venerdì 24 agosto 2012

La Collina degli Ulivi: "Raccontaci i tuoi luoghi del cuore”.- IL REGOLAME...

La Collina degli Ulivi: "Raccontaci i tuoi luoghi del cuore”.- IL REGOLAME...: REGOLAMENTO del concorso a premi promosso dalla Società Editore: Calore s.r.l. Sede Legale: Via S. Giovanni, 86 - Villa Littorio - Laurin...

La Collina degli Ulivi: "Raccontaci i tuoi luoghi del cuore”.- IL REGOLAME...

La Collina degli Ulivi: "Raccontaci i tuoi luoghi del cuore”.- IL REGOLAME...: REGOLAMENTO del concorso a premi promosso dalla Società Editore: Calore s.r.l. Sede Legale: ViaScrivi S. Giovanni, 86 - Villa Littorio - Laurin...

lunedì 21 maggio 2012


Roccadaspide, Tenuta la Cardonia di Gennaro D’Alessio & co.

21 maggio 2012
Gennaro D'Alessio
di Giulia Cannada Bartoli
Gennaro D’Alessio coltivava questo sogno da anni. Un ritorno alle origini e alle tradizioni del pascolo e della mungitura.
Lui ( ex socio del caseificio Rivabianca) sta ristrutturando un vecchio casale a Roccadaspide a circa 600 metrisul livello del mare. i lavori sono all’inizio, ma per i primi tempi, D’Alessio si appoggerà presso un altro caseificio di amici.

il progetto definitivo
Le bufale staranno nel parco e foraggeranno al pascolo proprio come una volta. Non ci sarà iper produzione: al massimo 100 chili al giorno. Nessun utilizzo di pasta o latte congelato. Per arrivarci ci vogliono 20’ di tornanti  tra olivi e querce, m ne vale la pena. La frazione è Serre a 30’ da Paestum. Cardonia ha 4 soci, e deve il nome al fatto che quella zona fosse ricca di cardi.
rudere da restauro con i cardi
Le bufale ci spiega D’Alessio, hanno 10 mesi di gestazione, il che permette un controllo semestrale sulla qualità del latte che può essere lavorato a crudo e non pastorizzato. Il paesaggio è rupestre e poco urbanizzato, ideale per il pascolo.
bufala
Al termine della visita al casolare da riattare, assaggiamo i prodotti che hanno seguito questi criteri: una vera meraviglia, altro che “bufala”. Ad maiora.
treccia e bocconcini

ricotta di bufala

sabato 19 maggio 2012

Roscigno-LA CITTA' DIMENTICATA-FANTASMA


Roscigno è un comune italiano di 860 abitanti della provincia di Salerno in Campania.
Roscigno fa parte della Comunità montana Alburni, del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano e della Diocesi di Teggiano-Policastro.
Il nome del paese è una derivazione dalla dizione dialettale "russignuolo", vale a dire usignuolo. Ha una economia agricola: abbondano sul suo territorio numerosi terreni coltivati ad olivi e viti.
Roscigno è un comune italiano di 860 abitanti della provincia di Salerno in Campania.
Roscigno fa parte della Comunità montana Alburni, del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano e della Diocesi di Teggiano-Policastro.
Il nome del paese è una derivazione dalla dizione dialettale "russignuolo", vale a dire usignuolo. Ha una economia agricola: abbondano sul suo territorio numerosi terreni coltivati ad olivi e viti.
Il nome del paese dalla ricostruzione storica deriva da "Russino" che compare in alcuni scritti del 1086 (custoditi presso l'Abbazia territoriale della Santissima Trinità di Cava de' Tirreni) quando il signore di "Corneto" (Corleto Monforte) donò la chiesa di S. Venere all'abbazia di Cava.
Il piccolo borgo di "Russigno" e "Ruscigni" si può trovare impresso in molti scritti di epoca medievale.
Roscigno Vecchia: "Il paese che cammina" [modifica]

Qualsiasi studioso che intraprenda uno screening serio sulla storia di Roscigno si accorgerebbe subito che questa è la definizione giusta per il piccolo borgo abbandonato di "Roscigno Vecchia". Il movimento franoso che nel corso dei secoli ha costretto gli abitanti di Roscigno Vecchia alla migrazione forzosa dalle zone più basse del centro storico verso la località nominata "Piano" (in cui oggi è situata l'imponente Piazza Giovanni Nicotera).
La tenacia certosina, l'orgoglio, i sacrifici dei cittadini di Roscigno Vecchia e le continue ricostruzioni del centro abitato con i materiali di risulta provenienti da precedenti crolli di case che si trovavano nella parte sud dell'antico abitato hanno fatto nascere il mito del "paese che cammina".

IL MIO ITINERARIO:
http://g.co/maps/tgc3k

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SI vive anni e anni ma in realtà viviamo solo in quei momenti che passiamo sulla sella della nostra moto, il resto del tempo.. lo si passa ad aspettare il domani per risalire sulla moto e continuare a vivere...

martedì 27 marzo 2012

Piccirillo, il trattorista

Grande trattorista contoterzista o rivenditore di pneumatici? Aratore o trebbiatore? Antonio Di Verniere, recentemente scomparso a quasi novant’anni ci teneva a ricordare altri suoi record: sessanta uova fresche bevute per scommessa in poco più o meno di un’ora; l’essere riuscito a entrare in Svizzera legalmente ma senza documenti e la partecipazione alla seconda guerra mondiale senza sparare un colpo. E i primi mestieri svolti da bambino, a Persano: dallo “sciolaciaule” all’acquaiuolo. A seguire i suoi meriti nel campo della meccanica agricola, dove fu un innovatore, e la capacità di tenere buoni rapporti con tutti, dispensando parole dolci, e poi i cinque figli tutti colti, con laurea, ma rigorosamente alla mano. Non aveva le ipocrisie del commerciante nato, zi’ ‘Ntonio Piccirillo nato nel 1922, nell’anno della marcia su Roma. Nell’Altavilla del secondo dopoguerra era uno che, semplicemente era ben disposto verso tutti, e dalla sua libretta piena di carte, sciorinava tessere del Pci e della Dc, dell’Azione Cattolica e della Cgil. Poiché a nessuno voleva dispiacere. Primo passo indietro: perché l’abbiamo sempre chiamato Piccirillo, tanto che molti hanno sempre ignorato che avesse un cognome diverso da Piccirillo? Tutto comincia da Persano, l’attuale zona militare, dove il nostro trascorre la sua infanzia, libero e felice. Ci arriva per i meriti di guerra e politici del padre. Le elementari le ha frequentate su al paese in collina e sulle sue pagelle, lo ricorda spesso ai nipoti, c’era sempre scritto un giudizio assai lusinghiero: “lodevole”. A zi’ ‘Ntonio sarebbe piaciuto continuare gli studi, ma nell’Altavilla degli anni Trenta questa possibilità era appannaggio solo di poche famiglie. Approda così a Persano, dove il padre ha un impiego. E comincia la sua carriera. A 10 anni il piccolo Antonio è “sciolaciaule”, vale a dire addetto a spaventare quegli uccelli, le ghiandaie, della famiglia dei corvidi, che depredavano le grandi coltivazioni di frumento e foraggi che alimentavano le scelte mandrie dei cavalli. Solo l’anno dopo è già promosso “acquaiuolo”, ovvero trasportatore d’acqua per le centinaia di braccianti e mandriani dell’allora tenuta reale. C’è un gruppo nutrito di giovani donne al lavoro, sono le “jevulese”, le ebolitane, che si distinguono per l’orgoglio nel loro lavoro e anche per modi comportamentali chele nostre compaesane non si permettevano. Per loro è subito “chillu bellu picciririllo”, sia per l’età che per l’altezza. Da qui “Piccirillo”. A 17 anni, zi’ ‘Ntonio è a Roma, studente al Centro per la meccanica agraria delle Capannelle, dove la parte pratica è preponderante. Poteva restare alle dipendenze statali a Persano, ma scelse la libertà di non stare sotto un padrone, seppure statale. In mezzo c’è la guerra, anche Antonio deve partire, ma riesce – non si sa come – a esercitare il suo pacifismo, quello che rimarrà sempre il tratto fondamentale del suo stile di vita. L’armistizio dell’8 settembre del 1943 lo coglie nei dintorni di San Marino e dalla repubblica del Titano comincerà la lunga marcia a piedi. Da sbandato, così come venivano chiamati i nostri soldati che semplicemente scelsero individualmente di mettere fine alla loro partecipazione a una guerra che non avevano mai sentito come propria. I tedeschi e i fascisti lo arrestarono e stavano per fucilarlo dopo avergli anche fatto scavare la fossa. Ma accadde qualcosa, forse un agguato dei partigiani, e lui riuscì a scappare. Tornato al paese cominciò la vita che aveva sempre sognato: padrone dei suoi mezzi di lavoro, un dipendente Alfredo “il salariato”, terre da arare e grano da trebbiare. Per oltre 40 anni ha trebbiato il frumento di Polla, ospite dell’aia della famiglia Sasso, e sempre dimenticandosi di avvertire che a Caggiano non avrebbe più fatto in tempo a passare. Il figlio Germano, il geologo, ci riassume la sua filosofia di vita: ”Quando era periodo di lavoro intenso (aratura o trebbiatura) la sera a casa era assediato da tantissime persone ognuna con le sue esigenze e che pretendeva le prestazioni di mio padre per il giorno dopo; lui era quasi costretto a promettere a tutti di andare per l'indomani e quando restava finalmente solo, si affacciava sulla porta, guardava il cielo e diceva "ah! si chiuvesse nu poco"; in questo modo la pioggia avrebbe messo tutti d'accordo. Allo stesso modo quando era assillato da tanti impegni dopo una giornata di duro lavoro senza respiro, era convinto che bisognasse staccare la spina e riposare, sentenziando "dimane juorno luce"; vale a dire dormiamoci sopra, domani al far del giorno di vedrà come affrontare nuovamente i problemi”. Va ricordato il suo talento nella meccanica che si esprimeva nei miglioramenti alle funzionalità che apportava e che – senza nulla pretendere – faceva presente alle varie case costruttrici. Infatti, da Landini, a Reggio Emilia, o alla Laverda, nel bergamasco, era di casa e vi trascorreva lunghi periodi. “Partiva, in treno, e non avvertiva sul ritorno, anche perché mica lo programmava quei viaggi”, ricorda Germano. Un genio, per tanti aspetti diversi, che non ha mai messo l’aspetto commerciale in testa alla sua azione. Ritirato dall’attività professionale non tanto a causa dell’età che si faceva più avanzata ma perché il mondo agricolo nel quale era cresciuto, dove la parola data contava più di una firma, stava radicalmente cambiando. Zì ‘ntonio mai aveva rinunciato alla sua bonomia e simpatia e durante le gite dei soci della Bcc Altavilla lui era l’animatore quasi ufficiale. Al suo funerale questi racconti passavano di bocca in bocca e lui sembrava comparire ora di qua e ora di là, come lo è già nella letteratura altavillese, dove è nelle pagine di padre Candido Gallo, Franco Di Venuta e Rosario Messone.

Oreste Mottola

mercoledì 7 marzo 2012

Mozzarella di bufala. Rivabianca batte Il Granato e Vannulo a Paestum

DI Vincenzo Pagano - CANALE Scatti di cibo -

Mozzarella di bufala e bel tempo. Il binomio è inscindibile e con l’approssimarsi delle vacanze di Pasqua e dei weekend lunghi di primavera il consumo aumenterà soprattutto su una delle principali direttrici: la strada della mozzarella per antonomasia, la SS 18 nel tratto tra Battipaglia e Capaccio-Paestum. È qui che si concentrano i caseifici che hanno fatto della vendita diretta ai turisti riscopertisi gourmet almeno per un viaggio andata-ritorno dal Cilento e dintorni.

Il film è sempre lo stesso: ci si ferma sul lato della strada che si percorre per acquistare l’oro bianco. Come già scritto per la Top Five della mozzarella di Paestum 2011, è bene prevedere di spendere qualche minuto in più per acquisti sull’altro lato della strada o per una divagazione intorno all’area archeologica dei templi.

Il ridotto tempo a disposizione mi ha permesso solo un acquisto lampo in 3 caseifici, due all’andata e uno al ritorno, rispetto ai 5 precedenti e ai 10 dell’area casertana. Vannulo e Il Granato andando verso Pollica e Rivabianca durante il ritorno a Roma. Posizioni alte della classifica con la ormai non più novità de Il Granato, il pioniere e primo assoluto Vannulo e l’eterno secondo Rivabianca. Almeno stando al sentire diffuso.

Tre assaggi effettuati a 1 giorno di distanza (anche di acquisto) che hanno riservato qualche deludente sorpresa. Da specificare che i formati acquistati per due caseifici (Vannulo e Rivabianca) sono quelli meno indicati per gustare al meglio la mozzarella (e cioè i bocconcini), mentre per il Granato è stato possibile acquistare un’aversana da 500 grammi.

Vannulo. La consistenza del piccolo formato non è esattamente quella che ha reso famosa l’azienda modello di Antonio Palmieri. Qualche leggero segno di cedimento della superficie crea qualche dubbio. Anche la texture non è tra le più performanti. Mozzarella che “scricchiola” poco e salatura non perfetta. Resta comunque a livelli molto alti.

Il Granato. Ha un brutto aspetto la mozzarella del caseificio di più recente apertura. La superficie raggrinzita, bitorzoluta e con un effetto di pelle cadente non è molto invogliante. Texture a tratti farinosa e quantità di latte in uscita molto superiore alla media. In bocca è meno “orripilante” rispetto all’aspetto esteriore. Rimandata a una successiva verifica.

Rivabianca. Alle 13,00 il laboratorio è in fermento e si stanno preparando le aversane da 500 grammi. Nonostante qualche insistenza, la signora al banco ci dice che è possibile acquistare soltanto bocconcini. Ci arrendiamo e aggiungiamo nel pacco in polistirolo una scamorza affumicata (9,90 € al kg, recita la promozione) e una fetta di cacioreale da grattugiare. L’aspetto esteriore dei bocconcini è bello. Convincente il morso e precisa la salatura, note che in un formato così piccolo sono maggiormente premianti rispetto ad aversana e treccia.

Classifica. Rivabianca si aggiudica il match nonostante l’handicap del formato minore sopravanzando Vannulo. Poco convincente la mozzarella de Il Granato che disponeva sulla carta del migliore formato.

martedì 6 marzo 2012

Cerimonia laica di commemorazione e Mostra di "Arte Accaduta"
- In ricordo di Maurizio Mottola -
lunedì 12 marzo 2012 ore 17



presso
Club del Benessere
Salita Pontecorvo 11 b, Napoli (Naples, Italy)

Si svolgerà lunedì 12 marzo 2012 alle ore 17, presso Club del Benessere di Napoli (salita Pontecorvo, 11 /b), la cerimonia laica di saluto a Maurizio Mottola, scomparso martedì 22 febbraio. In tale occasione, l’anniversario del suo 61esimo compleanno, sarà allestita la mostra dello psichiatra e psicoterapeuta napoletano dal titolo Arte Accaduta - produzioni artistiche scaturite dall'interazione con il computer. “Mottola –spiegano il critico d’arte Maurizio Vitiello e l’artista partenopea Adriana Del Vento invitati a curatore l’inaugurazione– ci aveva coinvolto nella realizzazione dell’evento prima della sua tragica scomparsa e così abbiamo deciso, di comune accordo con i familiari Claudia, Marcello e Marianna di realizzare lo stesso la mostra nell’ambito di una più ampia commemorazione”. Nato a Napoli nel marzo del 1951, dopo essersi laureatosi giovanissimo in Medicina e Chirurgia, Maurizio Mottola svolse una brillante carriera all’interno del servizio sanitario nazionale come psichiatra e psicoterapeuta, fino a diventare dirigente medico di psichiatria all’ASL Napoli 1, presso l’Unità Operativa di Psicologia Clinica e dell’Età Evolutiva. Tale competenza lo portò, dall’ottobre 2000 al maggio 2009, ad essere componente della Commissione per la valutazione dell’idoneità delle scuole di formazione in psicoterapia del Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca, realizzando nove anni di presenza ininterrotta e partecipando ad oltre ottanta riunioni. La sue esperienza sul campo lo portò in diverse occasioni, l’ultima durante 2004, docente invitato alla Cattedra di Psichiatria della II° Università degli Studi di Napoli dove tenne i corsi in “Legislazione psichiatrica ed organizzazione dipartimentale dei servizi psichiatrici” e “Legislazione psichiatrica e normativa sulla psicoterapia”.
Il tutto senza dimenticare mai le sue passioni: la politica da un lato e l’arte dall’altro.
Sin dal 1973 fu impegnato come militante politico nel movimento radicale. Più volte candidato alle elezioni nella lista Pannella e nella lista Bonino, Mottola si legò alle iniziative radicali in favore dei diritti civili e per la libertà di scelta, con particolare attenzione per i temi del divorzio, opponendosi al referendum che ne chiedeva l’abolizione, per la depenalizzazione del reato di aborto, prima attraverso il libro Verso l’aborto non chirurgico e poi con la formazione dell’Associazione per l’aborto farmacologico, ponendo rilievo sull'interruzione volontaria della gravidanza attraverso l'aborto farmacologico tramite RU486. Poi, in quanto psichiatra, fu rilevante il suo impegno per l’abrogazione della legge manicomiale del 1904 che non s’interruppe con il successo per l’approvazione della legge 180/1978 di riforma psichiatrica. Infatti, in tutti i lustri successivi, Maurizio Mottola promosse ed organizzò convegni e dibattiti sul tema dell'applicazione e della valutazione di proposte di modifica della legge 180/1978 di riforma psichiatrica, sottolineando come “l'approvazione della legge 180 aveva evitato sia il referendum promosso dal Partito Radicale che l'ampio confronto nel paese sul tema della follia, che suscita ancora oggi una profonda paura, seconda unicamente alla paura della morte”. La passione per la politica proseguì affiancandosi a quella per il giornalismo e nel corso degli anni collaborò prima con Quaderni Radicali, rivista dell’ex-segretario del Partito Radicale Giuseppe Rippa, e , negli ultimi dieci anni della sua vita, anche con Agenzia Radicale, supplemento web di QR e con IL MESE di Quaderni Radicali rivista telematica.
L'esposizione di lunedì invece presenterà al pubblico le produzioni artistiche salienti, quelle scaturite dall’interazione con computer tra il 2007 e il 2011, nate per errore e trasformate in arte secondo una logica basata sul principio di causa ed effetto. “La nostra tradizione occidentale – ci riferisce Vitiello mentre sfoglia il comunicato stampa che Mottola aveva già preparato per l’evento- si basa molto sull'assunto poietico del fare partendo sempre da un'intenzione e un'abilità operativa. Invece utilizzando un approccio Zen, Maurizio non aveva effettuato nessun intervento se non quello di riprodurle per averne 99 copie numerate, facendo nascere un’arte accaduta. L'uomo – continua - può intervenire efficacemente sulla realtà, ma alla fine è la realtà che accade come risultante di un intreccio di forze il cui senso di svolgimento e cognitivamente inafferrabile nella sua complessità”. Al di là delle intenzioni dell'operatore di produrre opere d'arte attraverso un processo soggettivo di attribuzione di senso l’intero avvenimento, che prevederà una cerimonia commemorativa presieduta da amici, parenti e colleghi, e la cui mostra rappresenta solo un aspetto, sembra scaturire da metafora di equilibrio che rende omaggio al concetto Zen di “impermanenza”, in cui tutto diviene e continuamente si trasforma, evidenziando il ciclo vitale della nascita, della durata e della morte, che oltre gli esseri umani riguarda l’intero universo in continua trasformazione.

giovedì 1 marzo 2012

Quote latte, le multe si pagano

Le multe per le quote latte vanno pagate in base alle leggi vigenti. A confermarlo è la risoluzione approvata ieri mattina dalla commissione Agricoltura della Camera a larga maggioranza, con l’esclusione della Lega Nord che al momento della votazione ha abbandonato i lavori e dell’Idv che si è astenuta. «Se al governo serviva una posizione chiara, noi come Parlamento gliel'abbiamo fornita» ha detto il presidente della commissione Paolo Russo (Pdl) ricordando che fino ad oggi il conto è stato di 3 miliardi, risorse sottratte a tutti gli agricoltori italiani. Una risoluzione che, secondo Russo, mette al bando le furbizie, perché «non ci può essere lo stupido che ha pagato e il furbo che non solo non ha pagato, ma pretende anche di essere applaudito». Un atto della Commissione che il ministro delle Politiche agricole, ha prontamente condiviso. «La posizione del Parlamento è la posizione del governo» ha detto Mario Catania, tenendo a precisare che il governo «non ha mai avuto dubbi sulla necessità di applicare correttamente e doverosamente la normativa comunitaria e tanto meno sull'impossibilità di qualsiasi condono, sanatoria, totale o parziale». Ma la Lega Nord non ci sta. I due deputati leghisti Sebastiano Fogliato e Corrado Callegari parlano di «sceneggiata, il cui unico obiettivo è la contrapposizione politica» sottolineando, a questo proposito, come la commissione fosse gremita di colleghi completamente estranei alla vicenda. «Il Nord produce il latte – ironizza Fogliato – mentre il Sud le quote latte; ognuno ha i suoi primati». E ancora: «I furbetti così come gli stupidi, come tu definisci chi non ha pagato e chi ha pagato le multe, sono allo stesso modo vittime di un sistema falsato. Invece di obbligare tutti a pagare bisogna fare chiarezza su un sistema che non funziona e che ha imbrogliato tantissimi agricoltori. Quegli agricoltori che con questa risoluzione voi avete obbligato a pagare multe non dovute e che voi avrete sulla coscienza» commenta Fabio Rainieri parlamentare parmigiano della Lega Nord e segretario della Commissione Agricoltura, ieri assente per malattia. «I furbetti come tu li hai definiti – continua Ranieri sempre rivolgendosi a Russo – sono agricoltori e alcuni di questi a causa della questione quote ci hanno rimesso la vita. Sono agricoltori che ogni mattina si alzano all’alba e che lavorano tutto il giorno tutti i giorni. Sono allevatori che conoscono il settore e che, a differenza tua, sanno cosa vuol dire mungere le vacche. Perchè con la mozzarella di bufala non hai tenuto lo stesso comportamento?». Plaudono invece alla risoluzione le organizzazioni agricole. Se per la Coldiretti non c'è più alcuna motivazione per un’ulteriore proroga del pagamento delle multe, la Cia auspica che si arrivi finalmente alla conclusione della vicenda, mentre per Confagricoltura è la fine di una stagione. «La Commissione agricoltura ha chiarito che la stagione degli alibi è finita» commenta il presidente Mario Guidi. «La Commissione agricoltura della Camera ha indicato al governo una posizione chiara, coerente con le disposizioni di legge e che non lascia adito a dubbi - afferma Guidi - ci auguriamo che la questione venga archiviata una volta per tutte; chi non ha rispettato le norme - conclude - ha avuto diverse occasioni per mettersi in regola e non lo ha fatto perché pensava, nonostante tutto, di farla franca».

lunedì 27 febbraio 2012

Petrolio in Cilento: la Shell vuole aprire pozzi nella Valle di Diano In otto comuni della Valle di Diano, da qualche giorno c’è forte inquietudine: a Atena Lucana, Montesano Sulla Marcellana, Padula, Polla, Sala Consilina, Sant’Arsenio e Teggiano potrebbero arrivare le trivelle della Shell per cercare petrolio. Nel cuore della Campania? Eh si, siamo nell’Appennino lucano dove i monti della Maddalena e Monte Cavallo separano il Cilento dalla Basilicata, regione in cui sono già presenti pozzi estrattivi. Spiega a StileTv Simone Valiante, delegato nazionale Anci per i Parchi e le riserve naturali: Il Vallo di Diano è un territorio a vocazione agricola e ricco di risorse paesaggistiche. Il paventato progetto della Shell di un’ installazione di pozzi petroliferi nei comuni che rientrano nel progetto “Monte Cavallo” è , dunque, paradossale. Gli 8 sindaci già si sono espressi negativamente rispetto alla richiesta di autorizzazione avanzata da Shell e lo hanno dichiarato con un documento congiunto No al petrolio al termine della riunione che si tenuta alla Comunità Montana nella Certosa di San Lorenzo a Padula. Da questa riunione è nato anche il Comitato spontaneo No al petrolio nel Vallo di Diano che ha già accolto le telecamere di Ambiente Italia per una puntata speciale su RaiTre il prossimo 3 marzo. Annunci Google Energia a KM Ø www.officinaeverdi.it Diventa Produttore Di Energia Da Fonti Rinnovabili e Risparmia! Idrosonda Srl www.idrosonda.it Trivellazione pozzi e manutenzione Assistenza specializzata e permessi Le trivellazioni nel Vallo di Diano non sono richiesta recente. Quasi 15 anni fa anche la Texaco aveva richiesto l’autorizzazione a perforare. Ricorda Il giornale del Cilento: Nel 1997 i cittadini del Vallo di Diano si mobilitarono alla notizia che un gruppo di società petrolifere avevano ottenuto permessi per eseguire un pozzo esplorativo alla ricerca di giacimenti petroliferi ad oltre 4000 m di profondità. Dissonante rispetto al coro dei no è la voce dell’AIV Associazione Imprenditori Vallo di Diano che chiedono agli amministratori e sindaci, pressoché i medesimi di 15 anni fa di riflettere. Lo fanno attraverso le parole del loro presidente, Valentino Di Brizzi che spiega di essere: preoccupato del fatto che, a mio avviso, il nostro territorio ha già una serie di problemi di inquinamento da risolvere; per di più, se pure decidessimo di non autorizzare le estrazioni, queste potrebbero tranquillamente essere effettuate nel territorio della Basilicata, a pochi chilometri di distanza. Che cosa succederebbe, infatti, se le estrazioni di petrolio, anziché essere autorizzate da noi, e da noi controllate, avvenissero a pochi chilometri da Montesano Sulla marcellana nel primo comune confinante lucano?Avremmo o no le stesse ripercussioni ambientali? Non sarebbe allora il caso di fare in modo che, se estrazioni ci devono essere, siamo noi che viviamo in questa terra ad indicare in che punti le stesse possano essere effettuate? Insomma, sostiene sia necessario lasciare uno spiraglio aperto alle trivellazioni. Il Comitato del No, invece, cavalcando la battaglia di 15 anni fa ritiene che nessuna trivella debba mai entrare in Vallo di Diano poiché come ebbe modo di mettere in guardia il prof. Ortolani vi è un rischio enorme e irreparabile nel veder collassare, a causa delle trivellazioni del pozzo Michele1, la falda acquifera presente: Sarebbe un errore imperdonabile provocare l’inquinamento di risorse idriche strategiche rinnovabili, destinate a persistere in eternità sul territorio e quindi a disposizione di tutte le generazioni umane future, in seguito ad una non completa e corretta valutazione dei rischi connessi all’estrazione degli idrocarburi; va considerato, inoltre, che la conoscenza dei problemi ambientali connessi alle azioni dell’uomo deve consentire di adottare ubicazione delle perforazioni tali da non danneggiare le risorse idriche.
Scaramella, come avvenivano le demolizioni al Parco del Vesuvio ROMA- C’è anche un irpino, un imprenditore della provincia, tra i nove indagati insieme a Mario Scaramella, consulente della Commissione Mitrokhin, istituita dal governo Berlusconi nel 2002 sotto la presidenza dal senatore Paolo Guzzanti, conosciuto a livello nazionale per due vicende: le presunte dichiarazioni di ex ufficiali dei servizi russi (in particolare da Aleksandr Litvinenko), tra i politici italiani che sarebbero stati in contatto con il Kgb vi sarebbe stato l'ex premier Romano Prodi ed il ricovero per presunta infezione da polonio, quello che aveva ucciso proprio Litvinenko. Nel processo di questa mattina, però, di spy storie c’è ben poco. Anzi, nulla. l’accusa è di associazione a delinquere e truffa ai danni dell'Ente Parco del Vesuvio. I.S, queste le iniziali dell’irpino indagato, insieme all'ex compagna di Scaramella e «special assistant secretary general» dell'Ecpp, Giorgia Dionisio; il detective Fulvio Mucibello, ex consulente del Parco; l'interprete Andrey Ganchev; Cristian Trentola; Alfredo Carosella; Massimiliano Quintiliani. Scaramella e soci, avrebbero fatto risultare demolizioni eseguite e pagate, per almeno un milione di euro, quando queste non erano mai avvenute. L’accusa è di «avere, in concorso tra loro, impedito con mezzi fraudolenti l'espletamento della gara d'appalto per la demolizione di due manufatti abusivi (a Sant'Anastasia e Ottaviano) invitando alla gara solo ditte che non avrebbero potuto partecipare» perché sprovviste di autorizzazione Soa per le demolizioni, prive di mezzi e finanche di partita Iva.
Pollica, la città verde che cresce al ritmo del 10% l'anno In 'Green Italy' Ermete Realacci racconta la storia del comune che in 15 anni è diventato un'importante meta turistica campana. Obiettivo raggiunto grazie alla valorizzazione ambientale gestita da Angelo Vassallo, il sindaco-pescatore ucciso nel 2010 27 febbraio, 2012 Il comune di Pollica Parole Chiave Angelo Vassallo Libri Anticipazioni Libri Green Italy Chiarelettere Pollica Tg24 Eco Style Tutte le notizie sull'omicidio di Angelo Vassallo Libri: leggi tutte le anticipazioni di Sky.it di Ermete Realacci Nel secolo scorso Bob Kennedy spiegò in modo memorabile, senza nominarla, cosa fosse per lui la politica: «Ci sono coloro che guardano le cose come sono e si chiedono perché. Io sogno cose che non ci sono mai state, e mi chiedo: perché no?». Nel nostro paese c’è una storia, la storia di un piccolo comune del Cilento, che è l’incarnazione di questa idea della politica. Quel comune, meno di vent’anni fa, era un paese anonimo come ce ne sono tanti nel Sud Italia, un borgo di pescatori in lotta per la sopravvivenza, alle prese con l’impoverimento sempre in agguato, lo scoraggiamento dei giovani, lo spopolamento per mancanza di lavoro. Ma la storia ha virato, e oggi è una delle perle turistiche d’Italia, una di quelle tanto apprezzate anche dagli stranieri. Quel paese è Pollica, il comune di Angelo Vassallo, il «sindaco pescatore». Un comune che oggi è diventato un modello da esportazione, oggetto di convegni fin nella lontanissima Cina. L’ultimo viaggio di Angelo, infatti, prima di venire ucciso il 5 settembre 2010, lo aveva portato proprio all’ombra della Muraglia. Angelo è del ’53, figlio di un pescatore che nelle notti passate insieme in mare gli ha trasmesso valori semplici e saldi: «“In mare si è tutti uguali” ci spiegava papà – il ricordo è di Dario, fratello di Angelo, nel suo Il sindaco pescatore (Mondadori) – “Vale la regola del buon comportamento. Il mare va rispettato come i suoi frutti. Come va rispettata la legge.”» Angelo, da adolescente, segue la sorella a Roma per le scuole superiori. In quell’angolo di Cilento tentare di andarsene era un riflesso pavloviano. Ma al primo anno di liceo classico viene bocciato. Torna a casa. Torna a Pollica, al mare e alla pesca: un mestiere nel quale era molto bravo, del quale sarà sempre orgoglioso e che non smetterà mai di ricordare, anche con un pizzico di vanità, come fonte di un imprinting positivo. Nel 1995 si candida e diventa sindaco. Quello che trova è da mani nei capelli. L’amministrazione allo sbando, il comune e il territorio senza guida. Le finanze, innanzitutto: da tre anni il bilancio non solo non viene approvato, ma nemmeno presentato. Il porto di Acciaroli è inadatto ad accogliere i turisti. I palazzi storici si sgretolano, letteralmente. I ragazzi non trovano lavoro, e per cercare il loro futuro se ne vanno a Roma (lo hanno fatto anche alcuni dei fratelli di Angelo), o al Nord, quando non in Germania, Svizzera, Francia. Le case vengono abbandonate. Ma Angelo sembra guidato da quel demone positivo del «perché no?» evocato da Kennedy. Ha saputo immaginare per il suo paese un futuro di benessere. Nelle spiagge, nei panorami, nei castelli in rovina, nella cucina locale ha saputo vedere ciò che, arrivando qualche anno dopo, vi avrebbero visto turisti raffinati, uomini di cultura in viaggio da paesi lontani. Ha colto e ha indicato una direzione di marcia lungo la quale ha avuto la tempra e il coraggio di condurre l’intero paese. Angelo ha capito che i borghi marini di Acciaroli, Pioppi, a anche quelli su in collina, Galdo, Celso e Cannicchio, avrebbero potuto diventare una capitale della qualità della vita. «Perché dobbiamo trattare male la gente, proporgli cose scadenti, il mare sporco, la spiaggia disordinata e tanti rifiuti? Se saremo capaci di offrire qualità, sicuramente saremo premiati» diceva. Un modello di sviluppo che mette al centro l’ambiente «Siamo un diverso modello di sviluppo turistico» sintetizza Stefano Pisani, attuale sindaco di Pollica e per sei anni vice di Vassallo. «Per noi viene prima la necessità di preservare l’ambiente; il ritorno economico è solo una conseguenza.» È questa le legge che tutto governa a Pollica. Da qui nasce tutto. «Prima abbiamo pulito le nostre acque, poi sono arrivati i riconoscimenti, la notorietà e quindi i turisti.» La nuova storia di Pollica ha una data di nascita. È il 1998, quando vengono messi in funzione i primi depuratori del Cilento, quelli di Acciaroli e Pioppi, appunto. I lavori erano partiti nell’85, ma, come nel costume italico, erano fermi da anni. Con l’elezione di Vassallo i cantieri riaprono. Da allora fioccano i riconoscimenti. Dalle Bandiere blu della Fee (Foundation for environmental education) – Pollica riceve addirittura una menzione speciale come località turistica più volte insignita del premio – alle Cinque vele di Legambiente, che per Acciaroli e Pioppi sono ormai un appuntamento fisso. A spiegare questi premi, però, le acque pure e cristalline non bastano. C’è, appunto, quel diverso modello di sviluppo che mette al centro l’ambiente. Cemento zero, per cominciare. In una regione piagata dalle lottizzazioni selvagge e dall’abusivismo, uno dei primi atti del sindaco Vassallo fu l’abbattimento di una struttura, uno stabilimento balneare, che deturpava la spiaggia di Acciaroli dagli anni Settanta. Oggi vige un piano urbanistico comunale rigoroso, che mette il territorio al riparo da minacciose lottizzazioni. «Tutti i borghi di Pollica hanno mantenuto la loro metratura originale» spiega Pisani. «Invece di costruire abbiamo rivitalizzato quello che già c’era, incentivando alberghi diffusi, agriturismi, affittacamere e guest house.» L’uomo che ha trasformato buoni ideali in buona economia I turisti hanno premiato questa scelta: ai 2500 abitanti, d’estate si aggiungono fino a 40.000 presenze. In porto si fa la fila per gli approdi, le strade e i ristoranti sono gremiti. E quelli che sulla costa trovano il tutto esaurito scoprono l’interno, risalgono la collina, alimentando le strutture ricettive e il mercato immobiliare. Ecco, allora, che i prezzi delle case sono schizzati in pochi anni da 1000 a 8000 euro al metro quadro. «Il numero di visitatori cresce al ritmo del 10-11 per cento l’anno» racconta il nuovo sindaco. E cresce anche la qualità del turismo. «Un dato rivelatore è quello dei passaggi in porto. Sono 1500 circa le imbarcazioni che nell’ultima stagione hanno attraccato nel porto di Acciaroli. Ma mentre qualche anno fa i diportisti si fermavano solo per fare rifornimento, oggi la permanenza media è di tre o quattro giorni. Segno che Acciaroli è diventata una tappa fondamentale per chi va in crociera al Sud.» Non bisogna lasciarsi ingannare dai successi raggiunti. Pollica, Acciaroli, Pioppi non erano automaticamente destinate a un futuro positivo. Non hanno quelle straordinarie rendite di posizione prodotte dalla storia, dalla cultura e dalla natura che caratterizzano tanti luoghi italiani. È stata la capacità e l’iniziativa di Angelo e della sua amministrazione che ha permesso di ottenere tanti risultati e un forte rilancio turistico. Angelo era un bravo politico e un ottimo amministratore. Aveva fantasia, e la dote di saper trasformare buone idee e buoni ideali in buona economia. E sapeva che il cuore di questa buona economia è l’ambiente, la qualità, l’amore per la propria terra. Appena eletto sindaco, Angelo si rende subito conto che i rifiuti sarebbero stati una sfida cruciale. Allora trasforma un terreno abbandonato in un’isola ecologica, avvia la raccolta differenziata e si dedica a un lavoro capillare di educazione e coinvolgimento della popolazione. E oggi la differenziata supera l’80 per cento: uno dei risultati migliori in Italia, tanto più impressionante perché realizzato a 150 chilometri da Napoli. Poi ci sono gli investimenti sulle rinnovabili e l’efficienza energetica. Gli edifici del comune sfruttano l’energia del sole. L’illuminazione stradale, con lampade al vapore di sodio e riduttori, abbatte l’inquinamento luminoso e taglia i consumi del 30 per cento. Le strutture sportive comunali usano pannelli solari per scaldare l’acqua delle docce e quella della piscina. Per Angelo l’ambiente è un valore da preservare, ma non è intoccabile. La politica ambientale di Pollica, senza dubbio tra le più avanzate in Italia, è fatta anche di interventi per migliorare la fruibilità dei luoghi, di opere di riqualificazione. Per alcune delle quali il comune ha dovuto scontrarsi con una burocrazia preda di un’inerzia e un’ottusità talmente smaccata da far sospettare la malafede. È il caso del lungomare di Pioppi, oggi recuperato dal decadimento grazie a un percorso pedonale naturalistico, strutture ricreative e un parco giochi. Ma prima ci sono voluti il giudizio del Tar e quello del Consiglio di Stato. Grazie all’impiego di fondi comunitari è stato recuperato e restituito ai cittadini il settecentesco Palazzo Vinciprova a Pioppi (intitolato a Leone Vinciprova, uno dei Mille di Garibaldi), oggi cuore delle attività della pro loco. Così come il trecentesco Castello Capano, acquistato e ristrutturato dal comune. O il convento di San Francesco, del Seicento. Vassallo ha creato il Museo del mare che ogni anno accoglie 11.000 visitatori, e pure un centro di talassoterapia. Un impegno totale, per uno stop all’emigrazione Ma il sindaco pescatore non si curava solo dei turisti. Il caso di scuola è Galdo. Il borgo stava per chiudere i battenti. Erano rimasti a viverci in cinquanta, tutti anziani. Non c’era nemmeno un negozio. Il comune l’ha rianimato cominciando con l’apertura di un emporio per i bisogni primari degli abitanti e portandoci un medico condotto; e con una terapia a base di appartamenti pubblici, condotte dell’acqua potabile, fognature, illuminazione, selciato rimesso a nuovo, centro letterario e caffè biblioteca. Ha cambiato i nomi delle vie scegliendo autori letterari. Insomma ha preso un borgo pronto per il de profundis e lo ha trasformato in un luogo di aggregazione e cultura dove per tutta l’estate si tengono spettacoli e concerti. I giovani locali non sono più costretti a salire su un treno per cercare altrove un lavoro: c’è il turismo, l’agricoltura biologica, la gestione del porto e dei vari centri – da quello sulla dieta mediterranea al convento dei francescani. «Il 70 per cento dei posti di lavoro nel settore dei servizi turistici è occupato da persone che vengono dai comuni limitrofi» sottolinea Pisani. «Un segnale molto positivo: vuol dire che i cittadini di Pollica sono imprenditori che danno lavoro ai vicini. Vuol dire che stiamo creando valore non solo ad Acciaroli ma nella fascia interna e nei paesi confinanti.» E per chi ha problemi a comprare casa, in un mercato spinto all’insù delle offerte dei compratori stranieri, il comune ha acquistato alcuni appartamenti nel centro storico e li affitta a canone irrisorio. Il risultato è che oggi a Pollica l’emigrazione non sanno cosa sia. «La popolazione è stabile, semmai c’è qualche emigrato che torna nella speranza di cogliere le nuove opportunità.» In passato non era così: tanto che il 10 per cento circa dei residenti del comune (300 persone) vive stabilmente all’estero, andato a cercare fortuna tra gli anni Settanta-Ottanta. Come fa un comune di 2500 abitanti, con i trasferimenti statali sempre più esili, a permettersi tutto questo? «È frutto di una gestione manageriale delle finanze comunali, che permette di non alzare le tasse e di evitare la paralisi che rischiamo con il patto di stabilità» argomenta Pisani, che di mestiere, nel tempo libero dagli impegni comunali, fa il consulente aziendale. Esemplare il caso del porto. «La gestione è direttamente nella mani del comune. Questo ci permette un impiego più efficiente delle risorse ottenute. Il porto è la nostra miniera.» Ma lo stesso discorso vale per i parcheggi, e per il nuovo impianto di rifornimento che il comune sta ultimando in porto, così come per il cantiere nautico del quale l’amministrazione sta tornando in possesso dopo un lungo periodo di concessione. Né l’impegno dei sindaco pescatore si è arrestato ai confini del suo comune. Vassallo, dal 1999 al 2006, è stato anche presidente della comunità montana «Alento Montestella », e in seguito presidente della comunità del Parco del Cilento. In quegli anni ha tracciato tutta la sentieristica, creato un vivaio per le specie a rischio di estinzione, e inaugurato un sistema antincendio. Nel Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, poi, ha giocato un ruolo decisivo nella stesura di un buon piano regolatore. Un grande marketing territoriale: Hemingway e la dieta mediterranea La grandezza di Angelo, però, va cercata anche in alcune vicende che travalicano il tradizionale recinto della buona amministrazione e che ne rivelano la grande creatività. Aveva una visione così nitida del futuro di Pollica che gli ha permesso di piegarne al suo progetto anche la storia. Fino a plasmare nuovi elementi identitari: altri tasselli di un patriottismo locale che oggi si respira in ogni vicolo. C’è un caso emblematico. Durante gli anni della guerra, per Acciaroli passano molti americani. All’albergo «La Scogliera » soggiorna un tipo barbuto, spesso ubriaco, tanto che i proprietari si vedono costretti a buttarlo fuori. Il tipo è Ernest Hemingway, corrispondente al seguito della quinta armata. La leggenda vuole che proprio in quel soggiorno Hemingway concepì, e forse scrisse, uno dei suoi indimenticabili capolavori, Il vecchio e il mare. «Il vecchio» è stato identificato in un pescatore di Acciaroli, Antonio Masarone, u viecchiu per via della canizie precoce. Prove definitive non ce ne sono, ma le coincidenze non mancano, e la storia è così suggestiva da non richiedere perizie filologiche per imporsi, in Italia e fuori. Oggi, all’ingresso del paese c’è una targa che racconta dell’amicizia di Hemingway e del viecchiu. L’ultimo incontro di cittadini americani amanti di Hemingway si è tenuto dopo la morte del sindaco. Ha avuto successo. Anche grazie alla presenza casuale nel porto di Acciaroli di un nipote di Hemingway in vacanza: la fortuna aiuta gli audaci. Quello che è riuscito a Vassallo è una grande operazione di marketing territoriale. Ma è anche qualcosa di più, qualcosa che richiede una personalità e uno spirito non comuni per arrivare a meta: il sindaco pescatore ha scelto un pezzo di storia del suo paese è ne ha fatto, magari con un pizzico di forzatura, uno dei pilastri dell’identità locale, insieme al mare, al sole, all’ospitalità. E non si è limitato a Hemingway. A Pioppi ha vissuto per molti anni Ancel Keys. Keys è stato l’inventore della famosa «razione K», presenza fissa negli zaini delle truppe statunitensi durante la seconda guerra mondiale. Arrivato a Pollica negli anni Quaranta, il celebre nutrizionista scopre nel desinare povero di quei pescatori la dieta mediterranea con tutte le sue virtù. Vassallo coglie questo elemento e lo amplifica: promuove il modello alimentare del Cilento a partire dalle scuole del comune, e poi con il Centro studi sulla dieta mediterranea. E diventa uno dei promotori, insieme al Parco del Cilento, dell’ingresso della dieta tra i patrimoni immateriali censiti dall’Unesco. Il 16 novembre 2010, due mesi dopo la sua morte, quando a Nairobi viene ufficializzato l’ingresso tra i patrimoni dell’Umanità, la delegazione italiana guidata dal ministro Galan dedica proprio a Vassallo quel momento storico. Oltre che patria del Vecchio e il mare, Pollica è anche la capitale della dieta mediterranea. Onestà politica e oculatezza contagiose Vassallo, ha detto di lui don Luigi Ciotti, «è l’esempio di una Politica con la p maiuscola, al servizio della collettività. Si è battuto per la dignità sociale, economica e culturale della sua gente, opponendosi ai giochi di potere, alle furbizie, ai privilegi, agli abusi». È stata questa onestà a costargli la vita. Angelo non ha solo restituito un futuro desiderabile a un paese e ai suoi abitanti, non ha solo rivitalizzato l’identità dei luoghi, ma ha anche contribuito a restituire dignità ai mestieri della politica. È stato un amministratore «di prossimità» – come lo sono valenti suoi colleghi: Cono D’Elia a Morigerati, Simone Valiante a Cuccaro Vetere, Sergio Annunziata ad Atena Lucana, Tommaso Pellegrino a Sassano, per esempio – che i suoi concittadini, i loro problemi e le loro richieste, li incontra la mattina al bar del porto piuttosto che negli uffici del comune. La straordinaria forza di esperienze come quella di Angelo Vassallo sta anche nel superare se stesse, nel durare oltre il proprio tempo. Un principio che sfugge, e non può essere altrimenti, a chi ha sparato ad Angelo. Mentre le indagini sull’omicidio sembrano essere a un punto morto – con indiscrezioni e passaggi talvolta sconcertanti, a partire dalla ricerca dell’arma avviata solo molti mesi dopo il delitto – lo straordinario sviluppo di Pollica, infatti, non si è fermato quella notte del 5 settembre del 2010. E continua sotto la stella polare della qualità della vita. «Abbiamo completato un primo lotto di lavori da due milioni nel porto di Acciaroli, e stiamo completando un secondo lotto da sei milioni» racconta fiero Stefano Pisani. «Angelo ci teneva a rendere vivibile ogni angolo di Pollica. Prima dell’inizio dei lavori, a ridosso della banchina c’era uno strato d’asfalto. Dopo i lavori ci sarà una distesa verde.» E racconta della doppia condotta per l’acqua: una per quella potabile, l’altra per quella destinata a lavare le barche: «Il che vuol dire uso più efficiente delle risorse, e risparmi: circa 40.000 euro all’anno». Racconta dell’impianto fotovoltaico che rende il porto autosufficiente. E del distributore di carburante, al quale vogliono portare anche il gas, «visto che le barche meno inquinanti, che vanno a gas invece che a gasolio, proliferano». Un’eccellenza selezionata come esempio di «buone pratiche per la salvaguardia, la gestione e la pianificazione dei propri pae- © 2012 Chiarelettere edizioni srl Il modello Vassallo. Pollica 205 saggi» dal ministero per i Beni e le attività culturali tra 95 progetti, e candidata al premio del paesaggio del Consiglio d’Europa. Nel futuro di Pollica c’è anche un nuovo centro velico per disabili, con coppi fotovoltaici, copertura di rame che raccoglie il calore del sole e recupero dell’acqua piovana, prima per usi sanitari e in seguito anche per innaffiare. E poi c’è la Cina. «In Cina, con Angelo, ci siamo arrivati nei suoi tour per valorizzare la dieta mediterranea» ricorda Pisani. «Proprio per questo stiamo chiudendo il progetto per portare a Pollica degli studenti cinesi per approfondire – ma “vivere” sarebbe la parola più adatta – la nostra dieta.» Angelo era vicepresidente delle Città Slow – altro primato di Pollica, entrata nel 2003 e premiata, nel 2005, per il recupero di Galdo: «Ha convinto la città di Gaochun, nella regione di Nanchino, a entrare nel circuito». La città, infatti, 450.000 abitanti, mantiene un quartiere di 42 chilometri quadrati nel quale si è scelto di conservare la tradizione agricola orientandola al biologico. «Una decisione lungimirante: di recente Gaochun ha ottenuto un premio del governo cinese, che ha staccato un assegno da sei miliardi di yuan da investire nella sostenibilità. Anche la Cina si sta muovendo…». © Chiarelettere editore srl 2012 Tratto da Ermete Realacci, Green Italy, Chiarelettere, pp.318, euro 15. Ermete Realacci (Sora, 1955), è un ambientalista e parlamentare italiano. Ha guidato fin dai primi anni Legambiente, di cui è tuttora presidente onorario. Ha promosso e presiede Symbola, la Fondazione per le qualità italiane.

venerdì 24 febbraio 2012

SANREMO. La principessa d'Altavilla inaugura la gioielleria Cannoletta

EVENTI | venerdì 24 febbraio 2012, 19:04
Sanremo: il 16 marzo la Principessa Carmen Calabria Cilento d’Hauteville ospite da Cannoletta
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Alle 18 di venerdì 16 marzo, infatti, la Principessa, probabilmente accompagnata dal padre, S.A.I.R. il Principe Antonio Francesco di Svevia, sarà la madrina della rinnovata gioielleria.


La Principessa Anna Carmen Calabria Cilento d’Hauteville, del ramo italiano degli Svevi-Hohenstaufen, sarà l’ospite d’onore dell’inaugurazione della nuova sede allargata della Gioielleria Cannoletta di Sanremo. Alle 18 di venerdì 16 marzo, infatti, la Principessa, probabilmente accompagnata dal padre, S.A.I.R. il Principe Antonio Francesco di Svevia, sarà la madrina della rinnovata gioielleria.

Anna Carmen Calabria Cilento d’Hauteville, si fregia del Titolo di Sua Altezza Imperiale e Reale essendo erede in linea diretta dell’antica e nobilissima casata degli Svevi. Laureata in Legge e Avvocato, S.A.I.R. Anna Carmen d’Hauteville, svolge dal 2003 le mansione di Vice-Procuratore Onorario presso la Procura di Padova. Nella rinnovata e ampliata sede, potranno essere ammirati i gioielli delle nuove collezioni di Salvini, Mirco Visconti, Pandora, Le Bebè, nonchè le ultime novità degli orologi Tag-Heuer e Longines.

Numerosi altri brand, che fanno parte del nutrito catalogo della Gioielleria Cannoletta, saranno esposti per l’occasione, in attesa di alcune eclatanti ed esclusive novità attese per la stagione autunnale. Cannoletta, antica gioielleria fondata da Antonio Cannoletta e Maria Cassanello, si prepara ad entrare in una nuova fase, che sarà a breve gestita dalla terza generazione, impegnata oggi in un progetto articolato che prevede almeno tre canali di commercializzazione.

Al negozio storico, sito in Via Palazzo n° 50, si affiancano infatti il dinamico e-commerce, il quale ha raggiunto risultati notevoli incrementando anche fuori dai confini regionali l’immagine della gioielleria, e la distribuzione nazionale di una linea di gioielleria, che si affaccia sul mercato italiano dopo aver brillantemente superato il battesimo commerciale in occasione dello scorso Natale. Questo marchio, già presente nel panorama dei preziosi, ha ampia e assoluta indipendenza distributiva e gestionale, mentre è attesa prossimamente una linea di gioielleria che diverrà un ulteriore brand rappresentativo e specifico.

Sono attese per l’inaugurazione altre importanti personalità e numerose autorità civili e religiose.

C

lunedì 20 febbraio 2012

Così la Rai ha tradito i briganti di Antonio Giuliano20-02-2012 Così la Rai ha tradito i briganti di Antonio Giuliano20-02-2012 Crocco story: come la Rai ha tradito la storia - intervista a Francesco Pappalardo




I briganti son tornati. Dopo anni di silenzio sembra godere di maggiore interesse un capitolo della nostra storia a lungo ignorato: il brigantaggio. Un fenomeno spesso falsato o minimizzato dai libri scolastici, finito ai margini della recente sbornia celebrativa dell’Unità d’Italia, eppure un nodo della storia nazionale imprescindibile per capire gli attuali problemi del Mezzogiorno. Nuovi studi e iniziative di rievocazione storica (come quella imponente che si svolge ogni anno in Basilicata “La storia bandita”), fino alla fiction andata in onda sulla Rai, “Il generale dei briganti”, dedicata al leggendario capopopolo lucano Carmine Crocco (1830-1905). «Ma è stata un’occasione perduta – tuona lo storico Francesco Pappalardo, autore di diversi studi sul brigantaggio, confluiti anche nell’ultimo L’unità d’Italia e il Risorgimento (D’Ettoris 2010), e risorgimentali, come Il mito di Garibaldi. Una religione civile per una nuova Italia (Sugarco 2010). Troppe le falsità storiche. È inaccettabile che la Rai, servizio pubblico, mandi in onda simili falsificazioni».

Al di là di quell’improponibile accento napoletano messo in bocca ai briganti lucani quali altre grossolanità ha presentato la fiction? 
È vero che nei titoli di coda era specificato che la storia raccontata fosse frutto di fantasia. Ma si è andati oltre, perdendo un’occasione per far luce sul brigantaggio e sui problemi post-unitari. Non c’è quasi niente di realmente accaduto in questa fiction, che assomiglia più a un fogliettone infarcito di intrighi sentimentali e di personaggi inventati. Senza dubbio Crocco non parlava napoletano. Ma gli stessi episodi della sua vita sono stati falsati: quel don Ferdinando che lui uccide per aver importunato la sorella in realtà era suo benefattore. Ma soprattutto si passa direttamente dal 1860 al 1864: mancano gli anni cruciali del brigantaggio, quelli combattuti per ripristinare la dinastia borbonica. Grave infatti è l’assenza nel film del generale José Borges, inviato dal re Borbone per coordinare l’insurrezione, il principale collaboratore di Crocco. Fu l’anima politica della rivolta, anche se poi Crocco l’abbandonò per proseguire la sua battaglia personale.

Su Crocco è uscito di recente anche un libro Il brigante che si fece generale (pubblicato dall’editore Capone da tempo attento al fenomeno del brigantaggio). Un volume che raccoglie i memoriali attribuiti al brigante lucano e una contro-biografia critica su questo personaggio. Ma chi era davvero Crocco?
Non è un personaggio nobilissimo che va esaltato troppo. È stato un assassino, ha ucciso un commilitone, ha cambiato bandiera. È stato garibaldino per convenienza a un certo punto. Ma quando gli è stata negata l’amnistia promessa è ritornato filo-Borbone. La fiction fa vedere solo la parte iniziale in cui per salvarsi si schiera con Garibaldi. Quindi lo spettatore sprovveduto può pensare che sia stato garibaldino, quando invece ha combattuto per quattro lunghi anni, dal 1860 al 1864, contro la rivoluzione sabauda beccandosi la condanna a morte e poi l’ergastolo. Per anni incarnò le aspirazioni della povera gente e divenne famoso grazie alle sue esaltanti vittorie contro i reparti sabaudi. Allo studio univa delle doti eccezionali di condottiero, guidò anche un esercito di 2-3 mila uomini. E divenne il più noto dei briganti anche perché fino alla fine non fu ucciso.

Dalla fiction sembra ci sia stata una lotta di classe tra Crocco e i cosidetti galantuomini.
Sì, ma non è andata così. Le aspirazioni della popolazione non erano soltanto sociali, come hanno scritto gli storici di sinistra. Ma c’era un progetto politico di restaurazione dei Borboni. Il primo a parlare di lotta di classe è stato lo storico Franco Molfese, autore di Storia del brigantaggio dopo l’Unità (Nuovo Meridiano), il volume più documentato sul tema, sebbene di impostazione marxista. Poi però Molfese si è pentito, ammettendo che i contadini non sapevano neppure che cosa significasse lotta di classe. In realtà le giuste rivendicazioni della povera gente erano contro quei cosiddetti galantuomini che dopo la rivoluzione francese si erano impadroniti con metodi spesso illeciti delle terre e delle proprietà ecclesiastiche espropriate. I Borboni invece avevano cercato di restituire i terreni ai contadini e per questo si erano inimicati i galantuomini, la nuova borghesia, che difatti aiutarono Garibaldi e beneficiarono del nuovo contesto unitario. Per la gente invece era l’ennesima sconfitta, per questo invoca il ritorno della dinastia borbonica come garante dei suoi diritti.

Però nella vulgata i briganti son passati solo come un gruppo di criminali o cafoni.
Bisogna ritornare alle origini del fenomeno. Quando nel 1860 Francesco II di Borbone abbandona Napoli tutte le popolazioni di Campania e Abruzzo reagiscono contro i Savoia e i garibaldini. È una vera guerra civile. Nel 1861 trenta comuni campani inalberano la bandiera borbonica: sono intere municipalità. L’esercito sabaudo diventato italiano risponde con la distruzione di interi paesi e il massacro delle popolazioni come a Pontelandolfo e a Casalduni (Benevento). A questo punto i rivoltosi si danno alla macchia e salgono in montagna: è l’inizio del brigantaggio “classico”. Tra questi ci sono contadini e comandanti politici, una parte amplissima della popolazione. La legge Pica del 1863 proclama lo stato d’assedio in tutte le province del Regno delle Due Sicilie, eccetto Napoli e Reggio Calabria. L’epicentro della protesta fu in Basilicata perché i luoghi si prestavano ai nascondigli, ma anche perché erano lucani i capi più autorevoli come Crocco e Ninco Nanco. La resistenza armata fu l’aspetto più evidente, ma la popolazione respingeva il nuovo ordine, unitario rifiutando di andare a votare o di prestare servizio militare.

Quando terminò il brigantaggio? 

Di fatto nel 1866. Dopo la terza guerra d’indipendenza contro l’Impero d’Austria, vengono meno le condizioni per una restaurazione: Francesco II scioglie il governo borbonico in esilio e rinuncia a tornare. Poi la macchina repressiva aveva esaurito il suo compito: i grandi capi erano stati eliminate e le bande disperse. Quando cade l’obiettivo politico, tra i briganti prevalgono gli aspetti delinquenziali e sociali. Ma le popolazioni avevano resistito in nome dell’attaccamento a a un regno, quello di Napoli, che durava da oltre 700 anni: difesero con fierezza una patria che sentivano calpestata dalla Rivoluzione.

Quali furono gli errori commessi dal nuovo stato unitario? 
Oltre alla sottovalutazione dell’attaccamento del Meridione al regno borbonico, anche l’incomprensione totale di un mondo diverso. Quando i rappresentanti dei Savoia arrivarono in Molise, commentarono: «Questa è Africa, questi son beduini». Poi l’imposizione di uno Stato al Sud sconosciuto: centralista e burocratico. Le nuove tasse erano molto più alte e l’obbligo del servizio militare sottraeva braccia all’agricoltura. Ecco perché anche nella fiction si dice: “O briganti o migranti”. Quelli che non volevano prendere le armi erano costretti a fuggire e ci fu un’emigrazione spaventosa, mai vista prima. Nacque lì la questione meridionale. E si spiega anche la nascita delle organizzazioni criminali (mafia, camorra, ecc). Lo Stato veniva visto soltanto come il carabiniere, l’esattore delle tasse, quello che ti faceva partire il figlio. Poi non dimentichiamo che lo Stato unitario fu immediatamente repressivo nei confronti della Chiesa: oltre 100 vescovi cacciati, proprietà ecclesiastiche requisite e vendute ai soliti notabili, aggravando le condizioni dei contadini. Se non altro, i Borboni avevano capito la matrice anti-cattolica sia della rivoluzione napoleonica che del Risorgimento. Anche nella fiction si mostra Francesco II insidiato, perché cattolico, dalla Gran Bretagna che stravedeva invece per Garibaldi, l’eroe in grado di cacciare il Papa.
Per unificare l’Italia c'era un'alternativa alla conquista militare e alla soppressione del Regno delle Due Sicilie?
Prendiamo la Germania. Si è unificata federalmente. Fino alla prima guerra mondiale il re di Baviera era ancora sul suo trono. Tutti i principi tedeschi dipendevano dall’imperatore (Guglielmo II). Non vedo perché Vittorio Emanuele II non potesse diventare imperatore d’Italia lasciando sul trono altri sovrani. E invece si è puntato su un modello di stato che non ha tenuto conto delle specificità locali. Non si tratta di essere filo-borbonici, ma di considerare un regno quello meridionale, diverso per cultura e costumi. E che in 700 anni aveva dato un’identità alla popolazione.
I briganti erano davvero devoti come appare nella fiction? 
È un discorso pericoloso perché anche i mafiosi sono spesso “devoti”. Certo il brigante medio aveva una forte connotazione religiosa e nutriva una forte devozione per i santi e per la Madonna, tipica del Sud. E anche se la componente politica era prevalente nella loro lotta, non era estranea la difesa dell’identità religiosa. Frati e sacerdoti furono fucilati perché aiutarono i briganti. Anche perché il clero veniva perseguitato brutalmente dallo Stato unitario. 
C’è una nuova consapevolezza sul fenomeno del brigantaggio?
Permane tra gli storici un filone “unitario” che considera ancora i briganti alla stregua di delinquenti. E un filone marxista duro a morire che ripresenta il brigante come il cafone che prende le armi perché oppresso socialmente. Eppure anche uno storico come Giuseppe Galasso, che non è certamente filo-borbonico, insiste molto sulla componente dinastica: se nel 1799 ci fu una controrivoluzione per difendere la religione, dal 1860 ce ne fu una per difendere il regno. Certo libri, come “Terroni” di Pino Aprile, non aiutano svolgere a un ragionamento articolato: si semplifica e si banalizza troppo etichettando il Nord come predone del Sud. Non è che i piemontesi fossero cattivi. C’è stato un ceto dirigente che ha imposto uno Stato unitario anti-cattolico, non rispettoso delle altre entità statali della penisola, diverse per storia, costumi e cultura. La questione meridionale nacque allora, così pure quella cattolica e quella federale. È un processo storico che merita di essere riconsiderato. Ci sono anche lodevoli iniziative culturali, per esempio a Gaeta e in Basilicata. Ma attenzione a fare del folklore. Altrimenti si finisce come con lo sceneggiato.


lunedì 13 febbraio 2012

Dura nota del Comitato parchi Si disbosca la zona A del Cilento?



Progetti avveniristici in una delle più belle zone italiane: da una pista da sci, cambiamenti climatici permettendo, ad un impianto di 120 telecamere per oltre 180mila ettari in... montagna

«Un allarme urgente e grave giunge dal Cilento, uno dei più grandi, spettacolari, variegati e complessi Parchi nazionali del nostro Paese». È l'inizio di una vibrante denuncia che giunge dal Comitato Parchi nazionale, da tempo «guardiano» delle aree protette italiane.
«Le voci sono molte - continua il testo - tutte concordi, e i fatti tanto gravi da sembrare incredibili: ma trovano purtroppo conferma in atti ufficiali e testimonianze scritte che lasciano pochi dubbi.
«Dunque, sembra anzitutto che in futuro il Parco nazionale del Cilento sarà videosorvegliato tra monti e valli, per sorprendere e reprimere i reati più gravi: 120 telecamere su un'estensione di oltre 180mila ettari, per svolgere quindi, a costi non indifferenti, un modernissimo servizio di sorveglianza automatico. Un Parco naturale o tecnologico? Chi abbia una sia pur minima conoscenza della montagna e dei consueti espedienti di bracconieri e tagliatori forestali, sa bene quale potrebbe essere la sorte futura di queste apparecchiature, mentre molti altri si interrogano perplessi sul rapporto costi-benefici di interventi del genere. A meno che non si intenda finalmente puntare queste telecamere sugli scempi perpetrati dagli amministratori locali, perfino nelle zone di protezione integrale.
La foresta dei Temponi vista dalla vetta del Cervati è destinata a scomparire
La foresta dei Temponi vista dalla vetta del Cervati è destinata a scomparire

«E qui si giunge al secondo punto - prosegue la denuncia del Comitato -. Ciò che lascia infatti più sbigottiti nel Cilento è che uno degli obiettivi fondamentali del Parco sarebbe oggi addirittura creare una stazione sciistica sul Monte Cervati, nella zona A di riserva integrale, vale a dire nel territorio più intatto. Per avviare rapidamente la trasformazione della splendida montagna in rumoroso trambusto da cine-panettone, infatti, un volenteroso sindaco locale ha già da tempo iniziato ad abbattere maestosi faggi ultrasecolari, ricavandone forse pochi spiccioli, ma certo parecchi danni... Appoggiato anche, si mormora, da qualche stralunata associazione pseudo-ambientalista.

«Tutto questo potrebbe sembrare un paradosso, o un brutto sogno, e farebbe davvero pensare che nel nostro meraviglioso Paese le leggi di tutela ambientale siano considerate «carta straccia», e imperino ancora le volontà dei feudatari. A vantaggio di chi? E perché mai investire fiumi di danaro in imprese fallimentari, dato che come è noto le stazioni sciistiche appenniniche, incluse Pescasseroli, Scanno e Roccaraso, sono disastrosamente passive?
«Ma forse successive indagini più approfondite sveleranno l'arcano. Il vero obiettivo finale non è certo l'interesse del Parco, né il bene della comunità locale, e neppure uno sci-escursionismo, che non contrasterebbe in modo insanabile con la difesa della natura... No, qui si punta, malgrado l'innevamento appenninico assai poco adatto, allo sci di discesa. Un semplice «specchietto per allodole» per sportivi domenicali ai quali propinare, come in altri casi analoghi, la vendita di condomini, residence e villette, costruiti in fretta e furia su terreni già da tempo accaparrati. Una folle urbanizzazione bramata dai nostri pubblici amministratori, e realizzata con guadagni rapidi e sicuri da imprenditori di ogni sorta: un altro pesante mattone nel frenetico disegno di cementificazione che, nel giro d'un paio di generazioni egoiste e distratte, sta riuscendo a devastare e impoverire, per un piatto di lenticchie, il Paese più bello del mondo.
Taglio di Faggi sul Monte Cervati
Taglio di Faggi sul Monte Cervati

«Illuminante - conclude la nota - il commento a caldo del Presidente del Parco del Cilento, che non respinge affatto il folle progetto degli impianti meccanici nella riserva integrale: «Si tratta di una zona A del Parco, quindi di massima tutela ambientale. Ci vuole, pertanto, molta attenzione». Nel frattempo qui attorno già si tagliano senza scrupoli gli alberi, per aprire spazio alle piste... Figuriamoci cosa potrebbe accadere poi in tutte le altre zone, cosiddette a tutela attenuata. Vien fatto allora di chiedere all'opinione pubblica e alla comunità internazionale: ma certa gente non avrà forse confuso l'idea di parco nazionale con quella di un parco giochi?».

(Fonte Comitato Parchi Nazionali)
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Nella foto del titolo un grosso ceppo di Faggio abbattuto

Cirielli Style. Altra sorpresa: una discarica sulle sorgenti termominerali di Contursi Terme


Altra sorpresa: una discarica sulle sorgenti termominerali di Contursi Terme

La proposta elaborata dalla Provincia di Salerno
Come già descritto in un precedente articolo relativo alla proposta di realizzazione di una discarica di rifiuti inquinanti sopra le sorgenti di Sarno, ricordo che la legge n. 26 del 26 febbraio 2010, ha definitivamente sancito, solo dal punto di vista amministrativo mentre di fatto persistono le stesse condizioni che hanno caratterizzato circa 18 anni di scandalo rifiuti, la fine dello stato di emergenza e del commissariamento straordinario in Campania, trasferendo gli oneri tecnico-amministrativi della gestione del ciclo integrato dei rifiuti alle Province.
In Provincia di Salerno è stata costituita la Società Provinciale EcoAmbiente Salerno spa, per garantire la piena operatività del sistema di gestione dei rifiuti solidi urbani. La Provincia ha individuato vari siti ritenuti potenzialmente idonei in via preliminare in base all’analisi cartografica e ai sopralluoghi eseguiti.
Ubicazione della cava (stella rossa) con individuazione della distanza dall’area dei Bagni Termali di Contursi e del deflusso delle acque sotterranee “fredde” all’interno dell’acquifero carbonatico di M. Pruno
Uno di questi siti è ubicato nel Comune di Palomonte, nella zona di confine con i Comuni di Contursi Terme e Colliano in località Monte Pruno. “Il sito è posizionato nella zona nord-occidentale del Comune di Palomonte, in località Monte Pruno, in corrispondenza di una cava dismessa. La zona è caratterizzata dalla presenza di nuclei abitativi sparsi, con alcune abitazioni a distanza ridotta; tuttavia, le funzioni sensibili sono collocate a distanze minime di 1,7 km. E’ opportuno considerare che la cava incide sul complesso idraulico profondo del comprensorio termale di Contursi e che la coltivazione della discarica, sebbene da lunghe distanze, comporterebbe un impatto visivo da centri abitati. Come desumibile dalle carte dei vincoli ambientali, l’area in esame: – è definita come area urbanizzata, anche se circondata da zone caratterizzate da massima naturalità e biodiversità, rispetto alla classificazione desumibile dal PTCP di Salerno; – non è interessata da categorie agricole di pregio, né da boschi; – non ricade all’interno di aree naturali protette e aree di tutela paesaggistica istituite ai sensi del D. Lgs. 42/2004, né in Siti di Importanza Comunitaria (SIC) o in zone di Protezione Speciale (ZPS); – si caratterizza per un grado elevato di vulnerabilità degli acquiferi. L’area ricade in una zona a media sismicità (categoria S2) e con pericoli e rischi da frana non significativi.
Secondo la Provincia di Salerno il sito di Palomonte “presenta una potenziale fruibilità alla localizzazione di una discarica. Alla scelta finale del sito dovrà procedersi con indagini specifiche da esperire in una fase di ulteriore approfondimento tecnico.”
Commento
Un adeguato e trasparente inquadramento delle caratteristiche geoambientali evidenzia che Monte Pruno, secondo quanto noto nella letteratura scientifica (DEL PRETE S. – GUARINO P.M. – NISIO S. – SANTO A. “I SINKHOLES IN CAMPANIA”; Polselli P. “RELAZIONE TRA FENOMENI DI SPROFONDAMENTO, RISALITE DI FLUIDI MINERALIZZATI E SISMICITA’ IN ALCUNE AREE DI  STUDIO DELL’ITALIA CENTRO-MERIDIONALE.” ; CELICO et al., 1979; ecc.), rappresenta un acquifero di rocce carbonatiche molte fratturate, alterate e visibilmente carsificate che alimenta le sorgenti dell’area termominerale di Contursi. Le acque termominerali, secondo la letteratura scientifica, rappresentano il risultato del miscelamento di acqua circolante negli acquiferi carbonatici di monte Pruno e Monte Polveracchio con fluidi caldi di provenienza profonda (figure 2, 3, 4, 5).
Inquadramento geoambientale della cava ubicata all’estremità sud orientale di Monte Pruno costituito da rocce carbonati che rappresentano l’acquifero che alimenta le sorgenti termominerali di Contursi Terme. Sono evidenti le morfologie carsiche
Inquadramento geoambientale della cava ubicata all’estremità sud orientale di Monte Pruno in relazione alla circolazione idrica sotterranea ed ai vistosi fenomeni carsici che interessano tutta l’area
La Provincia di Salerno sa che l’area di Monte Pruno è caratterizzata da un elevato grado di vulnerabilità: non ha messo in relazione tale aspetto con il pericolo per le sorgenti termominerali in seguito alla realizzazione di una discarica di rifiuti inquinanti a monte delle sorgenti di Contursi Terme. In pratica il problema dell’inquinamento potenziale non è per il Comune di Palomonte ma per l’assetto socio-economico della rinomata area termale di Contursi Terme
Inquadramento idrogeologico della cava ubicata all’estremità sud orientale di Monte Pruno in relazione alla circolazione idrica sotterranea che alimenta le sorgenti termominerali di Contursi Terme
Fluidi  aggressivi a varia temperatura fuoriescono anche oggi in varie parti del Comune di Oliveto Citra.
Tutta l’area compresa tra Monte Ogna, Il Lago di Palo, Monte Pruno e Ponte Oliveto è interessata da vistosi sprofondamenti che hanno coinvolto le rocce carbonatiche e i detriti calcarei quaternari (figura 3).
L’ultimo sprofondamento è avvenuto nel 1982. Tali fenomeni, chiamati sinkholes, rappresentano il risultato della dissoluzione delle rocce carbonatiche causata dai fluidi di origine profonda. L’assetto tettonico e stratigrafico superficiale e profondo controlla i fenomeni di dissoluzione e la termalizzazione delle acque di circolazione sotterranea. Anche Monte Pruno è visibilmente interessato da alcuni sprofondamenti (figure 2 e 3). Le ricerche scientifiche indicano chiaramente che le acque che si infiltrano nelle rocce carbonatiche defluiscono verso il fiume Sele. E’ evidente, pertanto, che lo spinto carsismo e la intensa fatturazione e alterazione possono causare un rapido deflusso sotterraneo di eventuali liquidi inquinanti provenienti da una discarica verso la zona termale.
A questo punto riprendo le considerazioni conclusive del citato articolo relativo alla discarica che dovrebbe essere realizzata a monte delle sorgenti di Sarno.
Non si deve fare finta di non sapere che i rifiuti inquinanti rappresenteranno un nuovo giacimento geologico di materiali inquinanti che permarrebbe nella cava per l’eternità, al di sopra della falda termominerale che continuerà ad essere usata, a valle della discarica, anche nel prossimo futuro.
Non può sfuggire che la sicurezza ambientale deve essere garantita per secoli e non solo per qualche anno.
A questo punto non si può dimenticare che il substrato carbonatico è molto permeabile in quanto è molto fratturato, alterato e carsificato.
Si deve sempre tenere presente che le attuali disposizioni di legge sono carenti e che non garantiscono la difesa delle acque sotterranee qualora una discarica di rifiuti inquinanti sia realizzata su un substrato molto permeabile e carsificato.
Vi è un problema tecnico insuperabile rappresentato dalla tenuta plurisecolare del sistema impermeabilizzante alla base a sui lati dei rifiuti.
I consulenti della Provincia di Salerno non devono dimenticare di essere tecnici al servizio di tutti i cittadini e che agiscono per garantire una reale sicurezza ambientale. E’ evidente che dovendo essere garantita la sicurezza ambientale e la salute dei cittadini per secoli una discarica nella cava di Palomonte, in località Monte Pruno non si può realizzare in sicurezza.
Qualora si realizzi, è evidente che sarà al di fuori delle leggi che devono tutelare l’ambiente, le risorse idriche e la salute dei cittadini.
Alla luce di queste considerazioni, al di fuori di qualsiasi forma di terrorismo scientifico, tese a tutelare, realmente, l’ambiente, le risorse naturali, la salute dei cittadini e l’assetto socio-economico appare evidente che i motivi che hanno fatto ritenere idoneo preliminarmente il sito in esame sono privi di concretezza tecnica ed estremamente preoccupanti perché infondono una ingiustificata tranquillità e garanzia di sicurezza.
I dati esposti nella presente relazione evidenziano che il sito di Palomonte in località Monte Pruno è stato valutato preliminarmente idoneo per la realizzazione di una discarica di rifiuti inquinanti senza una approfondita conoscenza delle caratteristiche geoambientali più importanti.
La sicurezza dell’ambiente, la tutela delle risorse idriche e la difesa della salute dei cittadini richiedono una onestà istituzionale sia nell’acquisire conoscenze tecniche geoambientali complete sia nell’evidenziare i limiti delle frasi contenute nel D.L. 36/2003.
Per concludere si sottolinea che il sito in esame è stato erroneamente ritenuto preliminarmente idoneo per la realizzazione di una discarica di materiali inquinanti e che deve essere riconsiderata la proposta della Provincia di Salerno in quanto è basata su una incompleta e inadeguata conoscenza geoambientale.