martedì 31 gennaio 2012


Don Nunzio Cerone nacque a Muro Lucano (Pz) nel 1934. Proveniente da sana famiglia del popolo, classe meno abbiente, e mostrando chiari segni di vocazione religioso-sacerdotale gli furono spalancate, come a tanti altri di noi, le porte del Vocazionario.
Ragazzo buono e volitivo approdò al Vocazionario di Perdifumo e si formò alla scuola di Don Galasso e D.Oreste Anella.
Entrò nel Noviziato ad Altavilla Silentina nel 1953 ed emise i ss. voti nel 1957, dopo aver completato gli studi liceali e di filosofia nel Vocazionario Deus Charitas di Pianura.
Completò gli studi telogici presso i PP. Gesuiti di V. Petrarca, a Posillipo e nel 1962 fu ordinato Sacerdote.Si impegnò religiosamente in tutti i servizi assegnatigli dall'ubbidienza: Marsiconuovo (Pz), Ribera (Ag:) Vibonati/Villammare,Montesano, Perdifumo,Omignano e Altavilla/Borgo Carilia (Sa) lo hanno conosciuto e ammirato generoso e umile servitore delle vocazioni, degli orfani e dei fedeli nelle parrocchie.
Per tutti aveva sempre una buona parola, a tutti donava consigli e a tutti invitava a diventare santi. Uomo dal grande sorriso. Il suo sorriso contagiava tutti, i bambini e i grandi. Voleva bene tutti, e si faceva voler bene da tutti. Entrava nelle case della gente sempre portando gioia, visitava gli ammalati portando confortava. Era un grande amico di tutti.
Gli ultimi tempi di vita sono stati contrassegnati da sofferenze e malattia. Egli ne ha saputo profittare per presentarsi più purificato dinanzi al Signore Che certamente gli ha ripetuto la confortante realtà
dell' "Euge serve bone et fidelis, intra in gaudium Domini Tui"!

sabato 14 gennaio 2012

Dalla Germania al Cilento con l’e-book Nata in Germania, ma arrivata nel Cilento, Roberta Gregorio, italo-tedesca nata 35 anni fa in una cittadina vicino Monaco di Baviera:Fürstenfeldbruck ha fatto dell’ebook il suo lavoro

Dalla Germania al Cilento con l’e-book

Nata in Germania,  ma arrivata nel Cilento,  Roberta Gregorio,   italo-tedesca nata 35 anni fa in una cittadina vicino Monaco di Baviera:Fürstenfeldbruck  ha fatto dell’ebook il suo lavoro.
Che studi hai fatto?
Ho frequentato le scuole tedesche,entrando nell’asilo,alla tenera età di 3 anni,come unica bimba dai capelli neri,mentre poi,al liceo,sono riuscita a mimetizzarmi abbastanza bene. Andava di moda tingersi i capelli per essere diversi.
Mi sono specializzata in lingue presso un istituto noto,che mi ha permesso di entrare in un mondo affascinante:quello delle lingue straniere. I professori,rigorosamente di madre lingua,ci hanno insegnato il lavoro con i testi,le frasi,le parole. Gli insegnamenti di allora,sono di fondamentale aiuto per il lavoro che svolgo oggi.
Dove vivi ora? Hai famiglia?Vivo nel Cilento da diversi anni con il mio compagno e i nostri due figli:due maschietti super-attivi!
Che lavoro fai attualmente che lavori hai portato e porti avanti?Durante la prima gravidanza,ho iniziato a scrivere. All’improvviso avevo tanto tempo a disposizione e ho preferito riempirlo di parole scritte.
Anni dopo,ho per caso incontrato la Chichili Agency:un’agenzia tedesca che pubblica ebook in Germania e lo fa con grandissimo successo:È risultata infatti la casa editrice tedesca con il maggior numero di ebook venduti nel 2011.
Hanno pubblicato un mio lavoro,scritto in tedesco:Amore in bella Germania,un ebook seriale che parla,in modo leggero e ironico,di una coppia italo-tedesca e delle difficoltà di un rapporto multi-kulti.
È nata così,da uno scambio di idee con il Direttore Generale Karsten Sturm,la sezione italiana della Chichili Agency,che oggi dirigo in qualità di agente letterario.
Una novella Lulu.com?
Lulu.com aiuta autori emergenti a realizzare i propri sogni. Poche,semplici mosse per avere una pubblicazione in formato ebook. (Non so,se chiedono soldi per questo,ma ci tengo a dire che noi,dagli autori non prendiamo neanche un centesimo!) E poi?
L’editing? La promozione? Le copertine?
Sono queste le cose più faticose,che bisogna però affrontare per arrivare al successo. Io le sto affrontando ora. Giorno per giorno,passo per passo.
L’ebook ha finalmente sfondato? Dols molti anni fa aveva fatto un’indagine e risultava che la gente preferisse il cartaceo.
Il settore degli ebook è in crescita,lenta ma continua. In America e in Germania con numeri ben più importanti rispetto all’Italia.
Io credo che bisogna allontanarsi dall’idea,che il settore degli ebook voglia togliere qualcosa al libro cartaceo.
Molto probabilmente,la persona che legge velocemente un seriale (ebook a puntate) in metropolitana,a casa ha una biblioteca ben fornita di libri cartacei. Non vuole rinunciare alla lettura nel poco tempo che ha a disposizione mentre va al lavoro,ma non può portare con se un 300 pagine pesante e ingombrante.
Personalmente,considero l’ebook un qualcosa in più. Aggiungiamo un nuovo modo di leggere. Niente di più,niente di meno. E ben venga,se attraverso un formato digitale riusciamo a far avvicinare sempre più persone alla lettura,no?
Lasciamoli coesistere! Ma non ignoriamo una realtà come gli ebook. Altrimenti si rischia di rimanere tagliati fuori.
E’ il’Iphone o l’I pad che lo ha aiutato?I vari reader super-tecnologici,come appunto tutti quelli della Apple,ma non solo,ci hanno aiutato,certo. Se non altro,per avvicinarci alle nuove generazioni:quelle in continuò movimento,super-impegnate e sempre attive e attente alle nuove tendenze.
Che tipi di libri vengono maggiormente consultati? Acquistati?
A grande sorpresa,è stato proprio un seriale (ebook a puntate,venduto a 0,99 centesimi ognuna) horror,intitolato CHILLS (Brividi) a darci i risultati migliori. Nel giro di pochi giorni dalla pubblicazione,le prime due puntate (di Pierluigi Curcio e Novelli&Zarini) sono entrate nella classifica horror degli ebook Kindle su amazon.it,lasciando nomi importanti come Dracula di Bram Stoker alle proprie spalle.
Ho grandi aspettative anche per un altro nostro seriale,intitolato Chick Chick Urrà:storie leggere,ironiche che descrivono meravigliosamente la vita delle donne di oggi. Le prime tre puntate,scritte da Maria Silvia Avanzato,Stefania Nascimbeni e Francesca Baldacci,sono già online. E ne seguono tante altre…
Hai delle statistiche?
Non sono ancora in grado di fornire numeri,in quanto ci siamo avviati da veramente poco,ma ci possiamo incontrare ancora fra qualche settimana,per discutere di statistiche.
Tu leggi libri cartacei o più e-book?
Leggo manoscritti e per fortuna ne arrivano sempre tanti.
Nel mio pochissimo tempo libero,opto per gli ebook. Io sviluppo spesso una sorta di tenero amore verso i libri che leggo e mi piace l’idea di poterli tenere sempre con me,nella mia borsetta,nel mio amato reader.
Se una navigatrice di dols volesse pubblicare un suo testo,che deve fare?
Intanto,le amiche di dols possono seguirci su facebook  o attraverso il mio blog .
Ci sono sempre tante novità da scoprire. Spesso siamo alla ricerca di nuove short stories da inserire nei nostri seriali. Attualmente,ci sono tre seriali da completare:CHILLS (horror),UNDEAD (vampiri) e LUST (erotico).
Per qualsiasi altra proposta,il modo più facile di mettersi in contatto con me è attraverso mail:gregorio@chichili.de.
E svelo a te,cara Caterina e a tutte le amiche dols,un piccolo segreto:a breve pubblicheremo un nostro trailer,molto bello e emozionante.
Seguiteci per non perdervi l’anteprima.

martedì 10 gennaio 2012

Vallese arrestato a Moio della Civitella. Auto senza assicurazione e revisione ma con fucile ed ascia



Nel pomeriggio del 09.01.2012, i Carabinieri del Nucleo Radiomobile della Compagnia di Vallo della Lucania, hanno tratto in arresto, in flagranza di reato.  C.P., classe 81, in attesa di occupazione, celibe, originario di Vallo della Lucania, poiché trovato in possesso di un fucile calibro 12, con matricola abrasa.
Infatti i Carabinieri, mentre stavano effettuando un posto di controllo nel Comune Moio della Civitella, notavano una Fiata Bravo con a bordo il C.P., personaggio    ben conosciuto dall’Arma per i suoi trascorsi con la giustizia, e pertanto decidevano di fermarlo per un controllo. Il C.P., immediatamente contravvenzionato perche aveva la revisione ed assicurazione scaduta, si mostrava particolarmente agitato e sofferente al controllo dei Carabinieri tanto da insospettire gli stessi. Proprio per questo motivo è stata effettuata una’attenta perquisizione personale e veicolare che ha consentito di rinvenire, nel porta bagagli della propria autovettura: un fucile calibro 12 con matricola limata, un’ascia e circa 200 cartucce, il tutto detenuto illegalmente da C.P.
Il C.P., tratto in arresto è stato trattenuto presso le camere di sicurezza della Compagnia Carabinieri di Vallo della Lucania, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria della Procura di Vallo.   



lunedì 9 gennaio 2012

Amalfi riconoscimento cittadinanza onoraria a Peppe Liuccio parte una petizione


Giuseppe Liuccio ad Amalfi petizione per cittadinanza onoraria
Giuseppe Liuccio ad Amalfi petizione per cittadinanza onoraria
Parte una petizione da Cittadinanza Attiva  per il riconoscimento della cittadinanza onoraria a Peppe Liuccio, giornalista e scrittore del Cilento che ha un ruolo importante nella storia della Costiera amalfitana. Liuccio onora Positanonews della sua collaborazione con una sezione interamente dedicata a lui ed ai suoi scritti. Abbiamo chiesto ad alcuni cittadini ed all'ex consigliere Mangieri cosa ne pensasse "Liuccio ha avuto un ruolo rilevante nella storia di Amalfi e la proposta merita di essere presa in considerazione". Facciamo nostra la proposta avanzata e abbiamo chiesto al prof cosa ne pensasse e se accetterebbe.. "certo che accetterei la cittadinanaza onoraria di Amalfi.Sarebbe preferibile che la decisione fosse presa all'unanimità dal Consiglio Comunale, come avveine sempre e dappertutto in tutti i paesi civili. Se poi la decisione verrà presa a maggioranza conun dissenso civilmente motivato di una minoranza ne prenderò atto. Pe me ricevere la cittadinanza onoraria di Amalfi sarebbe un onore e costituirebbe un riconoscimento per l'impegno profuso per la città come amministratore comunale, come presidente dell'Azienda del Turismo, come giornalista della RAI e della carta stampata, come romanziere e poeta. Nell'arco di circa 50 Amalfi è stata e resta ancora la mia città dell'anima, capace di scatenarmi emozioni sempre, entusiasmi per la sua grande storia, per la sua arte e per le sue bellezze paesaggistiche, ma anche rabbia per le gratuite ferite alla sua bellezza, che le vengono spesso inflitte in modo dissennato. Sono i sentimenti naturali e spontanei che si sentono per un territorio che si ama. Ed io Amalfi la amo alla follia, a volte in maniera addirittura patologica."
Qui di seguito la petizione
AL SIG. SINDACO COMUNE DI AMALFI

                                                                    AI SIGG. CONSIGLIERI COMUNALI

OGGETTO : RICHIESTA RICONOSCIMENTO CITTADINANZA
              ONORARIA AL PROF. GIUSEPPE LIUCCIO.



                                       MOTIVI DEL RICONOSCIMENTO






E' stato consigliere comunale di Amalfi per due consiliature a partire dal 1964. In questa veste si battè per la difesa e la tutela dei Beni Culturali della città con una battaglia contro il Vescovo/Amministratore Apostolico di Amalfi che intendeva vendere il coro ligneo della Chiesa di San Benedetto, con un'eco su tutta ka stampa nazionale ed internazionale. Battaglia vinta!

Assessore Comunale per una consiliatura con delega ai lavori pubblici. Impedì che la ditta Santo Pietro abbattesse un palazzo storico in Piazza dei Dogi per costruirvi un palazzo per civili abitazioni di stile moderno. Per questo subì pressioni e minacce d'ogni genere. La battaglia fu riportata con ampi servizi e titoli in prima pagina dalla stampa nazionale. Battaglia vinta.

Come Presidente dell'Azienda del Turismo rivoluzionò la gestione del turismo con manifestazioni culturali e di grande effetto spettacolare sui media nazionali ed internazionali, imponendo Amalfi all'attenzione dell'Italia, dell'Europa e del mondo con eventi che sono rimasti nella storia della città e non solo:1)ModaMare;2)L'Artista del Mese. Salvatore Quasimodo, Alfonso Gatto ,Dino Buzzati, Diego Fabbri, Alberto Bevilacqua, Federico Fellini, Alberto Bevilacqua.3) Mostre di rilievo internazionale: a)Arte Povera; b)Impatto percettivo ,con le quali anche New York fece riferimento e riconobbe la superiorità di Amalfi. Oggi quegli eventi sono rievocati con mostre in tutta Italia, con riferimento a quelle di Amalfi del 1968 e di cui la grande stampa ancora parla;4)Convegni/seminari di rilievo nazionale: a) Gli esperti Scientifici del Turismo (una sorta di università del turismo ante litteram):b)Il linguaggio filmico. Eventi nazionali di spettacolo: a ) Il canzoniere del turismo; b) La più bella del mediterraneo, c) Il teatro in piazza (oggi è la norma, all'epoca (1966) era una rivoluzione. Allora Amalfi faceva tendenza ed era modello da imitare dalle altre località turistiche di grande richiamo nazionale. Proprio per questo Giuseppe Liuccio fu eletto in una memorabile congresso a Palermo Vicepresidente nazionale dell'ASATUR (Associazione delle Aziende del turismo) che fu un riconoscimento alla persona ma anche alla città di Amalfi. In quella veste organizzò convegni seminari e dibattiti a livello nazionale ed internazionale che rivoluzionarono la politica del turismo e per il turismo. Questi alcuni dei temi: La vendita della vacanza, Turismo e artigianato, Turismo ed enogastronomia, turismo ed erotismo, turismo e beni culturali, promuovere qualità. ecc.

Come Giornalista RAI ha realizzato numerose dirette su alcuni eventi di rilievo che si tenevano ad Amalfi: I congressi di sociologia ai Cappuccini; i convegni di medicina ai Cappuccini. La pentola del convento sempre ai Cappuccini; l'accademia di Cucina conventuale altomedioevale sempre ai Cappuccini. Tra le più memorabili: una di medicina con il grande ematologo Prof. Mandelli e quella radiofonica e televisiva di Italia 90 dedicata alla cucina spettacolarizzata e coprodotta dalla RAI e dalla Televisione Giapponese sul tema: Il Matrimonio di Amalfi. location: hotel Cappuccini.

Come giornalista della Carta stampata sono migliaia gli articoli scritti e che continua a scrivere su testate nazionali, regionali e locali, recuperando ed esaltando la memoria storica di Amalfi e della costiera, i suoi Beni Culturali e paesaggistici, le sue tradizioni, dimostrando competenza, professionalità e soprattutto grande amore per la città
Come operatore culturale, in occasione del centenario della nascita di Salvatore Quasimodo per rendere omaggio al grande Premio Nobel ha organizzato ad Amalfi tre mesi di eventi di livello mondiale con letterati ed intellettuali di grande spessore tra cui ben tre Premi Nobel (Derek Walcott, Toni Morrison, Rita Levi Montalcini).

Come letterato, poeta, romanziere, saggista ha scritto circa 40 libri, che hanno ottenuto premi e riconoscimenti di livello nazionale ed internazionale e tutti o quasi fanno riferimento direttamente o indirettamente ad Amalfi e alla sua Costiera.

Per questi motivi si sottopone al Sindaco ed al Consiglio Comunale il riconoscimento della CITTADINANZA ONORARIA al prof. Giuseppe Liuccio, che con la sua attività ha onorato la nostra città.

Data 07.01.2012                                                                     IL Coordinatore
                                                                                      Rag. Andrea Cretella

domenica 8 gennaio 2012

ALBANELLA. Albanella, l’omicidio del 2 gennaio progettato al bar. La complicità del marocchino valeva 500 euro. Il killer che non rinuncia al Grande Fratello







di ORESTE MOTTOLA  --- VIETATA LA RIPRODUZIONE ANCHE PARZIALE. Alle 20.30 del 2 gennaio Mario Cosimo Marsico rientrerà a casa al suo orario abituale: ”Per vedere la puntata del Grande Fratello alla quale non rinunciava mai”, racconta agli inquirenti la moglie. La mattanza in via Fravita, con Armando Tomasino e Maria Francesca Lamberti massacrati da oltre sessanta coltellate inferte da uno quei coltellacci che vengono usati per uccidere i maiali, non è stata ancora scoperta. I carabinieri arriveranno alle 20,40  chiamati da Dario Santoro, il figlio 19enne della donna uccisa. Il giovane punta subito il dito su Halimi Radouane riferendo dei sospetti di Armando Tomasino, riferitigli dalla madre, proprio sul marocchino, per via di alcuni misteriosi furti recentemente subiti. Radouane – difeso dall’avvocato Gerardo Cembalo - però fa di più, il giorno dopo, di prima mattina si presenta nella caserma dei carabinieri di Matinella e confessa tutto quello che sa: il ruolo di Marsico quale esecutore principale del duplice omicidio e gli accordi che lui stesso ha stabilito per partecipare alla spedizione nella casa di via Fravita. Doveroso un passo indietro. Tutti i protagonisti sono soci di una ditta di fatto tra di loro: Mario Cosimo Marsico e Halimi Radouane, Armando Tomasino e Maria Francesca Lamberti. C’era chi metteva il gasolio e  chi pagava l’assicurazione dei camion. Tomasino metteva a disposizione la anche la casa – officina di via Fravita. Nella ragione sociale della “squadra” tante cose, ufficialmente rigattieri, robivecchi, ecc.  ma i profitti arrivavano dall’incetta di rame da commerciare nei circuiti clandestini. Per un po’ le cose vanno bene, basta leggere i lunghi elenchi di sottrazioni subite dalle linee telefoniche ed elettriche delle campagne di Albanella, Capaccio e Altavilla…  La rottura la racconta agli inquirenti la moglie di Marsico: “La società è durata fino a Natale scorso, poi so che litigano per motivi economici”. Marsico non ci pensa su per molto tempo. Il 26 dicembre incontra Halimi nel circolo ricreativo di via San Nicola di Albanella. “Lo informava che era sua intenzione uccidere il Tomasino detto Pezzettella, in quanto quest’ultimo gli doveva dare di soldi”. E nell’ordinanza di custodia cautelare, redatta dai sostituti procuratori Chiara Minerva e Rosa Volpe, si legge:  “L’appoggio che avrebbe dovuto dare l’Halimi era quella di fare da “avvistatore”, sia prima dell’azione omicidiaria, ovvero verificare se il Tomasino era a casa, e sia nel corso dell’esecuzione dell’azione delittuosa, in quanto avrebbe dovuto controllare il sopraggiungere sul posto di terzi. Tanto in cambio di 500 euro”. Stipulato l’accordo di massima i due stabiliscono modalità e tempi. E niente più telefonate tra di loro. Nell’accordo scellerato non c’è la soppressione della Lamberti. Per Marsico doveva essere il delitto perfetto. L’ora “x” è fissata per il pomeriggio del 2 gennaio, alle 18.  Halimi con una scusa deve andare a via Fravita e vedere chi c’è nel capannone – casa di Tommasino. La scusa dovrà essere che è in cerca di qualche litro di gasolio. Lo fa e racconta anche di aver visto Tomasino impegnato in un violento litigio con la Maria Francesca Lamberti. Già che c’è li divide. Sapendo ciò che accadrà da lì a qualche minuto si allontana. Non avverte però la donna. Rimane nei paraggi, nascosto dalla vegetazione, a fare il palo. Vede arrivare Marsico con l’auto a fari spenti e due suoi complici (che non riconosce perché entrambi seduti sul sedile posteriore dell’auto) gli dà il via libera e alle prime grida della Lamberti (la prima a essere uccisa, forse perché intuisce ciò che Marsico e i suoi complici vogliono fare) scappa a gambe levate da via Fravita. La mattina dopo è dai carabinieri e il suo racconto permette di far luce rapidamente sul duplice delitto. Nel racconto di Halimi Radouane ci sono ancora molte ombre ed interrogativi. E, qualora fosse vero, altri due assassini sono tuttora in libertà. LE NOVITA'. I funerali di Armando Tomasino si terrano domani mattina a Albanella, presso il santuario di Santa Sofia. Ai due arrestati è stata applicata direttamente la custodia cautelare in carcere e non più il fermo. Marsico continua a professarsi innocente mentre Halimi Radouane ha ammesso le sue responsabilità.

venerdì 6 gennaio 2012

Vent'anni fa toccò a me ricordare Enzo

Le sensazioni e i ricordi ancora si affollano nella mia mente e non riesco a dare a essi una forma ordinata, concreta, tant’è ancora l’emozione e soprattutto lo scoramento per dover essere costretto a scrivere al passato. Di me e di Te. Ho aspettato affinché tu  potessi tornare e restare vivo tra noi con il tuo sorriso generoso. Ho immaginato tante volte la scena: la tua macchina che arriva veloce e come al solito si ferma con una brusca frenata, poi il rumore del freno a mano tirato energicamente. Apri la porta di casa, e - come facevi sempre - dimenticando di chiuderla, entri. Siamo un bel po’ oltre la mezzanotte, io sono nel salotto davanti alla tivù  per vedere gli ultimi tiggì. Tu - vedendo la mia faccia stupita e sorpresa - mi dici: “Eh, ve l’ho fatta. Non dire niente a nessuno. Voglio vedere le facce di tutti domani mattina”. No, purtroppo le facce di tutti noi portano ancora i segni del dolore, mamma e papà sono invecchiati di colpo. Renaldo e Turindo si sono buttati a capofitto nel lavoro.
Ho voluto prendere un po’ di tempo per scrivere di te. Volevo togliere dai miei pensieri e dalle mie emozioni la fisicità  di una perdita, il senso di una mancanza materiale, dell’impossibilità di corrispondere. Di litigare. Di amare. Di comunicare. Sto cercando di trovare dei modi per continuare a vivere io insieme a te. Può essere, questo, un qualcosa per inventare più agilmente e facilmente i motivi per andare avanti, continuare a vivere e a soffrire. Ad esistere. Per rendere omaggio ad una breve vita ricca di affetti, di generosità, di spirito di sacrificio, di dolcezza umana e di stile. Di allegria e di un istintivo senso dell’umorismo. Che odiava le usanze. Che amava i bambini, pieno com’eri di voglia di vivere, di combattere senza mai arrendersi, disperarsi, imprecare o maledire la sorte. Con l’ottimismo dei vent’anni. Innamorato dell’idea stessa della sfida.
Era arrivata a sorpresa solo per il calendario quella giornata dell’estate del 1992. Con la temperatura già alta nessuno di noi vi aveva fatto caso. E dalla nostra casa di Sgarroni si sentiva ora un fruscio d’ali, ora un cinguettio d’uccelli o si poteva vedere il silenzioso volo di una bianca farfalla. Davanti, a far da panorama prossimo biancheria stesa ad asciugare, solito vento sbarazzino giocante fra i rami e più forte sul cocuzzolo sul quale poggia la nostra casa, candide nubi in cielo sereno, dalla strada il rombo lontano di un motore... Ed un sabato sera da dedicare ad una pizza, una festa.
Ti avevo visto per un intero pomeriggio lavare il tuo camion, poi nel corridoio al telefono con Paola. Ti lasciai così... Turindo era andato a mangiarsi una pizza con gli amici e si troverà su quella maledetta Statale a Ponte Barizzo e ti vedrà morire. Renaldo stava con Ida a Reggio Emilia. Papà, mamma e Mario dopo la consueta dura giornata di lavoro, avevano guardato un pò la tv e poi erano andati a dormire. Non è facile per me misurarmi con la tua figura. Tra noi c’erano dodici anni di differenza. La mia era l’ultima generazione che ricordava qualcosa del vecchio mondo contadino, che era andata anche tante volte ai Tenimenti a pascolare le capre. Che tiene ben impressa nella mente la Sgarroni attraversata da una precaria stradetta d’estate piena di polvere e d’inverno invasa da veri e propri fiumi d’acqua e di fango. La tua era già la generazione della tivù e della motorizzazione di massa. E tu amavi talmente tanto parlarne di ruspe, escavatori, trattori, automobili. Era il tuo mondo. Il mio, no. La mia testa era (ed è) attraversata fortemente da questo conflitto lacerante tra il mondo agreste e le tecnologie. La zappa ed il computer. Distruggere e conservare. Sperare nel nuovo che potrà portare il Parco Nazionale del Cilento, il turismo, l’agricoltura di qualità. Fantasie... Ma al Nord hanno già i soldi mi dicevi. Questo mio stress ed inquietudine non ti appartenevano. Sai, quella notte e quella terribile prima mattinata del 21 giugno io le ho attraversate volando. Non ricordo. Ho dentro di me solo la corsa verso l’Ospedale di Battipaglia senza sapere cos’era successo. Turindo che mi annuncia - proprio là davanti - che tu te n’eri andato e poi Antonio Guerra che mi tira dentro la sua macchina - prima che io stramazzi a terra - e subito dopo in un bar della Variante tenterà di farmi bere una camomilla. L’entrata in quel bar ebbe qualcosa di surreale. Un fratello ti ha appena detto che hai perso un fratello e l’amico premuroso ti costringe ad entrare e tu - che non hai la forza per argomentare un rifiuto e che tenti di aggrapparti a mille specchi per conservare un minimo di comportamento normale. No, dopo qualche sorso bevuto diventando un automa sono ritornato in me... e una lama affilata è  entrata dentro il mio corpo. Forse là mi sono reso conto per la prima volta di quel ch’era successo. Poi, usciti dal bar e tornati nella macchina il pensiero corse velocemente a papà e mamma, chissà dov’erano. Quella mezz’ora da Battipaglia ad Altavilla è diventata interminabile. I pensieri più strani affollavano la mia mente. Sono questi frangenti che ti fanno davvero fare i conti con la tua vita. Poi l’arrivo a casa, i parenti già quasi tutti lì e quelli che mancavano alle 3 - 4 di notte, zio Turindo li chiamava tutti ed io sentivo e potevo immaginare la sorpresa di chi veniva strappato dal sonno da quella notizia... Ma fino alle 6 sembrò  tutto un sogno, poi con il giorno la tragedia cominciò a disegnarsi nelle sue orrende fattezze. Il vuoto - assoluto ed irreversibile - per me è cominciato da quell’ultima volta che ti ho visto, purtroppo inanime, al centro tanatologico dell’Ospedale di Battipaglia. Eufemismo, per dire semplicemente obitorio. L’illuminazione consisteva in scarsi e freddi tubi al neon. Intorno a te c’erano salme che segnalavano vite finite nel modo più disparato e disperato. Non era stato fatto alcuno sforzo per rendere allegro l’ambiente. D’altronde sia chi giaceva sui letti di marmo che chi andava a riprendersi i corpi aveva ampiamente superato il punto in cui l’apparenza poteva ancora servire da consolazione.
Mentre ero lì ebbi la netta percezione della irreparabilità della perdita. E scoppiai in un pianto a dirotto. Credo d’aver perso in quel momento qualsiasi percezione del tempo. Ma per quanto può bastare piangere? E poi lo strazio di andarti a scegliere la bara. Non la dimenticherò nelle poche ore che sostò qui a casa tua. Con i miei sforzi penosi per convincermi - mentre la guardavo - che tu ti eri trasformato in quei bellissimi fiori che la tua Paola aveva voluto metterti sopra. Tu fosti uno degli ultimi a nascere in casa. Poi venne la serie delle cliniche. Era l’1 febbraio del 1972 nell’abitazione più vecchia della contrada Sgarroni, quella che era già stata dei nostri avi, di nonno Rosario e poi nostra.
Dai balconi e dalle finestre di quella casa si vede l’Alburno maestoso, un bel pò della striscia azzurra del Calore, la bella collina della Tempa della Guardia. Venisti su da sempre con un carattere indipendente e vivace. Avevi gli occhi vispi, luminosi, pieni di curiosità e di naturale intelligenza. A questo aggiungevi un’aria sbarazzina e scanzonata, da scugnizzo. Ho dentro di me alcune scene. Quella sera del terremoto del 1980, quando tu con papà foste gli ultimi a capire di che si trattava e solo dopo varie urla usciste tutti e due fuori dalla cucina. E quell’altra volta che tu che appena appena ti muovevi da solo (avevi due/tre anni) quando ti trovarono che già eri a metà del guado del fiume Calore perchè ti eri accorto che dall’altra parte c’era Renaldo e volevi andarlo a raggiungere. Ed in questo fatto c’erano i tratti del tuo carattere. Ed era quasi una predestinazione. Non ti piaceva stare fermo ed avevi la risposta pronta per tutto e tutti. Sai, mi ricordo bene l’ultima volta che abbiamo discusso. Doveva essere il 5 o il 6 giugno. La campagna elettorale di Altavilla stava finendo e tu mi annunciasti - in anticipo - che mi sarebbe andata male. Lo vuoi capire sì o no che devi farti i bigliettini con il tuo nome e girare casa per casa. La prossima volta voglio mettermi io e farò così. Voglio vedere... Era difficile farti capire il mio spirito decouberteniano. Dell’importante è partecipare. Tu volevi subito vincere. Ma la sorte e le coincidenze non vollero ed interruppero la tua rincorsa.

tuo fratello Oreste

Il nostro saluto a Renaldo Mottola

Nel pomeriggio del 10 ottobre 2009, a Matinella, frazione di Albanella, in un incidente perdeva la vita mio fratello Renaldo, 45 anni.  Ha lasciato la moglie Ida Gorga, e i figli Antonio (12 anni) e Benedetta (5). Lo sconforto di noi familiari (già provati da analoghe tragedie) è stato incommesurabile. A questi sentimenti diede voce, al termine della cerimonia funebre, celebrata magistralmente da don Carlo Ciocca, mia nipote Marica, 16 anni, che ha scritto e letto quello che leggerete di seguito.
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Caro zio Renaldo, ti indirizzo queste parole sia a nome dei tuoi figli Antonio e Benedetta che di noi nipoti Marica, Enzo e Grazia. Non c'è un modo più facile di dire certe cose se non facendolo con il cuore, anche se ormai quello di molti di noi si è spezzato.Vogliamo dirti ciò che avremmo dovuto dirti prima, quando ancora i tuoi occhi erano capaci di brillare e le tue labbra di sorridere pieni di vita e di amore.
Purtroppo il destino ha stabilito che te lo dicessimo solo ora... forse è troppo tardi o forse no, perché crediamo che dal cielo, o da qualsiasi altro luogo dove ora è finita la tua anima innocente, tu ci stia ascoltando. Molti penseranno che questo testo, queste frasi, queste parole, insomma questa lettera, sia solamente un bel po' di inchiostro scritto su di un foglio bianco, invece sono dei pensieri più che profondi scritti su cinque piccoli cuori. Infatti, anche se siamo ancora troppo giovani e privi di esperienze importanti e significative, siamo perfettamente in grado di percepire delle emozioni talmente forti come quelle che una persona così ricca di allegria, laboriosità e generosità, è stato capace di suscitarci, sia da padre che da zio.
Non potremo mai dimenticare tutti i momenti più belli passati insieme, le feste, le vacanze e i compleanni resi più felici e divertenti, dalle tue battute spiritose, dal buon senso e dalla visione sempre ottimistica della vita per poi non parlare dei periodi difficili, come la morte di nonno Antonio, in cui cercavi sempre di sdrammatizzare la situazione, con il tuo coraggio e forza d'animo.
Come padre hai fatto tutto e di più, affrontando qualunque tipo d'ostacolo. Le coccole, gli abbracci, i baci, i consigli, gli insegnamenti, i complimenti, le sorprese, gli aiuti, le preghiere, e pure i rimproveri ma sempre in senso buono e tante altre cose ancora... Come puoi notare è un elenco più infinito dell'orizzonte. Solo così posso raccontare quello che sei stato per noi.
Come zio, ti sei comportato in una maniera altrettanto efficace. Perciò vorremmo poter riavvolgere il film della tua esistenza, farlo tornare indietro, per poterti urlare il nostro grazie... un grazie che per noi vuol dire tutto. Cioè un'unica parola che racchiude in sé tutta una parola di significati e sentimenti, la quale non può esser messa al pari di nient'altro, perché non esistono delle sensazioni uguali a quelle provate da tutti noi, non solo moglie, figli, nipoti, genitori, fratelli e parenti, ma anche colleghi ed amici.
Se solo un gran numero di preghiere e ringraziamenti potessero far resuscitare una persona come te avremmo sicuramente di nuovo qui il nostro dolce papà e nostro zio. Sappiamo che questo non è possibile, perciò ci chiediamo a cosa serve questo nostro affliggerci.
Sì forse perché questo è il modo per accendere nei nostri cuori quella piccola ed inesauribile luce che per noi simboleggerà per sempre la tua presenza, di certo non fisica ma spirituale.
Così ogni volta che faremo una scelta, compiremo gli anni, passeremo un esame, così come ogni altro passo impegnativo, penseremo prima a te, a quello che ci avresti consigliato, alla tua simpatia ed al tuo sorriso che non morirà mai e poi mai, perché sarà sempre vivo nei nostri ricordi.
  MARICA MOTTOLA

Ettore Bielli, il comunista che disse no a Togliatti e si fece anarchico.

 di Oreste Mottola

Di professione decoratore di talento, è stato lui a dipingere l'esterno del vecchio cinema De Marsico a Sala Consilina dove fu confinato politico dal 1939 al 1943. Da uomo libero ci rimase fino al 1947. Con i tedeschi in rabbiosa ritirata nascose sotto la sua abitazione due ebrei. Così li salvò, a prezzo della sua vita, lui il più sospettabile, dalla deportazione e dalla morte. Quando arrivarono gli Alleati spese la sua parola di confinato, di antifascista doc, salvando dalla fucilazione i gerarchi fascisti di Sala ritenuti dei collaborazionisti dei tedeschi. "Mio padre era uno che amò la libertà e il vivere da uomo libero", Wladimiro Bielli, dirigente d'azienda salernitano racconta suo padre Ettore, romano, prima comunista e poi anarchico. "Fu uno dei pochi, con l'avvocato Ceriello di Laviano e Mannucci, un confinato toscano, che osarono sfidare Togliatti e la sua "svolta di Salerno". Bielli passò tra le fila dell'anarchia. "La sua idea della politica come servizio alle classi subalterne contrastava con l'idea degli impiegati della rivoluzione, magari pagati coi soldi dei russi", dice Wladimiro. Nella città del Vallo, lo racconta Mimmo Calicchio, aveva organizzato una sezione comunista con più di quattrocento iscritti. Chi lo ha conosciuto e frequentato è stato Giuseppe Galzerano, professore ed editore, che ancora oggi, nel 2005, non ha paura di dichiarsi anarchico ma veste sempre in giacca e cravatta blu. "Bielli è stato uno spirito libero, quelli che oggi mancano. Una persona semplice e solare". Dalla vecchia Salerno di via Duomo negli anni Cinquanta e Sessanta, Bielli e Angelo Dino, tennero alto il vessillo dell'anarchia che Bakunin aveva impiantato a Napoli. Un'idea romantica e nonviolenta della politica che s'infranse contro le ondate di scontri di piazza che il caso disgraziato di Giovanni Marini, anche lui anarchico, coinvolto nella brutta storia della rissa, poi degenerata, con il missino Falvella. Fu così che anche a Salerno la parola passò alle spranghe e ai picchiatori. Finì il generoso Sessantotto. Ma Ettore Bielli non c'era più , il decoratore gentile, dalle amicizie potenti alle quali mai chiese un favore, morì il 4 aprile del 1972, ed ebbe un funerale civile, con le bandiere rosse e nere della sua vita, che per lui finalmente avevano fatto pace.






mercoledì 4 gennaio 2012

Omicidio Mottola, delitto senza colpevoli e moventi la Procura archivia la famiglia non si arrende

RICORDATE LA “CAVALLINA STORNA”. (…) “Mia madre l’abbracciò su la criniera / “O cavallina, cavallina storna,/ portavi a casa sua chi non ritorna!/ A me, chi non ritornerà più mai!/ Tu fosti buona… Ma parlar non sai!/ Tu non sai, poverina; altri non osa./ Oh! ma tu devi dirmi una una cosa!/ Tu l’hai veduto l’uomo che l’uccise: / esso t’è qui nelle pupille fise./ Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome. / E tu fa cenno. Dio t’insegni, come”./ Ora, i cavalli non frangean la biada:/ dormian sognando il bianco della strada./ La paglia non battean con l’unghie vuote:/ dormian sognando il rullo delle ruote./ Mia madre alzò nel gran silenzio un dito: / disse un nome… Sonò alto un nitrito”.
Poesia scritta da Giovanni Pascoli in seguito alla morte del padre, avvenuta in circostanze misteriose nell’agosto del 1867
Il delitto imperfetto, una scia di sospetti ma senza un movente e i colpevoli. E’ quello avvenuto intorno alle 22 del 20 dicembre del 2007, in località Castelluccio, nel comune di Altavilla Silentina. Un colpo di fucile da caccia uccide Antonio Mottola, autista della Sita sulla tratta Salerno – Campagna. Con tante assonanze con la poesia di Giovanni Pascoli che una volta a scuola si faceva imparare a memoria ai bambini e che impressionava tutti, e per sempre, perché parlava del dramma più grande che ti poteva accadere: perdere tuo padre in maniera violenta, immotivata e senza mai avere certezze sui nomi ed i moventi dei responsabili. E’ il dramma che vivono tre giovani di Altavilla Silentina. Che non vedono gli inquirenti venire a capo del bandolo della matassa sul destino del loro papà ed anzi devono assistere ad uno stillicidio continuo di chiacchiere ed illazioni.
IL FATTO. L’uomo aveva appena parcheggiato il suo bus a Campagna e faceva ritorno nella sua abitazione di Olivella di Altavilla anche quella sera. Vicino al luogo dell’agguato c’è una frequentata scuola di ballo. L’azione è fulminea e non sarà impossibile trovare testimoni del fatto. Tre anni di indagini non portano a nulla. Pochi giorni fa il sostituto procuratore Ernesto Stassano, aderendo ad una richiesta del gip Gaetano Sgroia, ha archiviato le indagini. La motivazione: “Non è stato possibile acquisire elementi sufficienti per ricostruire le vicende ed individuare l’autore del delitto”. A tale provvedimento si sono opposti, senza successo, gli avvocati Ezio Catauro e Carmine Gallo, che rappresentano la moglie di Antonio Mottola, Paola Vuolo, ed il figlio maggiorenne, Emilio. Per entrambi la conduzione delle indagini, soprattutto nei primi due – tre giorni, quelli fondamentali nell’individuare i responsabili, è stata lacunosa.”Non è stato rilevato quale marcia ci fosse innestata nella Seat Cordoba di mio marito – rileva Paola Vuolo – così non sappiamo se egli sia stato fermato, magari poche centinaia di metri prima, o se sia stato vittima di un agguato mentre, come era solito fare in quel tratto, avesse innestato la quinta marcia”. “Mio padre verrà trovato quasi subito nell’auto che va a fermarsi da solo nel fossato di Castelluccio. Perchè i carabinieri – dice Emilio – non istituiscono immediatamente dei posti di blocco nella zona?”. C’è ancora un’altra stranezza – fatta sempre notare dal figlio – e che riguarda le almeno cinque telecamere che ci sono nel tratto da Campagna ad Altavilla. Quasi una settimana dopo la sera dell’omicidio tocca a lui, messo sull’avviso da un amico, andare a sollecitare i carabinieri trovare eventuali elementi utili nelle registrazioni delle telecamere fino a quel momento ignorate dagli inquirenti. La stessa vita privata di Antonio Mottola è stata passata ai raggi X, qui gli inquirenti hanno espresso la migliore professionalità, facendo emergere il tratto di un uomo normale, tranquillamente diviso tra lavoro, famiglia ed hobby della caccia. Nient’altro. “Così come non hanno trovato nessuna conferma le infamanti voci fatte circolare sul nostro congiunto spesso da ambienti riconducibili o avvicinabili agli inquirenti”. Fuori da ogni accusa sono i carabinieri della locale stazione di Altavilla Silentina che hanno fatto tutto il possibile. Ma è evidente, anche alla luce dei magri risultati conseguiti, che c’è stato un difetto di coordinamento ed anche di mancata fornitura dei necessari imput investigativi.
Nella memoria inviata ai giudici gli avvocati Catauro e Gallo mettono al centro della loro requisitoria il fucile a canna singola, calibro 12, del tipo di quello usato alla caccia, con appostamento, alla caccia al cinghiale, arma che si trova in possesso di diverse persone che in qualche maniera sono entrati nel raggio d’azione dell’inchiesta sull’omicidio Mottola. Quel fucile è quasi come la “cavallina pascoliana”, continuamente interrogato per arrivare alla verità. E che però non è capace nemmeno di dire sì o no a tutti i nomi dei sospetti proposti di volta in volta.
LO SCAMBIO DI PERSONA. Così come c’è l’inquietante ipotesi di Antonio Mottola vittima di uno scambio di persona, ovvero che l’assassino abbia ucciso la persona sbagliata nell’automobile giusta, per via della generosità di Antonio, uso a dare in affidamento la sua auto, nei turni di lavoro, ad amici rivelatisi poi infidi e con frequentazioni pericolose. Anche in questo caso l’inchiesta, nonostante la famiglia avesse fornito utili dettagli, si è inspiegabilmente fermata.
Non sufficientemente battuta è anche la pista, affacciata già nelle prime ore dal fatto, di un possibile incidente venatorio. “Nelle sere successive all’omicidio – fanno notare gli avvocati Catauro e Gallo – tale nutrito gruppo di cacciatori non è stato più visto nei soliti luoghi, nei bar e ristoranti soliti, ritornando a frequentarli nuovamente molto tempo dopo la sera del 20 dicembre 2007″. Perchè, come scrive nella sua relazione, il medico – legale Giuseppe Consalvo: “l’omicidio commesso con un colpo esploso da un fucile a carica singola di calibro 12, a distanza superiore a 100 metri, alle spalle della vittima con direzione antero posteriore, dal basso verso l’alto, appaiono verosimilmente NON incompatibili con il tipico appostamento utilizzato nella caccia al succitato animale selvatico”.
IL PERSONAGGIO. Per i compaesani da sempre era Kociss, per via del suo del suo amore giovanile per gli indiani d’America. “Briciola” era per i passeggeri abituali dei suoi bus.  Incensurato, nessun problema sul posto di lavoro (dipendente della Sita, impegnato da anni sulla tratta Salerno-Campagna). Nessuna particolare difficoltà di natura economica: insomma, nulla che potesse spingere qualcuno a tendergli un agguato. La vita privata di Antonio Mottola degli ultimi vent’anni passata al setaccio dagli inquirenti. Nessuna particolare zona d’ombra. “Rimarrai sempre il miglior autista del mondo”. Lo sottoscrissero, su di un piccolo manifesto fotocopiato ed attaccato ai muri di Campagna, con i loro nomi e cognomi, decine di ragazze . Dopo centinaia di chilometri fatti assieme, le giovani che frequentano il magistrale “Teresa Confalonieri” l’avevano ribattezzato “Briciola”, forse per il suo fare simpatico e da amico. Un rapporto costruito giorno dopo giorno con centinaia di persone. Con tutti l’autista di Altavilla era cordiale e affabile.
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“CHI SA PARLI”. Alla fine della lettura vi sarete resi conto che queste note non sono state scritte per far riemergere una vicenda che si voleva, da più parti, seppellire nell’oblio, o peggio, rendere di nuovo sanguinanti ferite che, per chi ha conosciuto e voluto bene ad Antonio, sono sempre aperte nel nostro animo. No, il mio è un vero e proprio appello ad andare a rendere noti ai Carabinieri quei pezzi di verità che in tanti affermano di sapere.

lunedì 2 gennaio 2012

CAPACCIO. Luigi Di Lascio: «Dobbiamo ricostruire il rapporto tra cittadini e Comune»


Cinque anni fa il compianto professore Gigino Di Lascio rilasciava quest'intervista. Idee sempre attuali che si ritiene utile offrire alla riflessione di tutti ma in particolare a coloro che continuano la sua azione politica.
La sua candidatura è arrivata un po’ a sorpresa. «Non avrei mai maturato con pienezza e convinzione questa decisione se non ne avessi discusso prima con un insieme di persone a cui mi accomunano sensibilità, idee e valori. “ spiega – Non mi candido da solo, ma mi candido perché una parte importante della società di Capaccio intende ridare dignità nazionale e internazionale a Capaccio-Paestum».

BIOGRAFIA

Dopo la militanza nel Partito Comunista (è stato consigliere comunale dal '75 all'80 e dall'85 all'87), Luigi Di Lascio ha deciso di mettere esperienza e tempo a disposizione della sua città. Cinquantanove anni, è nato a Capaccio dove il padre Giuseppe ha svolto il lavoro di bracciante agricolo e di custode del Consorzio di Bonifica di Paestum. La madre Ermelinda era anche lei bracciante agricola. «Mio nonno “ racconta con una punta d’orgoglio “ dopo la prima guerra mondiale fu uno dei fondatori della cooperativa L’aratro, chiusa con il consolidamento della dittatura fascista».
Docente di Informatica all’università degli Studi di Salerno, il suo campo di ricerca è l’intelligenza artificiale. In passato è stato docente di matematica e fisica al liceo scientifico e docente formatore per conto del ministero della Pubblica istruzione in centinaia di corsi per docenti di matematica e fisica per il rinnovo della didattica. Ha partecipato al piano nazionale per l’introduzione dell’informatica nelle scuole superiori. Dopo l’esperienza amministrativa ha continuato a fare politica e a occuparsi di temi sociali, politici ed educativi al di fuori di ogni appartenenza di partito. Ha costituito e animato l’associazione dei pendolari “Antichi trenisti”, è stato tra i fondatori e animatori del comitato “Riapriamo il cinema Myriam” e del Comitato “Amici della Costituzione del “48” che a Capaccio ha ottenuto una valanga di no al referendum.
RINASCENZA
Lei dice che intende dar luogo alla rinascenza. Che vuol dire “rinascenza”?
«E” il termine che usano gli storici per indicare la rinascita delle strutture comunali al termine del periodo Carolingio. Il Comune diventa punto di riferimento per nuovi ceti urbani, si instaurano nuovi rapporti tra i ceti sociali. Nasce il processo che porta all'epoca moderna. Quindi abbiamo la voglia, il desiderio, la forza, di avviare a Capaccio una rinascenza con lo stesso significato senza radicalismi né scontri, con calma, con serenità, con l'accordo di tutti».

IL COMUNE E I CITTADINI

Quali sono secondo lei i problemi da affrontare subito a Capaccio?
«Innanzitutto ricostruire il rapporto tra cittadini e Comune, dando ai cittadini la dimostrazione che esiste un” istituzione capace di dare risposta ai loro problemi, sia come individui che come soggetti sociali. Sia come individui, per avere soluzioni per le difficoltà che ogni giorno si presentano nella loro esistenza. Sia come soggetti sociali nel senso che sia capace di produrre servizi e beni strettamente connessi con le relazioni tra le persone. Questo è un comune che da anni ha abbandonato i cittadini».
In che senso?
«Ha abbandonato i cittadini perché i cittadini non si sentono protetti dal Comune relativamente alle esigenze che hanno sia da un punto di vista esistenziale che sociale. Le persone si lamentano delle scarse qualità dei servizi, delle mense scolastiche, dello stato delle scuole, dell’inefficienza dei servizi comunali di ogni tipo. Si lamentano di assenze clamorose».

Ad esempio?

«Ad esempio dell’assenza di un servizio di informazione al pubblico, dell’assenza di sportelli che siano capaci di fornire informazioni relativamente a tutte le cose che riguardo le istituzioni, i loro bisogni. Informazioni che in qualche modo li possano orientare nella loro quotidianità».

LE OCCASIONI PERSE


Capaccio in passato ha perso parecchi opportunità di finanziamento, opportunità che l’avrebbero potuta cambiare.

«E' una storia vecchissima che in qualche modo permette di consolidare il convincimento che non si tratta di superficialità o di un approccio carente di metodologia, ma di cattiva volontà. Due episodi utili: uno l’assurdo contratto con le Ferrovie dello Stato che rovescia completamente la logica che avrebbe dovuto determinare il contratto. Normalmente si fa così: tu mi fai il sottopasso, io dopo chiudo il passaggio a livello. Ma non è andata così. Risultato: sono passati più di due anni, i fondi per fare il sottopasso sono bloccati presso la Banca d’Italia. Si è fatto un errore gravissimo relativamente alla valutazione dell’impatto archeologico. Invece di farlo a 600 metri com’era stato concordato, è stato fatto a 300 metri. Non si è trattato di un errore di misura. Un errore di più o meno il 10 % è considerato normale. Qui si è fatto un errore del 50%. Non è possibile che avessero uno strumento così scassato. Qualcuno ha usato degli occhi sbagliati. Per cui quel sottopasso si è voluto ritardare. Il risultato: quattro milioni e mezzo bloccati alla Banca d’Italia, un comune diviso in due, danni economici e finanziari alle persone, una stazione di Paestum completamente abbandonata e ora lasciata agli atti vandalici. Questo credo sia un esempio utile.
Un altro caso di finanziamento perduto: hanno chiesto un finanziamento per intervenire sul convento. Gli amministratori erano stati avvertiti che il convento non è di proprietà del Comune. Ma nonostante ciò, nonostante sapessero che il finanziamento non poteva essere erogato per ristrutturare manufatti sui cui il Comune non avesse la proprietà, hanno comunque fatto la pratica per il finanziamento. Il risultato è stato che il Comune di Capaccio è stato l’unico nella Regione Campania a non godere di finanziamenti su quel Por. Non posso pensare che si sia trattato di persone che non sanno né leggere né scrivere».
Perché lo avrebbero fatto?
«Io non vorrei esprimere un'opinione di carattere generale su un episodio simile. Lasciamo che la parola dei cittadini emerga sempre di più e metta insieme i fatti e non fatti che si sono avuti in questi ultimi anni e possa esprimere un giudizio libero, che speriamo sia un giudizio a noi favorevole. Però posso dire un fatto di carattere generale che non è collegato con quello di cui abbiamo parlato ma che è una prova di quello che stiamo dicendo. Un Comune che funziona può ridurre il potere politico, il potere di interdizione, il potere di controllo, l’efficacia del ricatto del ceto politico che governa la comunità. Un comune che funziona obbliga il politico a costruirsi consenso sulla qualità del suo agire e non sul potere che esso detiene. Posso pensare che le cose peggio vanno è meglio è, perché peggio vanno e più dipendenza nasce. Questo è un fatto accertabile in ogni momento della storia dell’umanità. Il controllo sui cittadini di Capaccio è un controllo raffinato, intelligente e molto articolato».
L'AMBIENTE
Molti cittadini di Capaccio collegano il nome di Luigi Di Lascio al ricordo della protesta per il taglio degli alberi in Viale della Repubblica, che allora si chiamava Via Elice Codiglione. Qualcuno teme che lei possa essere un sindaco che impedirebbe lo sviluppo urbanistico ed economico della città.
«E' perlomeno curioso pensare che tagliare alberi significhi far sviluppare l’economia. Sono stati tagliati da 1400 a 1600 alberi. Allora feci il calcolo sull’efficienza fotosintetica di quegli alberi e di quanto ossigeno producessero. Quegli alberi producevano ossigeno per 600 persone. Quindi abbiamo tagliato un serbatoio di ossigeno immenso in una fase di variazione climatica che porta temperature con un’umidità pericolosa soprattutto per gli anziani. Si è trattato di un gravissimo errore. Noi avevamo fatto una proposta di un taglio intelligente che consentiva di conservare la maggior parte degli alberi e di aprire un percorso pedonale all’ombra, mentre invece quello che c'è oggi d’estate diventa inutilizzabile. Ma quel taglio fu fatto anche perché al Tar, al quale ci rivolgemmo, fu presentato un progetto di rialberamento che prevedeva la piantumazione di circa 20 mila piante. Le 20 mila non sono mai state ripiantate. Per cui fu fatta prendere una decisione sulla base di un progetto mai realizzato.
Cosa propone per la difesa dell’ambiente?
Fondamentalmente noi abbiamo bisogno di realizzare un programma di intervento sull’ambiente che sia di difesa e valorizzazione, cercando anche di rimuovere una visione astratta del concetto di ambiente che non interagisce continuamente con gli esseri viventi. L’ambiente è lo spazio fisico nel quale viviamo e che ci permette di vivere solo se ha determinate caratteristiche.
Noi siamo interessati da mutazioni climatiche che produrranno il deserto entro cinquant’anni in questa zona. Per questo noi cercheremo di mettere in atto tutti gli interventi che possono tentare di invertire la tendenza negativa e di proporli a imprenditori, contadini, cittadini e così via. Quel taglio fatto in quel modo è scellerato e non vorrei che fosse il segno di una insensibilità a fenomeni che mettano in crisi la possibilità di una continuazione della vita su questo pianeta. Non sto lanciando un allarme tragico. Sto soltanto dicendo quello che l’Onu, l’Unione Europea e la totalità della comunità scientifica internazionale dice da anni. Basta prendere il documento dell’Onu di pochi giorni fa, i dati della Protezione civile sulla siccità prevista per l’estate 2007 e così via. E non è che queste cose riguardano altri. Queste cose riguardano noi».

LA COSTA

Parliamo della fascia costiera…
«Nel 1997 fu consegnato un programma di risanamento, di ristrutturazione e di valorizzazione e quindi di eliminazione dell’abusivismo e di rilancio del turismo, da Roberto Paolillo. Un lavoro egregio, che prevedeva oltre trenta parcheggi, che prevedeva una ristrutturazione completa della fascia che parte a monte della pineta e arriva sulla spiaggia, che aveva la preoccupazione di equilibrare i fenomeni dinamici tra litorale e mare, perché il litorale sta scomparendo, che apriva una serie di accessi al mare».

C’è anche un fenomeno di erosione costiera.

«D'estate, a sinistra del Sele, il mare arriva praticamente sotto i lidi e il fenomeno continuerà a peggiorare se si continuerà a pensare che fare una strada da Foce Sele ad Agropoli, come qualcuno irresponsabilmente, ma credo in buona fede, dice, sia una cosa positiva. Non capisce che questa strada è una delle cause di modifica della dinamica litorale-mare a favore della penetrazione del mare verso il litorale. Il progetto di Roberto Paolillo chiede alle persone di fare cinquanta metri a piedi, parcheggi, quindi lavoro per le cooperative. Non conosco il piano di Forte. Ovviamente noi vogliamo che vi sia un incremento dell’offerta turistica compatibilmente con la conservazione dell’ambiente. Il lavoro di Roberto Paolillo sarebbe un’ottima soluzione».
Lei terrebbe in considerazione il lavoro fatto fino ad ora per il Piano Spiaggia?
«Se è una buona soluzione non c’è problema. Noi siamo per la soluzione dei problemi, per non fare interventi ideologici sulla realtà, ma prendere la realtà e mettere la realtà e i soggetti che vi sono dentro nella migliore condizione e interazione, per guardare a uno sviluppo che valorizzi l’ambiente e migliori la qualità della vita, incrementi il senso di benessere e porti più persone con soddisfazione a Paestum. E sicuramente la situazione attuale non favorisce il processo che sto dicendo».
L”ABUSIVISMO

Capaccio è un paese in cui dilaga l’abusivismo, una situazione particolare è quella della 220. Cosa ne pensa?
«Per quanto riguarda la 220 e l’area archeologica anche qui la soluzione è già pronta perché questo è un comune in cui le soluzioni ci sono ma tutto congiura perché non solo non vengano concretizzate, ma addirittura siano nascoste e rimosse immediatamente dalla conoscenza.
Nel 2001 il progetto di parco archeologico a Paestum che farebbe di quel sito un modello di sistemazione antico-moderno, valido per tutte le aree archeologiche, è stato oggetto di un concorso, vinto dal gruppo guidato dal professore Emanuele Greco, che non parte, per responsabilità in parte del Comune, sembra, in parte della Sovrintendenza. Riprendiamo questo parco archeologico. Abbiamo il coraggio per la prima volta di pensare in grande a Paestum. Questo progetto di parco archeologico è la nostra proposta. Questo parco vede Paestum come il fulcro attorno al quale organizzare il territorio a Capaccio-Paestum».
Questo significherebbe chiedere a chi c’è di andare via?
«No, non vanno via quelli che ci stanno, viene soltanto rimodulata la loro presenza. Le persone continueranno a tenere le attività lì. Tra il 1996 e oggi si sono avute anche modifiche e interventi che sicuramente era il caso di non fare. Una cosa è certa: la città di Paestum non è mai appartenuta a nessun programma politico. La prima volta che si è discusso di Paestum in consiglio comunale è stato quando io ero consigliere comunale negli anni Ottanta e organizzai una settimana di seminari-conferenze con il professore Emanuele Greco nel cinema di Capaccio Scalo, che allora era aperto, che si concluse la domenica mattina con una visita guidata da lui stesso a studenti e cittadini che avevano partecipato. Perché Paestum è continuamente rimossa dalla coscienza degli amministratori, dalle loro preoccupazioni ed è rimossa da qualunque disegno progettuale che riguardi lo sviluppo del territorio».
Torniamo alla 220. In quell’area vive una popolazione di sei, sette mila abitanti, ci sono molte case abusive e ci si lamenta di non poter fare innovazioni a causa dei limiti imposti dalla legge.
«Qui c’è un grave problema pregresso: com’è possibile che sia successo quello che è successo? Com’è possibile che lo Stato si sia ritirato da qualunque azione di controllo di quell’area” La responsabilità è soprattutto dello Stato, perché la 220 è una legge dello Stato. Quali strumenti ha messo in atto lo stato per far sì che quella legge venisse rispettata” La risposta è facile e la situazione la conosciamo. Ora il problema è un piano di risanamento che prenda atto di quello che c’è e cerchi di bloccare una volta per sempre ulteriori scempi. Ci sono case vecchie di quarant’anni, di cinquant’anni. Si tratta di arricchire la zona di infrastrutture che rendano il posto più vivibile e permettano una qualità di vita migliore. Che abbiano una ricaduta positiva anche sulle relazioni tra le persone. E' inutile pensare ad un abbattimento generalizzato. Invece è possibile, lavorando seriamente, senza prepararsi a strizzare l’occhio agli abusivi, fare un intervento di risanamento di cui già parla Airaldi nel suo bellissimo prg che è stato completamente disatteso. E' una di quelle storie vecchie che si lasciano volutamente incancrenire perché i problemi che non si risolvono sono quelli che in qualche modo favoriscono qualche gruppo politico. Perché un problema che non si risolve significa un gruppo di cittadini che ha bisogno del potere politico».

LA FAMIGLIA

Capaccio è una città in cui ci sono molte persone benestanti, basta guardare le automobili che circolano. Eppure c’è anche molta povertà.
«Non ho dati sul livello di povertà a Capaccio. A Capaccio ma credo che la fascia di persone sotto il livello di povertà sia molto ampia. E sono molto preoccupato per questa situazione e credo che questo sarà uno dei miei interventi principali che pensavo di poter fare attraverso le diverse associazioni di assistenza e di aiuto alle persone che vi sono sul territorio. L’altra mattina, mentre andavo a lavoro all'università, mi ha fermato un signore per strada. La sua dichiarazione è stato come un pugno nello stomaco. Lui mi ha detto “Guardati intorno. Tutto quello che vedi è un'illusione. Qui la gente sta male, stiamo malissimo. I nostri figli hanno un poco di lavoro solo se se ne vanno fuori. E molti dei nostri figli sono a rischio nella vita”.
Questa è la realtà e a questo noi dobbiamo dare una risposta. Costruendo un comune, l’abbiamo chiamata la rinascenza, che possa essere un punto di riferimento, non soltanto in termini di servizi che produce per la collettività come insieme di soggetti sociali, ma di aiuto individuale che il comune può dare al singolo, come persona, come esistenza unica diversa da quella di un altro. Allora pensiamo a sportelli, pensiamo a consulenze psicologiche, e così via».

A parte questo, che tipo di sostegno avete pensato per le famiglie?

«Ad un sostegno economico attraverso un circuito di microcredito che vorremmo attivare con la collaborazione delle banche e di società specializzate. Così le famiglie potranno accedere a piccoli prestiti per poter far fronte ad esigenze che si presentano stagionalmente: i libri per i figli, una manutenzione straordinaria in casa. Un microcredito che sarà pensato anche per le donne che vogliono attivare piccole attività imprenditoriali.
La seconda cosa è un sostegno che abbiamo chiamato seminario di consapevolezza. No, siamo in presenza di una trasformazione del mondo che coinvolge non soltanto le basi materiale, ma coinvolge anche le strutture cognitive e secondo qualcuno è una vera e propria trasformazione antropologica. Negli ultimi 10 anni il nostro rapporto con lo spazio, con il tempo, con gli altri esseri umani, con la tecnologia, con la scala di valori, è cambiato con una velocità che non si è mai avuta nella storia umana. Per cui si cominciano ad osservare comportamenti assolutamente imprevedibili. Sia i comportamenti sul piano della normalità che i comportamenti sul piano della non normalità. Quindi il problema è che tipo di intervento il Comune, come luogo in cui si realizza una sintesi di una comunità e nella quale si proiettano le ansie, le angosce e le difficoltà di vita di una certa comunità, possa attuare. Quindi si tratta di lavorare per una ristrutturazione cognitiva. Non è possibile continuare ad avere con lo spazio, con il tempo e con le cose questo tipo di rapporto che produce fiumi crescenti di ricorso alle droghe, disaffezione sempre maggiore verso lo studio, perdita del valore dell’autorità, disconoscimento del valore di guida dei genitori, rifiuto dell’esperienza accumulata dalle generazioni precedenti».
Ma il Comune cosa può fare?
 «Io non posso né fare una delibera né un’ordinanza sindacale. Posso però come Comune verso il quale si proietta questo disagio, costruire iniziative con le scuole, con operatori specialistici, con i genitori d’accordo a rimettere insieme le maglie di un senso di appartenenza a una comunità che si sta perdendo e alla ricostruzione di un’identità, di un senso del sé, che costruisca relazioni produttive, di benessere, di reciproca soddisfazione. I giovani non sono migliori o peggiori del tempo in cui avevo sedici anni. Sono uguali allora. Hanno le stesse speranze, gli stessi disagi, gli stessi bisogni, le stesse incazzature ce avevamo noi a sedici anni.
Quelli della mia generazione sono stati più fortunati perchè quando avevamo sedici anni eravamo in una fase storica che, a parte la fase della guerra fredda, era una fase ricchissima, di ottimismo e soprattutto ricca del valore della convinzione che ognuno organizzato insieme agli altri potesse essere proprietario del proprio destino, potesse essere colui che poteva insieme agli altri organizzare il destino del mondo intero. C'era dentro di noi un sentimento che portava ad avere una visione positiva di sé stessi e delle relazioni con gli altri.
Oggi gli uomini si trovano a vivere dentro un sistema comunicativo che li corrompe continuamente. Il modello di vita che è dentro le loro menti, che si instaura per effetto della pubblicità, soprattutto, e della televisione, è devastante. Li porta a comportamenti violenti e li porta in un modo terribile ad esibire la violenza. Rispetto a noi di 40 anni fa, loro sono ugualmente i soggetti più forti portatori di una carica innovativa. Ma mentre in noi la carica innovativa parallelamente si presentava ad un rifiuto della società, loro invece vivono una contraddizione: la carica innovativa si scontra con una mancata visione critica dello stato delle cose. Vivono in un’epoca nella quale vengono continuamente usati dal mercato soltanto come consumatori, corrotti da una comunicazione che falsifica la realtà. E non c’è nessuno che dice che i giovani sono il futuro del mondo.
Quando avevo 16 anni, ero figlio di braccianti, facevo il liceo classico, mi riempivano la testa della notizia che io, dal liceo classico, sarei stato la futura classe dirigente. Vero o falso che fosse qualcuno mi mandava il messaggio: noi dipendiamo da te. Oggi il problema è che il ragazzo e la ragazza sono soltanto consumatori. La scala di valori che hanno li porta al disconoscimento del valore del sapere, disconoscimento dei sacrifici e del lavoro che serve per raggiungere un determinato obiettivo, incapacità a resistere alle difficoltà della vita, non accettazione del fatto che la vita è una sequenza continua di alti e bassi, che quella è la normalità. La normalità non è il sentimentalismo becero che si osserva quotidianamente in tv nella prima fascia pomeridiana, il sessismo acuto e perverso su cui è costruita la maggior parte della comunicazione televisiva.
D’altra parte un bambino di sette anni, su cui non interviene il filtro critico della famiglia che è in crisi, una volta che si trova immerso in questa rete di comunicazione, divide la sua mente in modo che per lui quella è la normalità. Io sono convinto che c’è nei giovani l’intelligenza, il sentimento necessario, per cui aumenti la consapevolezza dello stato delle cose, nasca dentro di loro un maggior senso critico sui loro comportamenti.
Ritornando al Comune?
«Il Comune può fare progetti con le scuole. Progetti insieme ai genitori. Qui ho la mia lista di donne “Non me ne sto in disparte” in cui si parla di città sostenibile per le bambine e per i bambini. Si possono fare una serie di interventi che aggreghino i giovani intorno alla riscoperta che lo stare insieme è il modo migliore per condurre la propria vita, non quella di consumare il sabato e la domenica in qualche modo stordendosi per dimenticare sé stessi».

LA SQUADRA AMMINISTRATIVA

Ha già un “idea di come organizzare la squadra amministrativa in caso di vittoria”

«D’accordo con i partiti che mi sostengono e con i gruppi di società civile che mi sostengono. Ho deciso di non fare nomi. Ma i criteri li ho già fissati. Prima dei criteri chi verrà a lavorare dovrà sapere dove viene a lavorare, per che cosa, in quale organizzazione, quale compito lo aspetta, qual è l’efficienza e l’efficacia che deve raggiungere. Devono sapere che faranno parte di un'organizzazione in cui lo spirito collaborativo sarà il valore fondamentale e questo spirito si tradurrà nel fatto che ogni assessore avrà una visibilità, avrà i suoi canali di soddisfazione, avrà il riconoscimento di tutto ciò che avrà realizzato nell’ambito del programma.
Prima del Comune dovremo strutturare degli assessorati. E” impensabile che una ditta come il Comune di Capaccio, con il bilancio che ha e dovendo servire 22 mila cittadini non abbia una struttura di assessorato. Un assessore a Capaccio non ha la possibilità materiale, funzionale, logistica di dirigere nulla di quello che lo riguarda. Non è possibile fare niente perché questo comune, come struttura logistica non esiste. Se vai sul comune, dirigenti, impiegati, sono ristretti in volumi nei quali manca addirittura l’ossigeno. Ciò gli impedisce di lavorare serenamente. Un cattivo ambiente lavorativo ti fa passare la voglia di far le cose bene: non hanno spazio per muoversi, sono letteralmente assediati da faldoni, è impossibile lavorare in quell’ambiente. Dovremo riorganizzare tutto costruendo gli assessorati, intesi come una filiera a capo della quale c’è un assessore che utilizza competenze interne ed esterne per la realizzazione del suo programma.
Penso anche che dovremmo lavorare molto a costituire un gruppo di lavoro che intercetti tutti i tipi di finanziamento che si possono ottenere per poter realizzare opere pubbliche, attività a favore dei giovani e così via-. Questo significa uscire dal dilettantismo, uscire dalla casualità. Dobbiamo lavorare consapevoli che stiamo realizzando un prodotto per il quale serve una forte organizzazione.
Per tutto questo servirà l’ampliamento della sede comunale a Capaccio o addirittura trovare a Capaccio il luogo in cui fare una più grande sede. Gli assessorati saranno coadiuvati da una rete di cittadini, che saranno un” preannuncio” dei comitati di quartiere che potranno svolgere rapporti tra l’amministrazione e il comune per quanto riguarda gli interventi che l’amministrazione realizza sul territorio, borgata per borgata. Una rete di cittadini che partecipa all’attività amministrativa e alla realizzazione del programma relativamente a piccoli obiettivi come un marciapiede da aggiustare, vedere cosa accade in un posto, lavorare con i giovani».

Altri comuni hanno collocato la loro sede in un palazzo antico.

«Pensiamo anche a questo perché nel programma c’è l’acquisizione del Palazzo Stabile, che è molto antico, che mi hanno detto che è in buone condizioni. Sarebbe l’occasione per avere una grande casa comunale nella quale i cittadini si possono specchiare con soddisfazione».

Avete stretto alleanze in vista di un eventuale ballottaggio?

«Due mesi fa io insieme ad atri, abbiamo deciso di mettere in piedi questa iniziativa politica con l’idea che fosse arrivato storicamente il momento d’intervenire e di dare un messaggio di risanamento. C’è la possibilità di migliorare la vita in questo comune, c’è la possibilità di rimettere in piedi lavoro, cultura, sviluppo territoriale di un certo tipo, c’è la possibilità di fare un comune che pensi a tutti. Non un comune che concede o che minaccia, perché questo molto spesso è un comune che minaccia. Quindi ci siamo messi sulla nostra strada, abbiamo costruito i manifesti in cui 50 cittadini dicono perché sostengono la mia candidatura, abbiamo iniziato a dare alcuni elementi del programma. Abbiamo rifiutato qualunque teatrino della politica “io sto con te, tu stai con me” e quindi ci siamo messi su un piano di estrema responsabilità dicendo “questa è la nostra lettura dello stato della società di Capaccio, queste sono le nostre soluzioni. Siamo pronti a discuterle e a condividerle con chi vuole”. Quindi le logiche degli accordi non ci interessano assolutamente».

LE ASSOCIAZIONI

Che ruolo avranno le associazioni nella sua amministrazione?
«Un ruolo importante. Il comune di Capaccio è ricco di stupende associazioni di giovani che fanno stupendi lavori di aiuto e di assistenza alle fasce più deboli e che fanno addirittura interventi oltre confine a favore delle popolazioni dell’Africa. Penso ad esempio ad Oltreterra, penso all’associazione guidata dal dottore Mallamaci. Ritengo che queste associazioni siano una fortuna per il paese. Bisogna considerarli una fortuna per la ricostruzione del senso di appartenenza di una città. Quindi loro avranno da noi il massimo aiuto. Io sono socio di Oltreterra e darò loro come alle altre associazioni di volontariato il massimo aiuto».
L”AGRICOLTURA
L’agricoltura e assieme al turismo il principale volano economico di Capaccio. Cosa prevede il vostro programma?
«Faremo di ogni contadino uno sceicco. Anche in questo settore il potere del Comune è limitato, ma può svolgere un grande ruolo di promozione, di incentivazione, di creazione delle condizioni minime perché le persone possano passare alle energie rinnovabili e diventare energeticamente indipendenti.
Penso a quelli che costruiscono i palazzi, agli imprenditori turistici, alle aziende, agli artigiani. Un poco alla volta, soprattutto con il fondo energia che mette a disposizione la nuova finanziaria sarà possibile creare sistemi fotovoltaici in modo che ogni contadino possa essere energeticamente indipendente. Questo con calma, creando attesa e consenso. Se è possibile in collegamento con la diversificazione dell’attività agricola e faremo in modo che ogni podere possa aprire una piccola attività di accoglienza come turismo rurale. Quindi andiamo verso l’agricoltura in modo che si possano ridurre le spese del due o tre percento e possano cominciare a piantare colture più specialistiche, accedendo anche a metodi di coltivazione biologica. In modo che essi stessi possano partecipare alla commercializzazione e alla collocazione diretta e sicura del loro prodotto».
Paola Desiderio