice semplice è venuta a Michele Stellavato che qualche anno fa ha aperto quella "Taverna degli Antichi Sapori" che tanto ha fatto per dare dignità gastronomica al fagiolo anche nella sua terra d'elezione. "Le donne non hanno più il tempo e fors'anche la voglia di aspettare tutto il tempo che ci vuole per cucinare i nostri fagioli. Diamogli allora un prodotto certificato e già precotto che in dieci minuti può stare nella pasta o essere condito con l'olio extravergine". Studi, molte prove, ed ecco che dalla "Desiderio", piccola industria conserviera di Scafati, sono venuti fuori i primi fagioli (provenienti dalle coltivazioni di Mario Ferrante) pronti da mangiare. Sempre da Michele Stellavato è possibile trovare delle ottime confezioni, a 45 euro, con tutte le migliori specialità contronesi.
L'ACETO DI MIELE DI ANGELO. E’ tra i cinque o sei produttori italiani capaci di trarre dal miele l’aceto balsamico. E’ il miracolo che fanno all’Agrimell, l’azienda familiare di Angelo Campagna. Le sue produzioni sono da “Biopeppe”, accorsata erboristeria di Berna.
L’ANTICA MOSCATELLA. “Che peccato. L’antica moscatella contronese, quella ci permetteva di fare un vino moscato di tutto rilievo, è diventata rara. Si trova solo in quattro o cinque vigne”, racconta Nicola Chiaino, già ragioniere al Comune ed ora cultore di antiche storie contronesi.
I POLITICI. "Con un marchio collettivo comunale tuteliamo i consumatori ed i nostri produttori", garantisce il sindaco Guglielmo Storti. Ci tiene a sottolineare come i “suoi” fagioli abbiano virtù curative giovando ai reni ed alla milza. "E' un fagiolo rampicante - recita l'adottando disciplinare comunale - a forma tondeggiante o leggermente ovoidale, di colore bianco, a buccia molto sottile che comporta una facile cottura senza spaccature". I fagioli di Controne sono stati inseriti da Slow Food nell'elenco delle cento specialità italiane da salvare e la regione Campania ha inserito la Sagra di Controne tra le 10 migliori della Regione. “Non basta – annuncia Carmine Ferrante – perché non destinare il 20% dell’introito della sagra alla manutenzione dei corsi d’acqua che servono per irrigare i fagioli? “.
Oreste Mottola

orestemottola@gmail.com

Arruolati in una "Gladio" per controllare gli ambientalisti degli Alburni




Sugli Alburni Mario Scaramella cominciò a muovere i suoi primi passi da 007. Dopo l’avvelenamento al tallio dell’ex colonnello russo Litvinenko, in rotta con i suoi capi, suo commensale in un ristorante londinese, e l’infarto al diplomatico Igor Ponomariov, presogli poco prima d’incontrarlo, ora Mario Scaramella si nasconde. Ha paura di essere ucciso. Napoletano, 36 anni, un curriculum degno di Le Carrè, è il consulente di Paolo Guzzanti alla commissione Mitrokhin. E’ l’autore di una relazione, ricavata proprio dalle confidenze di Litvinenko, sui legami fra Prodi ed il Kgb. Nel 2004 è coinvolto in una mai chiarita sparatoria ad Ercolano e l’anno dopo assurge di nuovo agli onori della cronaca per le sue rivelazioni sui fantomatici "20 siluri nucleari sovietici" che dal 1970 se ne starebbero a bagnomaria nel golfo di Napoli. —-

di ORESTE MOTTOLA
Erano stati arruolati in una sorta di Gladio che doveva controllare gli ambientalisti degli Alburni dalle infiltrazioni dei russi o della delinquenza organizzata e loro non lo sapevano. E non l’hanno mai saputo, per oltre 18 anni. Mario Ferrante (Controne), Mimmo Rosolia (Sicignano degli Alburni), Giuseppe Melchionda (Serre) e Generoso Conforti (Postiglione) erano convinti di essere proprio loro i ligi difensori della sacra montagna bianca e del fiume Calore. Lo erano i "quadri", ma 30 ragazzi furono selezionati per un duro corso simil – marines. Ed invece? "Allora mi fu chiesta una attività informativa dal Sismi sui rapporti fra criminalità e ambiente, ne era a conoscenza l´Alto commissariato antimafia e iniziò lì la mia competenza sul Kgb che cercava spie in Italia fra gli ecologisti, volevano formare una specie di Brigate verdi. Un bel giorno, mi trovai, per questo, sotto inchiesta a Napoli, Santa Maria Capua Vetere e Salerno; prosciolto in tutti e 3 i casi". Traducendo, il compito di Mario Scaramella allora era di "infiltrare" il nascente movimento ambientalista. Sulla vicenda specifica ci torniamo dopo, ma il richiamo era d’obbligo, perchè proprio dagli Alburni comincia la sua brillante carriera E’ uno che più che di un biglietto da visita, ha bisogno di una pergamena. E forse nemmeno quella riuscirebbe a contenere i titoli affastellati nel curriculum, che si fa chiamare professore ma non ha una cattedra universitaria, che fu imputato (e successivamente prosciolto) nella strana storia di "poliziotti ecologici" sugli Alburni con compiti poco chiari ma è stato pure magistrato onorario, collabora con la presidenza della commissione Mitrokhin per approfondire i rapporti fra Kgb e Brigate Rosse ma si occupa di sicurezza ambientale, discetta di "tecnologie spaziali contro il terrorismo" e "mine atomiche" ma nella vita di tutti i giorni s’interessa alla demolizione delle case abusive per conto dell’Ente Parco del Vesuvio. In una subisce un attentato. Credenziali ne ha tante Scaramella, nel bene e nel male basterebbero a sorreggere due o tre carriere ormai al traguardo della pensione. Solo che lui di anni non ne ha che 36, due matrimoni, due figli. L’ultimo capitolo è quello dell’avvelenamento del colonnello russo che indagava sulla morte della giornalista Anna Politkovskaia, sua amica personale, avvelenato con il tallio radioattivo dopo una cena in un ristorante giapponese di Londra proprio con lui. Nelle settimane precedenti il diplomatico russo Igor Ponomariov fu stroncato da un infarto poco prima di una riunione con Mario Scaramella. Negli Alburni molti lo ricordano bene: "Furono sei mesi avventurosi", le imprese dello"baby 007", il "superpoliziotto pataccaro", che a vent’anni, mise sotto sopra mondo giovanile, politici ed imprenditori. Era il 1990, l’anno dopo se lo ritrovano sui giornali, accusato di essere stato "inconsapevole" strumento di politici coinvolti in tangentopoli e clan camorristici. Una storia chiarita dice lui, dalla quale esce subito accampagnando la motivazione che i russi erano interessati ad "infiltrare" gli ambientalisti. Si laurea in giurisprudenza e ricompare in Veneto a fianco del giudice Papalia e poi in America, in qualche servizio segreto che lo spedisce in Colombia, a combattere i narcotrafficanti e a proteggere la sicurezza dei suoi oleodotti. Si segnala perfino in Angola, come "facilitatore" del processo di pace. Ora lo ritroviamo lungo le sponde del Tamigi, e con lui sembra tornare l’epoca tenebrosa delle spy story che ci avevano accompagnato negli anni della guerra fredda. E’ con Aleksandr Litvinenko, 43 anni, ex colonnello dei servizi segreti russi c’è lui. Mangiano il sushi al ristorante, il russo sta male. La denuncia, accompagnata da accuse a Vladimir Putin di essere il mandante del (finora) tentato omicidio, è di un personaggio da prendere con molte molle, quel Boris Berezovski, oligarca russo caduto in disgrazia e dal 2001 esule a Londra. Uno che ha motivi personali per avercela con il presidente russo.Dietro alle spalle Scaramella ha una storia da "Spectre", che comincia dalle nostre parti, su per i monti Alburni. I primi passi li muove fra le grotte di Castelcivita e punta Panormo, la vetta degli Alburni. Fra Sicignano degli Alburni e Postiglione. Mario Scarammella arriva qui che non aveva nemmeno vent’anni. Usa gli agganci trovati fra gli iscritti al Club Alpino per trovare le persone più motivate alla battaglia ambientalista. Per la verità quelli che incontra sulla sua strada pensano già al Parco del Cilento del quale si comincia a parlare. C’è chi s’immagina consulente e dirigente e chi semplice guardiaparco. Si comincia dai "quadri": Mimmo Rosolia, allora vigile urbano di Sicignano, è il primo. Seguiranno l’ingegnere Pasquale Principato, il medico Generoso Conforti, lo scrittore e professore Giuseppe Melchionda, poi c’è Mario Ferrante, oggi assessore a Controne. Conforti e Principato escono di scena subito, fanno troppe domande, non sono convinti. Gli altri dopo qualche mese. "Con la divisa ed il basco rosso, tanto savoir faire ed enciclopedica competenza ambientale. Nelle caserme dei carabinieri è di casa, sindaci ed assessori fanno a gara per accontentarlo", ricorda chi allora lo ha conosciuto bene. Poi è di estrema destra, dice di essere nipote di un noto senatore missino napoletano. Ai suoi compagni di avventura racconta che "occorre fare sul serio", tace dei suoi rapporti internazionali. Stabilisce la sua sede di rappresentanza a Castelcivita, presso il convento di Santa Geltrude che il comune, allora guidato da Ernesto Cantalupo, gli mette a disposizione. La sede operativa è nelle campagne della contrada Serra, in una scuola elementare dismessa. Ed è lì che chi scrive, spericolato cronista a gratis del "Giornale di Napoli, fa irruzione con Elio Perillo, allora corrispondente del "Mattino", il fotoreporter Giovanni Liguori e Stella Cervasio, allora giovane e rampante giornalista di "Repubblica". C’era una finestra aperta, ma l’avemmo l’impressione che quel vero e proprio covo nessun inquirente l’avesse passato al setaccio. Cosa è successo nel frattempo? Ogni opificio: frantoi, macelli, discariche comunali – e nel 1990 ogni paese ne ha – subisce la sua visita ispettiva. Scaramella minaccia denunce e chiusure. I sindaci si allarmano ed allertano il prefetto che, al tempo, è Corrado Catenacci, già allora con fama da duro. Catenacci non crede alle sue credenziali ed alle sue divise e, non si sa cosa gli disse, ma sta di fatto che da quel momento finiscono le velleità da "poliziotto" di Mario Scaramella. Il "corso" con i ragazzi selezionati va invece avanti. Marce forzate, judo, arrampicate in montagna ed altre tecniche di vera e propria sopravvivenza. E nessuna distinzione fra ragazzi e ragazze. Così fra i 30 la selezione diventa implacabile. Chi non regge il ritmo viene mandato via. Gli istruttori Aghi e Mucibello si comportano da ufficiali dei marines. L’addestramento è di tipo strettamente militare con la capacità di leggere le mappe. All’epoca raccolsi i racconti di Angelo, Alfonso, Pina, Donato e Franca.L’altolà di Catenacci arriva così sugli Alburni. E agli inizi di luglio del 1990, dopo sei mesi di corsi teorico – pratici intensi, gli inflessibili Scaramella, Aghi e Mucibello, fanno sapere che ci si può prendere un po’ di riposo: "sì, andatevene un po’ a mare", fanno sapere. E accade che i tre non si facciano più vedere in zona. Non è ancora l’epoca dei cellulari e così nessuno riesce più a trovarli. Tornano alle ribalta delle cronache con l’operazione Adelphi che un paio di anni dopo le forze scatenano nel napoletano e nel casertano. In quella rete ci rimane anche lui. Per Rosaria Capacchione, de "Il Mattino" Scaramella è stato usato: "Contro chiunque potesse essere d’intralcio all’affare della spazzatura sponsorizzato dalla camorra di Casal di Principe e dell’assessore Perrone Capano". E "Repubblica": …Intimidatore delle cosche per conto del camorrista Perrella e del clan dei Casalesi, soci in affare dell’assessore". Scaramella riesce a non farsi arrestare perché gli verrà riconosciuta la buona fede e fors’anche per la bontà delle informazioni che Scaramella passa a Domenico Sica, allora Alto Commissario Antimafia. "Non lo arrestano per il rotto della cuffia", dice chi lo conosce bene. Da "baby 007" come allora fu definito sui giornali oggi Scaramella, sarebbe, stando a quel che dichiara: "un accademico dell’università di Napoli e consulente della commissione Mitrokhin istituita dal Parlamento italiano per indagare sulle attività del Kgb in Italia durante la Guerra Fredda". Le cronache hanno già conosciuto altri "personaggi in cerca d’autore" usati per montare il caso Telekom Serbia, ora i riflettori si illuminano su quest’ultimo protagonista. Proprio Scaramella avrebbe fatto sì che la commissione Mitrokhin interrogasse Litvinenko, fuggito dalla Russia dopo essere stato messo sotto accusa per alto tradimento. Prima dell’avvelenamento londinese, s’imbatte in bombe e kalashnikov al limitare del Vesuvio Sei uomini, con passamontagna e guanti in lattice, strumenti satellitari ed armamento da guerra (pistole, mitra e bombe a mano a frammentazione fabbricate nell’ Est) lo seguono nella giornata del 12 marzo 2005. Mario Scaramella è con un suo consulente dell’ Ecpp (il programma americano per la sicurezza nucleare) . Sono in una località boscata, nel comune di Ercolano, alle sette e mezza del mattino, in una Range Rover blindata, accompagnati da due agenti. Qui vengono intercettati dal commando che fa fuoco su di loro. Reagendo gli agenti scaricano sugli attentatori tutto il munizionamento delle loro pistole di ordinanza e feriscono almeno uno dei killer, il pregiudicato camorrista Vincenzo Spagnuolo, che viene arrestato. La versione fornita dall’ interessato alla stampa e cioè di essere un consulente dell’ Ente Parco Nazionale del Vesuvio, delegato ad effettuare le demolizioni di palazzine costruite dai camorristi nell’ area protetta, non spiega l’ agguato, del tipo di quelli che si vedono solo nei film di guerra, che si è verificato..Ma chi è allora Mario Scaramella?
Oreste Mottola orestemottola@gmail.com

Cronaca di un'esplorazione quasi completa delle Grotte di Castelcivita


“Mettiamoci in fila indiana” suggerisce la guida. “E facciamo attenzione a dove mettiamo i piedi”. Più andiamo avanti e l’aria è sempre più rarefatta ed anche le voci ci tornano ovattate. Il nostro respiro alimenta folate di vapore, come se fossimo nell’inverno più freddo. Non sappiamo a quanti metri sotto la roccia stiamo camminando. Ma andiamo avanti spediti. Quante storie ci scorrono nella mente in questi antri che portano a risalire la grande montagna carsica degli Alburni. All’inizio, nella notte dei tempi, erano le lotte per contendersi la possibilità di vivere nella grotta fra gli uomini e gli orsi, seguirono quelle fra i pipistrelli e l’uomo cavernicolo, in ultimo arrivarono i carri armati nascosti dai tedeschi durante l’ultima guerra mondiale, quelli che salivano fin sul valico di Camerine e sparavano giù verso Paestum. In mezzo ci sono briganti con i loro tesori. Li elenco in ultimo perché tanti li hanno vagheggiati e nessuno li ha ma mai trovati. Ancora più in coda Spartaco e la sua Norce, ma qui siamo direttamente nel mito. Vera o falsa che sia la leggenda di Spartaco, la ricerca archeologica ha dimostrato che in questa gigantesca spelonca, come nelle altre del Cilento, trovò una sistemazione abitativa l'uomo di Neanderthal. E risaliamo indietro di 40 mila anni fa. Un alone di mistero e suggestione l’ha sempre circondato, erano dette Grotte del Diavolo, e se ne ha una prima descrizione tardi, in una pergamena del 1781.Sì, il più grande libro di storia, geografia e chimica delle nostre zone che è davanti a noi. E’ misterioso e sdegnosamente nascosto al mondo della luce. E’ un vero e proprio universo parallelo. Un patrimonio, dal punto di vista naturalistico e geomorfologico, ancora non completamente valorizzato, con notevoli potenzialità inespresse. Una realtà fantastica, in un paesaggio surreale, fatto di concrezioni, stalattiti, stalagmiti, e tante altre migliaia di immagini, che l'occhio umano vede ma non riesce a registrare.
"..E fu un sogno. un sogno di visioni estasianti, di bellezze sempre nuove. E questi tre giovani, ebbri, come avvinti in un incanto, presi tutti da un fascino possente, andarono. Fino alla fine! Fino nell' imo di quelle tenebre profonde che mai luce aveva squarciato, fino a che un laghetto di acqua limpida ed azzurrina loro si paro' davanti”. Queste le prime impressioni di Nicola Zonzi, farmacista di Castelcivita, che con Luigi Perrotta e Davide Giardini, nel novembre del 1927, tentò di penetrare nell'intimo delle visceri di questa spugna gigantesca, per svelarne i suoi plurimillennari segreti. Potremmo sottoscrivere anche noi, moderni emuli di quei coraggiosi, un attimo prima di quando ci troviamo davanti alla prova del buio assoluto. Abbiamo camminato, all’andata, per più di due ore con il casco in testa e le lampadine, sembravamo minatori al lavoro. Ai bordi del Lago Sifone, uno dei grandi pozzi, un orrido da almeno ottanta metri d’acqua che non si sa dove va a finire. Che è pura, va da un verde chiaro all’azzurrino, di quelle tonalità che all’aperto non ne vedrai mai così. Spegniamo le lampadine e facciamo tutti silenzio. Siamo nel ventre degli Alburni. Non c’è il cielo sopra di noi ma concrezioni calcaree che diventano stalattiti e stalagmiti. Le più piccole hanno qualcosa come diciottomila anni. “Se ci girassimo un paio di volte su noi stessi perderemmo sicuramente l’orientamento”, racconta Gaetano Costantino, la nostra guida. Qui non si applica la lezione di Gino Paoli che vedeva il cielo in una stanza. L’esperimento dura pochi attimi. A tutti però sembrano un’enormità. E’ il soffio dei milioni di anni di questa cavità che sentiamo su di noi. Il primo a riaccendere è Giuseppe Verrone: fa plik alla sua lampada all’acetilene e la fiammella ci restituisce al tempo presente. Sulle pareti c’è il rosso delle presenze del ferro, il grigio del carbone o delle sostanze organiche in via di fossilizzazione, i lustrini creati dal carbonato di calcio. Perché la riconquista dell’uomo moderno di queste grotte è cominciata da poco, dal 7 febbraio del 1889 quando dei ragazzini di Controne, i fratelli Ferrara, decisero di calarsi giù dalla piccola entrata (ampliata solo poco il 1930). Giovanni e Francesco Ferrara, con due lucerne ed alcuni fiammiferi, incuriositi dalle dicerie popolari, vi si addentrarono, ma dopo pochi metri, per le esalazioni di acido carbonico, rimasero al buio per sei giorni in attesa dei soccorsi. Purtroppo, Francesco morirà sulla via del ritorno a casa, Giovanni rimarrà segnato per sempre. I veleni erano quelli del guano, i giganteschi depositi del letame dei pipistrelli. Ci misero degli anni gli uomini della Montecatini per toglierlo e trasformarlo in straordinario concime biologico.
L’appuntamento per la nostra gita è per le 14.30 di una domenica. Con un tam tam sono state raccolte poco più di una decina di persone disposte a farsi inghiottire per quattro ore dalle viscere degli Alburni e del fiume Calore: le grotte di Castelcivita. La singolarità dell’impresa è che con scarponcini ai piedi e lampada alla mano percorreremo tutti i 3 chilometri e 300 metri della cavità carsica, e non solo quel poco più di un chilometro del percorso turistico. Quando, e si sono fatte le 18.30, usciamo all’aria aperta stanchi ma in noi c’è l’emozione di aver fatto una straordinaria cavalcata nella storia dell’evoluzione del nostro ambiente naturale. Ed è valsa la pena spendere i 20 euro del biglietto (la normale visita costa 8 euro).
Oreste Mottola
orestemottola@gmail.com