sabato 31 dicembre 2011

Da Vito Cembalo. Ciclista in arresto cardiaco salvato sotto l’albero di Natale


E’ vivo grazie all’intervento immediato di un operatore tecnico del 118: «È il miglior regalo che mai mi sia stato fatto»
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Vito Cembalo«Per me questo è il miglior regalo di Natale che mai mi sia stato fatto». Vito Cembalo ha 38 anni e dal 1995 è in Croce Rossa: ne ha viste tante, tantissime, di cose brutte. Eppure la sua voce carica d’emozione si scioglie quasi come quella di un bambino: oggi una persona è sopravvissuta grazie a lui. Vito stava bevendosi un caffè in centro a Varese quando attorno alle 11 di oggi, 8 dicembre un ciclista di 62 anni è caduto dalla sua bici per via di un problema cardiaco. Tutto è successo in piazza Montegrappa sotto gli occhi di decine di persone che in quel momento stavano nei paraggi. «Appena ho capito di cosa si trattava non ho avuto esitazione – racconta Vito, che lavora alla centrale 118 di Varese come operatore tecnico – Mi sono avvicinato, ho eseguito la manovra del G.A.S. (guarda ascolta senti) per verificare se l’uomo respirava e se gli batteva il cuore e subito ho cominciato a massaggiare fino all’arrivo dell’ambulanza».

Il personale del 118, non appena arrivato sul posto, ha subito applicato le piastre del defibrillatore, e con una scarica il cuore dell’uomo è ripartito. «Sono felicissimo, spero che la persona che oggi ho aiutato si rimetta al più presto – dice . Voglio ringraziare anche le forze dell’ordine per l’aiuto che mi hanno dato. Oggi per me è una giornata bellissima. Sono felice come non mai».
Soddisfatto del lavoro di uno dei suoi uomini è Guido Garzena, responsabile della centrale operativa 118 di Varese: «Questa è la riprova che la cultura dell’emergenza premia sempre – dice al telefono - . Bravo Vito! E complimenti per il lavoro svolto, che per noi che operiamo nel campo dell’emergenza, non finisce mai».
(Oltre che un amico, Vito è anche un compagno di corso in Croce Rossa. A lui e agli altri “meno famosi” volontari del soccorso, un ringrazimento personale per il lavoro svolto nda)
8/12/2011

La tesi di una studentessa di Altavilla Silentina "La case history Sandra Lonardo": una tesi di laurea sulla campagna elettorale

La tesi di una studentessa di Altavilla Silentina
"La case history Sandra Lonardo": una tesi di laurea sulla campagna elettorale
Una studentessa di Altavilla Silentina (in provincia di Salerno), Cristina Cembalo, nei giorni scorsi si è laureata in Scienze Politiche alla Statale di Milano discutendo la tesi: ’’La campagna elettorale con l’assenza della candidata sul territorio. Regionali 2010: La Case History Sandra Lonardo’’.
La neo dottoressa - si legge nella nota diffusa alla stampa - ha analizzato il materiale e le metodologie utilizzate da Sandra Lonardo, l’ex presidente del Consiglio regionale della Campania che nella campagna elettorale del 2010 ha utilizzato i nuovi media per entrare in contatto diretto con gli elettori, posto che, a causa di una vicenda giudiziaria, le è stato impedito di svolgere i tradizionali incontri sul territorio. Sandra Lonardo ha fatto uso soprattutto dello strumento del social network, ha utilizzato una serie di video-messaggi, diffusi attraverso Youtube ed altri portali web, oltre che sulle tradizionali reti televisive locali.
Ed in Consiglio regionale la consegna ufficiale della tesi. La dottoressa Cembalo ha incontrato Sandra Lonardo ed ha avuto l’occasione di presentare il suo lavoro anche al presidente della Giunta regionale, Stefano Caldoro, che ha molto apprezzato l’originalità ed il metodo scientifico utilizzato per l’esame di una campagna elettorale condotta in maniera virtuale, con l’utilizzo delle nuove tecnologie, che hanno compensato significativamente lo svantaggio legato all’assenza fisica del candidato sul territorio.

A Cristina, i complimenti e gli auguri miei... amico della famiglia Cembalo!

giovedì 29 dicembre 2011

Eboli, rivalutare la storia della Riforma Agraria. Autocritica da sinistra


Il vecchio Vincenzo Aita, nonno dell’omonimo ed ex assessore regionale, era un contadino che conosceva a memoria la Divina Commedia e i comunisti di Eboli nel 1946 lo candidarono alla Costituente.  Il nipote oggi comincia una revisione su oltre mezzo secolo di storia agricola della Piana del Sele. Rivaluta l’operato di coloro che portarono avanti la Riforma Agraria: “Noi comunisti allora buttammo via il bambino insieme all’acqua sporca” e, per stare all’attualità, chiede di cambiare l’impostazione del Piano Regolatore di Eboli per le zone rurali: "Attenzione, introduce una nuova frattura". Gli Aita di ieri e oggi continuano dei protagonisti di molto di quello che si muove nelle nostre campagne. Capitolo mai chiuso questo delle nostre lotte contadine che non furono la classica jacquerie rurale. Condotte da giovani intellettuali (Vignola, Perrotta, Sparano, Manzione e Cassese) ma anche da popolani evoluti. Anche per questo il partito cattolico al potere decise di mettersi comunque alle spalle la grande proprietà agraria? “L’unica vera rivoluzione meridionale”.  Per Corrado Barberis è stata proprio la Riforma Agraria quando a migliaia di contadini e artigiani furono dati quattro spesso cinque ettari di terreno e una casa. La Piana del Sele è la zona della Campania, dove l’esperimento ha funzionato meglio. Nacquero così i borghi di S. Lazzaro a Serre, S. Cesareo a Albanella. Carillia ad Altavilla, Spinazzo e Gromola a Capaccio. Anche Eboli e Battipaglia furono investite dall’esperimento di nuova democrazia economica. Furono create poi le strutture di servizio: con il Concooper, la Semel e l'Ilka. "La filiera agricola l’avevano già inventata loro", commenta Vincenzo Aita. E' lui il comunista che rivaluta apertamente quella stagione della nostra storia. Dell’argomento se n’è discusso a Eboli, presso l’istituto Tecnico Agrario, nella felice occasione del conferimento della cittadinanza onoraria a Mario Mellone, l’unico cavaliere del lavoro della Piana del Sele. Mellone è stato l’agricoltore che più ha diffuso le innovazioni tecniche nel settore. “Miserabile era lo spettacolo dei braccianti che a Eboli sotto l’Arco di S. Caterina aspettavano che il caporale li scegliesse per portarli a lavorare. L’unica nota lieta era il profumo del pane e della cipolla e della frittata che si portavano appresso per sostentarsi durante la lunga e dura giornata di lavoro. Oltre la metà della terra agricola da Pontecagnano a Capaccio era in proprietà che superavano i 300 ettari", racconta Giuseppe Manzione, uomo di scuola e protagonista delle lotte dei contadini poveri e dei braccianti del secondo dopoguerra. "Ora la Piana del Sele è un giardino, all’epoca era il deserto, una landa intransitabile", aggiunge ancora. Dall’altra parte della barricata è Giuseppe Fresolone, giovane storico e consigliere comunale di Rifondazione Comunista: “In piena epoca fascista nella nostra zona il governo nazionale spende 120 milioni di lire per la bonifica. E' il costo della Bismark, la migliore corazzata dell’esercito tedesco. Una cifra altissima spesa per finalità sociali. E il 48% dei terreni era destinato a colture agricole di pregio. Il latifondo assenteista quasi non esisteva. Gli imprenditori -  innovatori, basti pensare a quel che accadeva intorno al tabacco e al pomodoro con Carmine De Martino, c’erano eccome". ?Rivoluzione? Semmai rivoluzione tradita!", ribatte Daniele Petrone, presidente provinciale della Cia, che ha ereditato la vecchia Alleanza Contadini, la storica organizzazione dei contadini della sinistra. ?Non ha retto il sistema delle cooperative. Mettiamola così", corregge Petrone. Torna poi l’eterno tema di un mondo delle campagne che corre a due velocità, come già fece notare Piero Ottone, anno 1963, nel corso della sua inchiesta sul salernitano. Ora si aprono nuovi fronti di discussione: "Che fine faranno gli 800 ettari di terreni fertilissimi dell’istituto Orientale?", chiede ancora Petrone. Ma questa è attualità. Aita preferisce tornare al passato. "Gli anni '70 hanno permesso una grande modernizzazione diffusa delle nostre campagne. Con il refrigeratore alla stalla e la raccolta mattina e sera il latte dei nostri allevamenti è il propellente per rinnovare le case e far studiare i figli". Già i figli dei contadini. "Oggi la classe dirigente è piena di figli della terra", fa notare Antonio Manzo, giornalista del “Mattino” e osservatore scrupoloso dei fatti della Piana del Sele.
Oreste Mottola
orestemottola@gmail.com

martedì 27 dicembre 2011

Alburni. Ricordate Scaramella? Torna la discussione sul discusso personaggio

In definitiva, chi è Mario Scaramella? Negli Alburni lo conosciamo da tempo 

http://mottolaoreste.blog.tiscali.it/2006/11/22/scaramella_una_carriera_da_spione_cominciata_sugli_alburni_1679286-shtml/?doing_wp_cron
Un super agente segreto oppure un balordo mandato allo sbaraglio? Un infiltrato? Un agente provocatore? Per quasi vent'anni si è mosso a braccetto con i nostri servizi segreti, la Guardia di finanza, la Cia, senza mai far capire se fosse lui il manovrato o il manovratore. Di certo non sarebbe arrivato dove è arrivato senza gli appoggi di cui godeva, nella politica, nelle istituzioni, nelle forze dell'ordine. Ed è anche vero che la sua azione è stata efficace perché si è mosso all'interno di una struttura che poteva disporre di mezzi e persone, e non gli ha fatto mancare nulla: collaboratori, scorte, auto di rappresentanza, grandi alberghi. Chi pagava? Non certo la commissione Mitrokhin, che in più di due anni non ha mai visto una nota spese o una richiesta di rimborso da Scaramella, sebbene lui viaggiasse di continuo tra Londra e Ginevra, Washington e Tel Aviv, Mosca e Budapest. E allora: chi finanziava il consulente? Da dove attingeva le risorse per le sue indagini parallele? Una risposta la dà Limarev: sostiene che la Ecpp aveva «un comparto di attività non ufficiali» «finanziato per decine di milioni di dollari in parte in Italia» «con fondi del Nucleo di tutela ambientale dei carabinieri» «in parte attraverso la Repubblica di San Marino con una finanziaria, la Finbroker». Ora forse l'ex agente russo vuole solo alzare un altro polverone, come sostengono i suoi detrattori. Certo è che si dimostra bene informato sulle vicende che riguardano la nostra intelligence. Perché la Finbroker è la scatola sammarinese che qualche mano vicina ai servizi nell'estate 2003 getta in pasto al parlamentare Alfredo Vito di Forza Italia, che siede nella commissione Telekom, nel tentativo di tendere l'ennesima imboscata ai danni del centrosinistra.

IL LINK PER APPROFONDIRE

http://mottolaoreste.blog.tiscali.it/2006/11/22/scaramella_una_carriera_da_spione_cominciata_sugli_alburni_1679286-shtml/?doing_wp_cron

lunedì 26 dicembre 2011

CRISTOFORO CAPPETTA. "Il mio Natale"

Heinrich Heine in una lirica presenta l’uomo tormentato dalle domande radicali e condannato al buio del mistero. Chi è? Da dove viene? Dove va? Ha un senso la vita? Gli interrogativi si perdono nell’indifferenza del creato. Nessuna risposta? Il mistero del Natale rompe il drammatico incantesimo della solitudine e del buio. Con la venuta di Dio sulla terra l’uomo ha la rivelazione del suo fine, della sua dignità e del significato della sua vita. Platone pensava che per decifrare il nostro destino abbiamo soltanto la nostra ragione e che questa è una povera «zattera»: occorrerebbe «fare il tragitto su una più solida barca, affidandosi a una divina rivelazione». Nel mistero del Natale l’aspirazione del Filosofo è diventata realtà. “ O flutti scioglietemi voi l'enigma crudele antichissimo, che nomasi Vita, l'enigma pe' l quale da secoli, invano il cervello si crucciano, dei tristi mortali, le tempie recinte di mitrie istoriate, di nere berrette, turbanti e parrucche; l'enigma, sul quale grondando sudore, si curvano a mille, da secoli, ansiose le fronti mortali! O flutti, svelatemi voi l'essenza dell'uomo! Onde viene? A qual mèta s'affanna? O flutti, chi popola i mondi che brillano d'oro nel cielo? Il mare bisbiglia la sua sempiterna canzone; fischia il vento; le nuvole corrono, inesorabili e fredde, le stelle sull'arco del cielo risplendono; e un folle attende il responso del mare”. (H. Heine) All'uomo di Heine, vagante sulla riva del mare deserto, si accompagna il pastore errante di Leopardi, pungolato dagli stessi interrogativi. L'uno interroga le onde, l'altro la luna: … a che tante facelle? Che fa l'aria infinita, e quel profondo infinito seren? Che vuol dir questa solitudine immensa? Ed io che sono? Sullo stesso sfondo di smarrimento un poeta francese, Paul Valèry: " Solo. Sempre più solo. Tutto mi è estraneo. Perché non c'è Dio? Perché vertici di abisso e di abbandono non diventano sicuri messaggi? Nessuno ascolta la mia voce interiore. Nessuno che mi parli direttamente, che comprenda le mie lacrime e riceva la confidenza del mio cuore. Solo. Se ci fosse un Dio, visiterebbe credo la mia solitudine, mi parlerebbe familiarmente nel mezzo della notte" A Natale l'aspirazione di Valèry è diventata realtà, e le domande di Heine e di Leopardi hanno avuto una risposta. A Natale ricordiamo la venuta di Dio sulla terra e la conseguente rivelazione del nostro destino. Dio c'è. E' venuto ed è vissuto tra noi, e tra noi desidera rimanere per condividere la condizione umana, rispondere alle nostre domande, rompere la nostra solitudine, comunicarci la sua divinità. La liturgia natalizia riecheggia il lieto annuncio del Vangelo di Giovanni:" In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". L'Incarnazione del Verbo di Dio è il cuore della fede cristiana. Essa ci dice che Dio non è l'essere sperduto nei cieli, lontano da noi e sordo alle nostre invocazioni. E' l'Emmanuele, il Dio-con-noi, e in questa prospettiva la solitudine è superata, poiché il Verbo, assumendo la natura umana, si è fatto nostro compagno di strada. Nella luce dell'Incarnazione la domanda di Heine ha una risposta sorprendente: la mèta dell'uomo è la stessa di Cristo, nel quale egli vive. L'uomo esiste per essere felice e soltanto colui che è infinito può soddisfare la sua sete di felicità. Dio dunque è il fine dell'uomo perchè soltanto in lui e con lui egli può essere pienamente felice. Il mistero del Natale rende possibile raggiungere Dio e la felicità nella sua pienezza. Anche il vecchio Platone aveva capito che per decifrare il destino dell'uomo abbiamo soltanto la ragione, e che questa è “una povera zattera su cui attraversare pericolosamente il mare della vita. Sarebbe preferibile fare il tragitto più sicuramente su una più solida barca, affidandosi a una divina rivelazione” (Il Fedone, c.35) . Natale è l'evento di questa rivelazione. Nella Gaudium et spes, 22 il Vaticano II l'ha così sintetizzata:" Solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo" Su tale verità gli auguri natalizi di Benedetto XVI:" Uomo moderno, adulto eppure talora debole nel pensiero e nella volontà, lasciati prendere per mano dal Bambino di Betlemme, non temere, fidati di Lui". Un Santo Natale a tutti.  

Cristoforo Cappetta

Cristoro Cappetta, che per noi altavillesi è sempre "Rino" e lo ricordiamo anche per le sue molteplici attività associative, culturali e sportive nella Borgo Carillia dov'è cresciuto , ora è insegnante di religione nei Licei di Agropoli dove vive...
 

martedì 20 dicembre 2011

Gromola, la storia e la modernità. Tra Paestum ed il Sele


ORESTE MOTTOLA orestemottola@gmail.com
 “Voi sapete che siamo in cerca dei resti di un santuario antico e l’inseguimento vostro è veramente ridicolo; ma veramente credete che sono venuto a complottare con le bufale’”, scriveva così Umberto Zanotti Bianco, il 4 aprile del 1934, al Prefetto che gli aveva due poliziotti alle calcagna che lo sorvegliavano mentre si muoveva, con Paola Zancani Montuoro, tra gli acquitrini e le boscaglie di Gromola. ‘Dopo due giornate tra le paludi e le boscaglie, animate soltanto da mandrie di bufale e da torme di uccelli migranti’’. La Gromola di allora era questa: c’era il feudo di Marietta Pinto che poi passò alla “Fondi Rustici”, un’azienda romana. Il centro delle attività era presso la bufalara che qualcuno vuole disegnata da Vanvitelli. “Ha sicuramente più di tre secoli”, racconta l’anziano Felice Morena, sceso giovanissimo da Pruno di Piaggine per la più ubertosa Piana del Sele. “Sulla campana c’è la data del 1911. Quando suonava voleva dire che stava scorrendo il siero ottenuto dopo la lavorazione di provole e mozzarelle e richiamava i maiali. Pur pascolando liberi anche a distanza di diversi chilometri, i suini, tornavano da soli verso il centro dell’azienda dei Pinto. Bufale, maiali, vacche allo stato brado. Questa era la Gromola di quei tempi. La Gromola di oggi è invece una località al centro della fertile Piana del Sele, dotata di una bella piazza e di un’imponente chiesa, originale complesso architettonico, opera dell’arch. Ezio Caizzi, L’originale architettura della Chiesa, centro ideale del Borgo omonimo, conclude la piccola piazza ed afferma, nelle sue linee ascensionali, un simbolico senso di elevazione. Non a caso è al centro di una lieve altura di travertino.

L’AVVIO NEL DOPOGUERRA.
La grande rivoluzione comincia con gli anni Cinquanta. Così ce la racconta una cronaca rimasta anonima: “Nel 1950 il territorio di Gromola era un latifondo di proprietà della “Fondi Rustici” parte ad acquitrino (in modo particolare il terreno prospiciente il fiume Sele ), ed il resto destinato prevalentemente a culture estensive ed a pascolo, privi di sistemazione idraulica agraria. Gli interventi effettuati dal 1952 in poi dalla Sezione Speciale per la Riforma Fondiaria compresero in sintesi le seguenti opere: Messa a cultura dei terreni con le relative opere di trasformazione (dissodamenti, sistemazione del terreno, opere irrigue). Fabbricati per l’insediamento poderale dei coltivatori; ricoveri per gli allevamenti e pro-servizi. Opere di carattere interpoderale (strade, acquedotti, elettrodotti). Borgate di servizio, destinate a soddisfare le essenziali esigenze di ordine sociale ed a favorire le condizioni di vita della popolazione insediata in campagna. Il Sistema dell’insediamento sparso, attuato nella Piana del Sele, mentre offriva evidenti vantaggi per la continua presenza dei coltivatori sul podere, richiedeva peraltro provvidenze atte ad eliminare l’inconveniente dell’isolamento delle famiglie. Il Borgo di Gromola, costruito sulla sinistra del fiume Sele, fu la principale realizzazione di questo tipo compiuta dalla sezione nella piana del Sele, inaugurato dall’On. Mariano Rumor , allora Ministro dell’Agricoltura e Foreste”.

LA ‘FORTUNA’ DI GROMOLA
Non c’è località della Piana così al centro delle relazioni civili ed economiche com’è Gromola: si trova a 4 Km. dalla statale 18, a 3 da Capaccio Scalo attraverso Via Fornilli, oppure 4 Km. dalla Via Provinciale litoranea. Pietro Noce vi è arrivato invece da Trentinara. La sua famiglia, come altre trecento, vi ebbe un podere: “Da allora le nostre infrastrutture sono rimaste uguali. Un po’ di illuminazione, una panchina o una vetrata. Sono cambiate le nostre case, le nostre famiglie, il nostro modo di rapportarci alla coltivazione della terra. Ma la piazza di Gromola, che pure è molto bella, è sempre la stessa. La terra’ Ormai la lavorano solo gli anziani o la si concede in affitto. Che volete che uno ci faccia con un ettaro di terreno’”.

I RACCONTI E LE STORIE
Giovanni Torlo è un vecchio socialista capaccese. Non gli piace ciò che è oggi diventato l’Ersac, l’ex Ente di Riforma. “E’ fatto da gente che si prende solo lo stipendio. Da decenni tutto ciò che toccano fallisce. Io ho più volte proposto di organizzare un’assistenza tecnica a tutti gli agricoltori di Gromola. Per fargli capire come e quando usare concimi ed anticrittogamici. Macchè!”. Domenico Salzano, ha la faccia cotta dal sole tipica dei contadini resa ancora più nera dal naturale colorito bruno, e sogna un museo dell’agricoltura nella bufalara di Gromola. “Mettiamoci anche un caseificio, qualsiasi pur di non farla crollare. E’ il nostro simbolo”. Salzano ce l’ha anche con la legge che ha permesso di dividere i poderi tra i figli degli assegnatari: “Tutti noi avremmo scelto altre strade per vivere. Hanno portato lo scompiglio nelle famiglie ed eccoci qui a portare a “morire” al Mercato ortofrutticolo coi nostri carciofi ed ortaggi”.

GLI IMMIGRATI
Nei racconti e le testimonianze di questi abitanti risalta il rimpianto di ciò che la zona poteva essere e quella che è restata. La presenza di centinaia di immigrati da una parte indica che c’è un’economia agricola che richiede tante braccia dall’altra manca un’adeguata dotazione di alloggi. ‘La sera non sanno che fare e per questo esagerano con la birra ed altri alcolici’, racconta un commerciante. ‘Stazionando per ore, a centinaia, nella piazza di fronte alla chiesa fanno paura alle giovani donne che preferiscono non venire più a fare la spesa, da sole, nei nostri negozi’, aggiunge un altro. ‘Mai successo niente di grave’, ammettono. C’è un problema di integrazione che non può certo essere risolto tutto a Gromola.

MORENA E CERRATO
Chi invece è andato oltre sono i Morena ed i Cerrato, proprietari di importanti aziende vivaistiche. Sono riusciti ad imporsi al monopolio delle più agguerrite multinazionali cementieri olandesi e delle aziende del Settentrione. Morena esporta nel soprattutto centro – sud Italia. Ha cominciato dal 1987, “costretto dall’evoluzione dei mercati”. Nella sua azienda ci sono più di 20 operai e ci lavora l’intera famiglia. Sforna migliaia di contenitori con tutte le solanacee e i fiori. Dalle chicas alle viole. Il padre arriva dalla sperduta Pruno di Piaggine mentre lui, “ho solo la terza media”, dice orgoglioso, è un punto di riferimento dell’agricoltura italiana più moderna. Il suo settore è quello che è stato investito dalle più veloci innovazioni tecnologiche e di marketing. La gdo, la grande e moderna distribuzione organizzata, detta legge. Con i vecchi mercati ortofrutticoli costretti a cambiare pelle e a mettersi alle spalle un certo folclore, o peggio, l’antico sospetto di “pressioni” delinquenziali. C’è poi l’esplosione del biologico, con migliaia di aziende agricole che hanno bandito la chimica dai loro metodi di coltivazione. Ne è passato di tempo da quando tutto si riconduceva al pomodoro, con il “contorno” di carciofi, peperoni, finocchi, cetrioli ed insalate. Ora c’è tutto un mondo di nuove produzioni, i tecnici li chiamano della IV e V gamma. Sono i prodotti orticoli pronti per il consumo. Chi li produce è costretto a rincorrere le mode e modificazioni culturali che investono la società . Con le donne che lavorano la preparazione di pranzo e cena dev’essere sempre più veloce e gli ingredienti (come gli ortaggi) devono sempre più essere adatti all’uso. Ed è la Piana del Sele è zona d’avanguardia. Grazie alle piantine di Cerrato e Morena.

LA CHIESA
L’originale architettura della Chiesa, centro ideale del Borgo omonimo, conclude la piccola piazza ed afferma, nelle sue linee ascensionali, un simbolico senso di elevazione. Notevole è la leggerezza della struttura, tutta in cemento armato, che tocca le fondazioni in solo cinque punti di appoggio. La chiesa e la canonica coprono una superfice di 450 mq. L’interno della modernissima chiesa, nella sua lineare semplicità e nei suggestivi effetti di luce, crea una particolare atmosfera di raccoglimento. L’illuminazione è realizzata mediante una finestratura a piano di calpestio; una luce diffusa proviene dalle finestre in alto e si concentra sull’altare mentre la zona vicina all’ingresso rimane in penombra. La chiesa è dedicata a S.Maria Goretti.

MUSEO DI HERA ARGIVA. Dopo la Foce del Sele, la Lucania e il santuario di Hera Argiva, la fondazione di Giasone è vicino, cinquanta stadi da Poseidonia’, scrisse Strabone. Tra le bufale che pascolano placide in una pianura dominata da ampie pozze d’acqua (siamo sotto al livello del mare) c’è una delle meraviglie dei beni culturali italiani, il ‘Museo Narrante’. Una bella ‘centa’ ci racconta subito il percorso religioso ‘ culturale da Hera al culto popolare della Madonna che tutti conosciamo. 
Le metope e i gli altri reperti parlano, cantano e suonano. Si materializza una massa di donne in processione che prima cantano le lodi di Hera in greco antico e poi, in dialetto ed in italiano, le preghiere alla Madonna del Granato. E la stanza con i fusi per filare il cotone. Le leggende di Giasone, Eracle, Achille, Ulisse ed Oreste escono dai bassorilievi delle metope ed una voce li racconta: è uno dei testi più affascinanti che l’antichità ci abbia mai trasmesso. Evocano miti e modi di agire, come la religiosità popolare, nient’affatto cambiati dopo più di 2500 anni. ‘Raccontare emozionando’, dice il telearchitetto Fabrizio Mangoni è la missione del Museo Narrante di Hera Argiva. E’ il primo luogo d’Italia dove le nuove tecnologie audiovisive hanno rivoluzionato l’idea seriosa che un po’ tutti abbiamo dell’archeologia. Dove i i filmati e le installazioni narranti di Fabrizio Mangoni, hanno stravolto l’idea stessa di Museo. I più affascinati sono i bambini. Pensando di entrare in un libro di scuola s’immergono nel più straordinario, e divertente, dei film storici. Anche il visitatore meno avvezzo alla classicità riesce ad impadronirsi delle atmosfere che respirarono quel gruppo di greci che nel VI secolo scelsero questo luogo per insediarsi e per meglio commerciare con i vicini etruschi. Greci più etruschi, ed ecco i salernitani di oggi. Le città degli dei non nascono per caso. Spuntano sulla sponda del fiume e in riva al mare. Tra campi sterminati e dietro lo scudo della montagna. Dove c´è terra fertile da consacrare ad Hera, e dove un porto, mezzo fluviale, mezzo marino, poteva far invidia a Sibari, perché è da lì venivano gli Achei, i greci che seicento anni e più prima di Cristo fondarono Poseidonia, la città del dio del mare. L´antica Paestum è greca, figlia di Giasone e del mito degli Argonauti.Una puntata ad Hera Argiva è possibile farla sia lasciandosi alle spalle, sono a poche centinaia di metri, le affollate spiagge pestane che l’ultratrafficata Statale 18 che porta verso le cose cilentane. A qualche chilometro dalle mura di Paestum, a ‘50 stadi’ a stare alle misure di Strabone, il geografo dell’antichità, oggi è un po’ una caccia al tesoro perché la segnaletica stradale del comune di Capaccio è ancora carente. Nonostante tutto ciò, dall’apertura datata novembre 2001, le presenze sono state oltre ottomila. E’ tempo quindi per fare un primo bilancio. A questo serve il convegno ‘Accoglienza divulgazione e attività ludica al Museo Narrante’ . La moderna struttura museale di Hera Argiva è ad un punto di svolta. Dal 30 giugno è terminato il finanziamento ministeriale ed ora occorre trovare i modi per far proseguire quest’esperienza. Queste le premesse. Come solo gli abitanti di Gromola sanno, Hera Argiva è un museo chiuso.

Oreste Mottola
orestemottola@igmail.com

Antichi vasi romani provenienti da una galea naufragata duemila anni fa al largo di Capo Palinuro

ORESTE MOTTOLA orestemottola@gmail.com

«Voi a queste battaglie preferite gli ameni ozi di Palinuro, ove gli dei tutto concedono alla bellezza e alla natura», disse un senatore romano ad un collega. Tra i piaceri c’erano i vini che arrivavano in grande quantità dall’isola di Rodi. Trasportate da navi che spesso, proprio da queste parti, andavano ad inabissarsi. L’ultima scoperta è di un team britannico di ricerca sottomarina ha scoperto per caso centinaia di antichi vasi romani provenienti da una galea naufragata duemila anni fa al largo di Capo Palinuro. Ne dà notizia il quotidiano inglese Daily Mail. “La vicenda è di qualche mese fa, chissà perché gli inglesi la ripropongono”, si chiede la Soprintendente Maria Luisa Nava. Capitolo minore della ricerca di eventuali “relitti dei veleni” svoltasi soprattutto a ridosso delle coste calabresi. Per gli addetti ai lavori nessuna sorpresa. Che i fondali cilentani siano popolati da diversi tesori non è certo una novità. Per i cultori di storia ancora meno. I frequenti naufragi dei navigli, erano ben conosciuti tra i più antichi navigatori del Mediterraneo, i Fenici e dei Greci, che chiamarono questo promontorio proprio “Palinouros” che in greco significa “punto di tempesta”, di mare estremamente pericoloso. L’ultimo ritrovamento ha avuto come protagonista l’équipe della Hallin Marine Subsea International, di Aberdeen. L’equipaggio inglese stava scandagliando i fondali, con l’ausilio dei veicoli subacquei Rov (remote operated vehicles), alla ricerca di rifiuti radioattivi “smaltiti” in navi fatte affondare dalla mafia. Il team lavorava per la ditta italiana Geolab, a bordo dell’imbarcazione Mare Oceano.  Con grande sorpresa, invece di relitti moderni, hanno trovato i resti di una galea romana. Nella sabbia, da 500 a 700 metri di profondità giacevano i vasi, che probabilmente trasportavano vino ed olio. Il team ne ha recuperati cinque. Ripuliti con getti d’acqua sono stati consegnati al museo archeologico di Paestum.  ”Siamo riusciti a recuperarne cinque, ma ce ne devono essere centinaia là sotto”, ha detto meravigliato il responsabile della squadra, Dougie Combe. “Certamente è la cosa più antica che abbiamo mai trovato sul fondo marino”, ha aggiunto. A Paestum però, come conferma Maria Luisa Nava, i vasi romani arrivati sono quattro. Non sono stati ancora esposti. E dalle prime risultanze sono di fattura non tale da giustificare l’ingente investimento necessario per un vero e proprio “scavo” sottomarino alla ricerca di comuni, per l’epoca, contenitori di olio e vino. “Dobbiamo pur lasciare qualcosa ai posteri – ironizza la Soprintendente – quando probabilmente avranno mezzi e soldi oggi neanche immaginabili si divertiranno ad utilizzarli lì a Palinuro. Abbiamo localizzato il punto dove i vasi sono sepolti e gli abbiamo descritto cosa c’è. Per il momento va bene così…”.  Palinuro fu per i romani luogo d’ozio e riposo, frequentato da illustri personaggi come l’imperatore Massimiano Aurelio detto Erculeo e suo figlio Massenzio, che lo scelsero proprio per la bellezza dei luoghi e la bontà dei vini.

LA SOPRINTENDENTE . “Quei reperti stanno ad oltre settento metri. La profondità alla quale stanno non è alla portata delle possibilità finanziarie della nostra Italia. Ci vorrebbe un batiscafo, dei palombari…Diversi milioni di euro. Per il momento accontentiamoci di sapere dove sono e cosa contenevano”. Maria Luisa Nava, milanese di nascita, è la Soprintendente per i Beni Archeologici di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta. “I vasi portati a portati a Paestum sono solo quattro, non cinque, come affermerebbe il Daily Mail. Sono di un tipo comune nell’area del mediterraneo, delle tipologie egee, ma anche magnogreche, databili nel IV sec. a.C. Ci fu un naufragio, uno dei tanti,  che coinvolse una nave che portava vino dall’isola di Rodi. Era un commercio che si spingeva fin verso Marsiglia”.

lunedì 19 dicembre 2011

Colliani a Sicignano. Vecchio ingegnere e giovane imprenditore

“Sicinius” è il sogno realizzato di Felice Colliani. La moglie, è una napoletana verace, grande appassionata di cucina. Quel dolce ai fagioli di Controne è la sua ultima consacrazione. Perché quando Colliani parlava di agriturismo e di turismo rurale le nostre campagne erano preda della smania di sembrare sempre più simili ai paesi o alle città . L’edilizia rurale conobbe le sue peggiori nefandezze.
Le opinioni del nostro ingegnere .- ristoratore sono drastiche. Gli Alburni lui li vede in piena decadenza. “Il sostegno al reddito delle nostre zone è assicurato dagli anziani che riscuotono le pensioni e coltivano pure le terre. Quando finiranno loro io vedo un futuro gramo per queste nostre zone. I terreni saranno abbandonati e i nostri giovani non potranno più vivere senza lavorare. Qui tornerà il brigantaggio. Io lo dico sempre a mia moglie: quando io non ci sarò più vi dovrete comprare una mitragliatrice per tenere a bada i malintenzionati”.
Colliani ha una capacità di proporre originali analisi storiche. “La nostra agricoltura di montagna è stata distrutta negli anni Trenta dalla smania del fascismo di reagire alle sanzioni. Ci inventammo l’autarchia. Fu così che cominciammo a coltivare girasoli e canapa, o quelle razze bovine che con i nostri monti niente avevano mai avuto da vedere”.
Ogni giorno che passa è una pugnalata: “Pochi giorni fa ho portato dei miei ospiti alla stazione ferroviaria di Sicignano dove sapevo che si fermavano gli Eurostar. Con sorpresa, e vergogna, appresi che nessun treno vi si ferma più”.
Un’altra sorpresa sono le nostre sagre. Non rivelo segreti se dico che non c’è più traccia di prodotti locali. “Il made in Italy” ormai si coltiva nei nostri porti.
“Questa più che un’area economicamente depressa è popolata da uomini depressi che amano farsi male da soli”, commenta ancora Colliani. “Noi vendiamo incontri culturali non lavoriamo per i soldi”, proclama. Ed aggiunge: “Da noi nelle camere niente telefono, tv e campanello. Ci siamo noi”. Oltre che con la cultura qui a Sicignano ti prendono per la gola. Il buon mangiare sicignanese: i cibi sono rigorosamente ipocalorici: lagane e ceci o caciocavallo arrostito, fusilli e ravioli o l’arrosto di carni miste. I sicignanesi per le cose buone hanno esperienza. Le loro prelibate salsicce, era il 58 a.C., le gustò finanche Marco Tullio Cicerone, mentre scappava precipitosamente da Roma, e ne scrisse sperticate lodi. A Galdo producono invece le migliori soppressate (salumi di carne di maiale) del salernitano. La loro ricetta è più segreta della formula con la quale, ad Atlanta, confezionano la Coca Cola. LA MODA. Fino alla seconda metà degli anni Settanta, Sicignano degli Alburni è un paese à la page: dopo i bagni a Paestum o ad Agropoli, per molte famiglie napoletane, era di moda venirsi ad ossigenare per almeno quindici giorni nel luogo dove il bambino Rocco Scotellaro imparava a leggere dai frati cappuccini. Il sole non ama questo paese su cui incombe il Tirone, la parte dell’Alburno più maestoso. D’inverno quasi assente, il sole ricompare nella tarda primavera consentendo l’abbondante crescita di funghi e fragole, origano e timo, insieme con altre cento erbe aromatiche e medicamentose.
[Oreste Mottola]
orestemottola@gmail.com

L'ANTIGUIDA. L'Altro Natale 2011, appuntamenti da non perdere


DAL 23 al 6 GENNAIO. SALERNO.   I coltivatori diretti. Venerdì alle ore 9.00 fino a venerdì 6 gennaio 2012 alle ore 20.00. I CESTI DI NATALE DAL PRODUTTORE AL CONSUMATORE PER ABBATTERE LA FILIERA ED AVERE LA GARANZIA DEL MADE IN SALERNO PER INFORMAZIONI COLDIRETTI SALERNO 0892580302
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FINO AL 6 GENNAIO. ALTAVILLA SILENTINA. Presepi in concorso. Fino a venerdì 6 gennaio 2012 alle ore 0.00. Nel Centro Storico Altavilla Silentina (SA). La VI edizione della Mostra Concorso Presepiale sarà visitabile nei giorni 16 - 17 - 18- 24- 25 - dicembre 2011 e 5 - 6 gennaio 2012. Il concorso si articola in tre diverse sezioni: Sezione 1) SCUOLE: Memorial “Prof Francesco Saponara”;  Sezione 2) SINGOLE PERSONE e GRUPPI (privati cittadini, artisti, artigiani, parrocchie, associazioni, famiglie, enti, aziende ecc.). Sezione 3) “Presepi...AMO il Centro Storico di Altavilla” (aperto a tutti, senza limiti di misura) I presepi della sezione 3“Presepi... AMO il Centro Storico di Altavilla” dovranno realizzarsi nel Centro Storico di Altavilla Silentina in spazi pubblici o privati (vie, vicoli, slarghi, piazzette, portoni, androni, finestre ecc.) preventivamente autorizzati.
La partecipazione presuppone per la sezione 1 il versamento di € 10.00 per Istituto Comprensivo indipendentemente dal numero di manufatti iscritti, mentre per i partecipanti della sezione 2, il versamento della quota è di € 5.00 per manufatto e per la sezione 3 è gratuita.
Sono liberi sia lo sviluppo del tema della Natività che la tecnica (es. plastici, elaborati grafici pittorici ecc.) e i materiali necessari per la realizzazione.  Le dimensioni massime dei Presepi della sezione 1 e 2 dovranno essere di cm.  120x90; Ogni Autore può partecipare con uno o più Presepi.
Saranno assegnati i seguenti premi: Sezione 1 SCUOLE Memorial “Prof Francesco Saponara”: per la I° categoria, riservata alle classi della scuola dell’infanzia e alle classi I e II della scuola primaria.
VIAGGIO D’ISTRUZIONE A NAPOLI - Visita alla Via dei Presepi Via San Gregorio ARMENO
Per la II° categoria, riservata alle classi III, IV e V scuola primaria e alle classi I, II e III della scuola secondaria.
Sezione 2 SINGOLE PERSONE e GRUPPI : "IL PRESEPIO PIU' BELLO" buono acquisto € 100.00
"PREMIO GIURIA POPOLARE" buono acquisto € 100.00.
Sezione 3 “Presepi...AMO il Centro Storico di Altavilla” 1 targa ricordo premio per l’originalità, 1 targa ricordo premio per l’esecuzione, 1 targa ricordo premio per il contenuto simbolico. Tutti i presepi saranno esposti al pubblico nel Centro Storico di Altavilla Silentina (SA) nel periodo natalizio.
Per informazioni e regolamento: www.vivialtavilla.it - mail Altavilla.viva@libero.it tel. 349.2200910 - 331.3343726 Vota il tuo presepe preferito su www.vivialtavilla.it Le votazioni possono essere effettuate dal 20/12/11 al 02/01/12.
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23. ATENA LUCANA.  LA TERRA MI TIENE 23 DICEMBRE 2011
Lunga strada seppur deserta - dove puoi menarmi non vedo - punto d’arrivo.
Scordarmi i vivi per ritrovarli - con tutto il peso che mi porto - della vita che m’è nata
i fiori son cresciuti - la luce li accende. Sradicarmi? la terra mi tiene
e la tempesta se viene - mi trova pronto.
Indietro ch’è tardi -  Ritorno a quelle strade rotte in trivi oscuri.

Rocco Scotellaro, Tivoli, 1942
Festival del buon vivere lucano. Mercatino agro-alimentare prodotti Biologici. Invito alla Degustazione dell’Olio extravergine di oliva.  ATENA LUCANA 23 Dicembre 2011
PROGRAMMA DELLA MANIFESTAZIONE. Ore 16:00 LARGO GARIBALDI Apertura Mercatino. Ore 17:00 MUSEO ARCHEOLOGICO VIA SANTA MARIA. Incontro sul tema olio extra vergine d'oliva a cura del Dott. Giuseppe Capo, Presidente "Associazione Nazionale Assaggiatori Professionisti". Incontro sul tema Agricoltura sociale a cura del Dott. Alfonso Pascale Presidente "Rete fattorie sociali". Ore 17:30 Viaggio sui sentieri del gusto. Prima sessione di Degustazione guidata a cura dell’Associazione Nazionale "Oleum".
Ore 18:00 Seconda sessione Degustazione oli locali. VISITA GUIDATA AL MUSEO. Ore 19:00 Distribuzioni doni natalizi ai Bambini da parte dell'Amminstrazione Comunale di Atena Lucana. Ore 19:30 "La Giostra dell'asino" animazione a cura dell'Asineria Equinotium. Ore 20:00 Cena Piatti tipici invernali. L’intera serata sarà allietata da incursioni teatrali, divagazioni sul tema “terra” a cura della Coompagnia teatrale "La Cantina delle Arti", i cui attori con abile maestria, creeranno un piacevole connubio tra musica e teatro. Per info/contatti e prenotazioni Segreretia organizzativa "A' Rodda e A' Mirodda".  345-7024181 Ivan 320-4463844 Emilianna
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 28. LAURINO. NOTTE DELLA TARANTELLA. Da mercoledì 28 dicembre 2011 alle ore 19.30 fino a giovedì 29 dicembre 2011 alle ore 23.30, evento organizzato dal Comune di Laurino con le attività commerciali 28/29/dicembre 2011
   
29. ALBANELLA. giovedì 29 dicembre 2011  Ora 20.30 fino a 23.30 Dove centro sociale di Albanella. ASSOCIAZIONE CULTURALE "PENTARTE" - COMPAGNIA TEATRALE "ARTISTI PER CASO".
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30. PAESTUM. Presso Calypso. Evento creato da Donatella Vitale e Cristina Canino. Da venerdì 30 dicembre 2011 alle ore 16.00 fino a domenica 1 gennaio 2012 alle ore 18.00. Per chi conosce già la biodanza, per chi la fa regolarmente, per chi non la conosce e vuole fare una nuova esperienza insieme a nuovi amici. Quattro sessioni di biodanza, con tanto tempo libero per il relax, per passeggiare sulla spiaggia, per visitare i templi, o semplicemente per chiacchierare e riposarci. Possibilità di partecipare a lezioni di cucina naturale o di preparazione della pasta e del pane fatto in casa. Falò sulla spiaggia se il tempo ce lo consentirà. Cenone del 31 con brindisi e danze festeggiando insieme ad altri amici nella pianura di Paestum, protetta alle spalle dalle colline, immersi nel verde della pineta, a pochi passi dal mare, vicino ai maestosi templi greci, in un’oasi di tranquillità. Soggiorno: Ampie camere da due, tre e quattro letti, con bagno privato. Trattamento di pensione completa, dalla cena di venerdì 30 dicembre al pranzo di domenica 1 gennaio. Cucina prevalentemente vegetariana. http://www.calypsohotel.com/ Costo e prenotazioni: Quota di partecipazione a persona: 220 euro.    Prenotazioni entro il 23 dicembre. Info e adesioni: Donatella: 339.6519453 donatella@mediterraneage.it http://www.mediterraneage.it/
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30. MONTECORVINO PUGLIANO: 2 Piedi... 4 Passi... Oltre ogni Possibile Orizzonte! Quando: venerdì 30 dicembre 2011 Ora 18.00 fino a 19.00 Dove DECATHLON (Montecorvino Pugliano - SA) l'associazione TREKKING CAMPANIA "OFFICINAE ITINERIS" è lieta di invitare tutti gli amici escursionisti, amanti dell'avventura e appassionati della natura, alla presentazione - presso il DECATHLON Montecorvino Pugliano (SA) - delle calzature da escursionismo montano ed il loro utilizzo in ambienti invernali.
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31. PAESTUM. DI FRONTE AI TEMPLI A VILLA SALATI. Sabato 31 dicembre 2011 presso “gallo e la perla” C/o villa salati Paestum (capaccio), dei templi, paestum, per trascorrere insieme l'ultimo dell'anno. Menu della serata: Astice alla catalana con verdure croccanti e pinzimonio di salsa rosa; Cappellaccio di ricotta di bufala al profumo di mare e limone;  Paccheri di gragnano con brandata di baccalà su fonduta di ricotta; la fantasia del mare e la sua evoluzione; dessert di natale; zampone e lenticchie e spumante
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BELLIZZI. L’ALTRO NATALE. Centro Olos Essere e benessere - Bellizzi - SA, Grazioli 42. Il Natale, la festa più attesa dell'anno purtroppo non suscita sempre buoni sentimenti, per molti è fonte di ansia e di malessere e spesso ci fa precipitare in un vortice depressivo. La festa del “Bambino Gesù” potrebbe essere un occasione per celebrare il bambino che c'è in ognuno di noi, invece ci sentiamo soffocati da ben altre emozioni: l'ansia per gli incontri indesiderati, il rimpianto per chi non c'è, il dovere di mostrarsi felici e anche quello di fare un bilancio dei mesi trascorsi e creare una lista di buoni propositi. Per non parlare dello stress da acquisti, da mega pranzi, dal faticoso lavoro di preparazione e di attesa, un’attesa di qualcosa che spesso risulta insoddisfacente, lasciandoci con un senso di vuoto.  Inoltre il periodo natalizio oggi è molto più lungo che in passato e siamo bombardati da stimoli commerciali fatti di famiglie felici, serate indimenticabili e colme di bontà. Tutto questo, anche se fasullo, ci colpisce e ci fa sentire inadeguati e così, anziché rilassarci e coccolarci, ci colpevolizziamo e stiamo peggio. Ecco la proposta: una serata insieme per trovare il tempo per noi, per riflettere sui motivi del nostro malessere e fermarci a dare il giusto peso alle “ sofferenze” natalizie. Un’occasione per imparare a gestire lo stress, per imparare a dire qualche no e per rispettarci e valorizzarci di più.
Conduce la dott.ssa Lia Colangelo Counselor. Costo incontro: 15 euro. Per informazioni e prenotazioni 3287679628
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22. Mak TT Natalizio Liceali. Giovedì 22 dicembre Ora 21.30 fino a 3.30. Be Lite Disco (ex Nonhosonno), Via Mar Ionio, Pontecagnano, Italy. Mak TT Natalizio Liceo Classico E. Perito & Scientifico A. Gallotta ●
 23. CAPACCIO JAZZ. Quando   venerdì 23 dicembre 2011 dalle 22.00 fino a 24. 00. Capaccio CAPOLUOGO Caffè centrale (P.zza Tempone). FRIDAY NIGHT JAZZ. JERRY POPOLO: SAX TENORE & SOPRANO; DANIELE BRENCA:BASSO & CONTRABBASSO; VINCENZO BARDARO:BATTERIA
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24. ROCCADASPIDE, PRESEPE VIVENTE. Sabato 24 dicembre 2011. Ora 22.30 fino a 1.30. Piazza xx settembre Roccadaspide
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25. SANTA CECILIA DI EBOLI Quando? Domenica 25 dicembre 2011. Ora 21.00 fino a 5.00. S.Cecilia di Eboli ss 18. NATALE 2011 AL THE FOX INN. Live show : MARIO GIOVAGNOLI. Balli caraibici, di coppia e di gruppo : ABEL E LLIANA da Cuba. Commerciale house: DJ RAF
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27. Le “Interviste Impossibili”. E' questo il titolo dell’ultimo libro scritto dal giovane studioso Vladimiro D’Acunto. Edito da “Archeoares edizioni”, il volume sarà presentato il prossimo 27 dicembre. Ad organizzare la presentazione, che sarà ospitata all’interno della sala conferenze dell’“Hotel Palace” a Battipaglia, l’associazione culturale “Officina 31”. L'appuntamento è fissato per le ore 18.00 Interverranno, oltre all’autore. Alfonso Amendola, curatore della prefazione e docente di Sociologia del processi culturali, presso l’Università degli studi di Salerno; Danilo D'Acunto, autore delle illustrazioni che fanno da "copertina" ad ogni intervista. Modera Mariateresa Imparato, membro dell'associazione culturale Officina 31. Per info: associazione culturale Officina 31 info@officina31.it
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  27 ALBANELLA. martedì 27 dicembre 2011. Ora 19.30 fino a 22.30 a Palazzo Spinelli, Albanella (SA). La Commissione Pari Opportunità del Comune di Albanella organizza incontri su temi di particolare attualità e inerenti le pari opportunità proposti attraverso il linguaggio del cinema. North Country – Storia di Josey - regia di Niki Caro. Sinossi:  Quando Josey torna nel paese d’origine in Minnesota, dopo il fallimento del suo matrimonio, ha bisogno di un lavoro. Lo trova in una miniera dove lavora anche il padre (che è contrario alla sua decisione). Troverà violenza, soprusi, ostilità da parte degli uomini e dei capi. Contro cui deciderà di protestare.
TRENTINARA. FINO AL 30 DICEMBRE MOSTRA - MERCATO (dal 18 al 30 dicembre); - RAPPRESENTAZIONI TEATRALI con falò (dal 28 al 30 dicembre); - ENOGASTRONOMIA con prodotti tipici locali (dal 28 al 30 dicembre); - MERCATINO DELL'ARTIGIANATO LOCALE (dal 28 al 30 dicembre); - MUSICA POPOLARE (dal 28 al 30 dicembre): - 28 dicembre: LE NINFE DELLA TAMMORRA - 29 dicembre: CILENTO FOLK - 30 dicembre: SETTE BOCCHE. Corso Via Roma - Trentinara (SA). Per info: 349 12 53 370 - 349 61 45 362
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31. ALTAVILLA SILENTINA.  VEGLIONE ALTAVILLESE. RISTORANTE ADDO' ZI MICHE'. Descrizione: VIA SAVERIO PIPINO,10 ALTAVILLA SILENTINA (SA); E INOLTRE: MUSICA DAL VIVO CON "I NAMMA RA' CUNT" KATIA E ANTONINO; AGEVOLAZIONI PER BAMBINI, BIBITE COMPRESE NEL MENU, AGLIANICO E FALANGHINA I VINI SCELTI DALLA CANTINA...
MENU: PROSECCO DI BEN VENUTO; ANTIPASTO DEL CONTADINO E DEL PESCATORE; CORTECCE AI PORCINI, PACCHERI AI SAPORI DEL MARE, GRIGLIATA DEL PESCATORE IN BELLA VISTA, INSALATA CAPRICCIOSA, FRUTTA DI STAGIONE, PANETTONE E SPUMANTE, DOPO LA MEZZANOTTE ZAMPONE E LENTICCHIE

domenica 18 dicembre 2011

Albanella, Oreste Mottola racconta il mulino dei Giardullo




Considero i giornalisti manovali della parola, operai della parola. Il giornalismo diventa letteratura quando è fatto in modo passionale”.
(Marguerite Duras)

Non sarà bello come il Mulino Bianco della pubblicità televisiva, ma l’area intorno al Malnome, presenta numerosi elementi di suggestione. Il principale è quel mulino è circondato da un’atmosfera del tutto particolare. Ne ha macinata acqua, a volte mite e silenziosa, altre volte impetuosa e irruente. Ora tutto è governato dalla corrente elettrica. Per più di quattro secoli è stato ‘il molino del Marchese’ poi è diventato ‘di Giardullo’ perché nel 1922, quando l’Italia conobbe una marcia su Roma, Pietro Giardullo pagò a Ferdinando Maresca 40 mila lire del tempo. Fu così che il molino del Malnome diventò suo e poi della sua famiglia. Si può dire che questo è l’evento che meglio segnala la fine del feudalesimo ad Albanella. Uno dei simboli del potere che passava ad uno degli ‘uomini nuovi’ che da un settantennio a questa parte hanno cambiato il volto a queste terre. Quell mulino era già lì da quattro secoli, su una vecchia porta c’è segnata la data ML più qualcosa c’e già nel 1665, nel Tavolario Pinto, dove il mulino risulta debitamente contabilizzato. Ed una quasi secolare contesa tra alcune famiglie nobili (Moscati, Baccher, Stefanelly e i Costabile) non riesce ad essere risolta dal Tribunale Civile di Salerno. Pietro Giardullo decide di diventare mugnaio (contro il parere dei fratelli) e fu così che oggi come gli Scacerni del ‘Mulino del Po’’ di Bacchelli, i suoi discendenti possono raccontare stralci di storia economico-sociale attraverso la loro vita quotidiana. Il Fascismo è già arrivato e la battaglia del grano è cominciata. Ed il grano da lavorare aumenta. Il loro mulino è al centro della vita sociale. I piccoli eventi della vita popolare, le leggende, i ritmi delle campagne, vecchie storie che rispuntano quando meno te lo aspetti. I clienti arrivano da tutti i paesi vicini: soprattutto da Altavilla e Roccadaspide. Ma quello è un Cuorno (così è il nome vecchio) di fiume e l’acqua d’estate scarseggia. Quando l’acqua e si può macinare c’è si dà fiato alla tofa, ed il suono che esce da una grossa conchiglia marina, fa accorrere i contadini. Ma la modernità incombe: Nel 1937, un’annata particolarmente siccitosa, si decise d’installare il motore a scoppio e poi l’elettricità fornita dalla Sedac. Poi arriva la guerra ed il razionamento. Si mangiava con la tessera. ‘Ma non bastava. La gente aveva fame’, racconta oggi Giuseppe Giardullo. Fu così che il capostipite dell’attuale dinastia dei mugnai dovette combattere contro un’ordinanza di chiusura e conobbe l’onta del carcere. ‘Per fare bene alla gente dovevamo finanche prendere la corrente di contrabbando’, dice sempre Giuseppe. Furono momenti difficili ma il peggio arrivò il giorno dopo lo sbarco del 1943. Il molino si trovò in prima linea nei combattimenti tra tedeschi ed Alleati. E una bomba provocò la morte di Pietro e di sua figlia Margherita, che non aveva ancora nove anni. ‘Sono momenti che ho impresso nella mente come se fossero avvenuti ieri’, racconta Giuseppe. Poi arrivano gli anni del boom economico e si procederà ad una parziale opera di ‘industrializzazione’ del mulino. Sarà allora che verrà demolita un pezzo dell’arcata che conduceva l’acqua. ‘Se ci facessero trasferire l’impianto moderno, ci piacerebbe restaurare tutto’, aggiunge Annarita, la bionda giovane laureata della famiglia. Tutte le generazioni dei Giardullo lavorano al molino che conserva ancora le attrezzature vecchie di cinque secoli. Un vero museo all’aperto. Da visitare, approfittando della cortesia dei proprietari, e comprando qualche chilo della loro ottima farina.
LA CURIOSITA’
IL NOME DELLA ZONA. La zona dove sorge si chiama Cuorno (e non Corno, come oggi si dice) o Malnome’ Una risposta ce la fornisce la causa fu istruita nel 1850 dal Tribunale di Salerno. Al centro della contesa c’è proprio il mulino che oggi è dei Giardullo. Il proprietario di allora, don Giuseppe Costabile, tenta di riparare ad una procedura di pignoramento riparandosi dietro ai due nomi contrassegnano la zona ed il corso d’acqua che l’attraversa. Cuorno o Malnome’ La tecnica dilatoria regge poco e le stesse carte restituiscono la verità: fu un usciere dello stesso Tribunale che, nel 1812, infastidito da quel “Cuorno” lo ribattezzò, seduta stante, “Malnome”. Nei decenni successivi la disputa ebbe un nuovo capitolo, del tutto salomonico: la zona si chiamerà “Corno o Malnome”.
COM’ERA. ‘Si tratta di un’opera colossale. Contiene una più che solida ed imponente opera di di solidi massi di travertino squadrati, incassati con replicati grapponi di ferro impiombati, con solidi muri di accompagnamento dell’estesa struttura di pietra di taglio, platea e sottoplatea, portellone e stipiti di pietra di taglio a saracinesca, ed a tutta regola costruttoria, come opera moderna, osservandosi all’oggetto la cassa di legname nell’alveo del torrente. Inoltre un cosiddetto Acquaro a canale per la torre di carico a bottazzo (‘) che attraversa dalla origine della presa delle acque, cioè la Difesa del Ciglio. (..) Dal Bottazzo poi che si costruisce da un solido scavato… (…).  “Il molino macinante ad acqua è sito e posto nella Fiumara del Cuorno, dove si dice di Chiani Pagani e l’Ischia di Santa Margarita, quale al presente è disabitato ed imboscato, però vi è il suo acquidotto e forma di fabbrica per portare l’acqua in esso molino che con qualche spesa si può risarcire e coprire, e con facilità si può ridurre alla macina,
Cosa è cambiato dal 1665’ Ce lo racconta l’architetto Marano. “Allora era disabitato, oggi le due infelici camerette superiori sono abitate da un povero mugnaio. Allora il terreno circostante era imboschito oggi è coltivato. Allora le due camerette superiori erano scoperte, oggi sono coperte. Allora era inattivo per le avvenute degradazioni e per l’abbandono oggi è attivo e macina’.
Non sarà bello come il Mulino Bianco della pubblicità televisiva, ma l’area intorno al Malnome, presenta numerosi elementi di suggestione. Il principale è quel mulino è circondato da un’atmosfera del tutto particolare. Ne ha macinata acqua, a volte mite e silenziosa, altre volte impetuosa e irruente. Ora tutto è governato dalla corrente elettrica. Per più di quattro secoli è stato ‘il molino del Marchese’ poi è diventato ‘di Giardullo’ perché nel 1922, quando l’Italia conobbe una marcia su Roma, Pietro Giardullo pagò a Ferdinando Maresca 40 mila lire del tempo. Fu così che il molino del Malnome diventò suo e poi della sua famiglia. Si può dire che questo è l’evento che meglio segnala la fine del feudalesimo ad Albanella. Uno dei simboli del potere che passava ad uno degli ‘uomini nuovi’ che da un settantennio a questa parte hanno cambiato il volto a queste terre. Quell mulino era già lì da quattro secoli, su una vecchia porta c’è segnata la data ML più qualcosa c’e già nel 1665, nel Tavolario Pinto, dove il mulino risulta debitamente contabilizzato. Ed una quasi secolare contesa tra alcune famiglie nobili (Moscati, Baccher, Stefanelly e i Costabile) non riesce ad essere risolta dal Tribunale Civile di Salerno. Pietro Giardullo decide di diventare mugnaio (contro il parere dei fratelli) e fu così che oggi come gli Scacerni del ‘Mulino del Po’’ di Bacchelli, i suoi discendenti possono raccontare stralci di storia economico-sociale attraverso la loro vita quotidiana. Il Fascismo è già arrivato e la battaglia del grano è cominciata. Ed il grano da lavorare aumenta. Il loro mulino è al centro della vita sociale. I piccoli eventi della vita popolare, le leggende, i ritmi delle campagne, vecchie storie che rispuntano quando meno te lo aspetti. I clienti arrivano da tutti i paesi vicini: soprattutto da Altavilla e Roccadaspide. Ma quello è un Cuorno (così è il nome vecchio) di fiume e l’acqua d’estate scarseggia. Quando l’acqua e si può macinare c’è si dà fiato alla tofa, ed il suono che esce da una grossa conchiglia marina, fa accorrere i contadini. Ma la modernità incombe: Nel 1937, un’annata particolarmente siccitosa, si decise d’installare il motore a scoppio e poi l’elettricità fornita dalla Sedac. Poi arriva la guerra ed il razionamento. Si mangiava con la tessera. ‘Ma non bastava. La gente aveva fame’, racconta oggi Giuseppe Giardullo. Fu così che il capostipite dell’attuale dinastia dei mugnai dovette combattere contro un’ordinanza di chiusura e conobbe l’onta del carcere. ‘Per fare bene alla gente dovevamo finanche prendere la corrente di contrabbando’, dice sempre Giuseppe. Furono momenti difficili ma il peggio arrivò il giorno dopo lo sbarco del 1943. Il molino si trovò in prima linea nei combattimenti tra tedeschi ed Alleati. E una bomba provocò la morte di Pietro e di sua figlia Margherita, che non aveva ancora nove anni. ‘Sono momenti che ho impresso nella mente come se fossero avvenuti ieri’, racconta Giuseppe. Poi arrivano gli anni del boom economico e si procederà ad una parziale opera di ‘industrializzazione’ del mulino. Sarà allora che verrà demolita un pezzo dell’arcata che conduceva l’acqua. ‘Se ci facessero trasferire l’impianto moderno, ci piacerebbe restaurare tutto’, aggiunge Annarita, la bionda giovane laureata della famiglia. Tutte le generazioni dei Giardullo lavorano al molino che conserva ancora le attrezzature vecchie di cinque secoli. Un vero museo all’aperto. Da visitare, approfittando della cortesia dei proprietari, e comprando qualche chilo della loro ottima farina.
orestemottola@gmail.com