domenica 11 dicembre 2011

Io e i miei paesani siamo fatti così. Una confessione



ALTAVILLA CAPUT MUNDI!

La maggior parte dei paesi interni salernitani sono dominati dal criterio dell’uniformità. Spesso hanno anche un solo nome. C’è dove si producono solo i fagioli e si cucinano solo le castagne, dove sono stati tutti briganti o carabinieri, dove gli abitanti hanno, fateci caso, le stesse “facies”: segno di uno scarso scambio di patrimonio genetico. In altri paesi, soprattutto in quelli di mare o spiaccicati accanto alle vecchie vie storiche, c’è tutto e il contrario di tutto. Il sangue si è abbondantemente mischiato per tutta una serie di ragioni che non è il caso d’indagare: guerre, immigrazioni, pellegrinaggi, tanto per fare un elenco. Il mio paese, Altavilla Silentina, sta tra i secondi. E se ne vanta. Perché non è sul mare e non ci passavano le strade consolari romane. Ed ancora oggi una misconosciuta strada che porta a Castelcivita e a Roccadaspide è affogata dagli scalini e dai balconi di via Borgo S. Martino. Un bus, di quelli a due piani non ci passa. Altavilla caput mundi!
Ci fu un tempo che vide gli etruschi a Pontecagnano ed in tutto il Picentino, i greci d’Occidente tra Paestum e Velia con i lucani appostati e guardinghi sugli Alburni: Altavilla è lì, a poche decine di chilometri di distanza da tutti questi luoghi. Perfettamente equidistante. Sì, da tutti abbiamo preso ed a tutti abbiamo dato. Anche ai pirati berberi che sovente, e prepotenti, ci fecero visita. Molti di noi potrebbero facilmente andare nel Maghreb e confondersi coi locali. Sorridete pure, siamo un paese aperto: il centro antico non è chiuso tra le gole di un’inaccessibile montagna ma ci s’arriva risalendo le giogaie di dolci colline. E quando la Piana del Sele era malsana per i miasmi della palude e la malaria non perdonava, quassù qualcuno (non tutti, per la verità) si godeva la vita. Questo raccontano le tante storie del Castello dove i discendenti dell’abate Ciccio Solimena vissero, o meglio se la spassarono, per oltre due secoli. Tutti quelli che passavano per la pubblica via dovevano ossequiare i signori e le cose migliori andavano a loro. I furbissimi briganti che stavano dentro al vicino bosco di Persano, una specie di Supramonte salernitano di quei tempi, sulla collina altavillese ci venivano perché avevano gli appoggi di tante donne – vivandiere. Si confina con Persano con un lungo tratto del bello e pescoso fiume Calore. I re qui erano di casa. Carlo III, Francesco e Ferdinando di Borbone amavano venirci a caccia. Goethe ci venne e ne scrisse. Hackert la dipinse. Fu culla dell’allevamento della razza equina omonima che trionfò in diverse Olimpiadi ed oggi è sede della Brigata Garibaldi: una delle più “operative” unità dell’Esercito italiano. È il passato con le sue luci (poche) e le tante ombre. Ancora: altri hanno avuto le industrie coi soldi dello stato? Noi di Altavilla, oltre alle regolamentari tre torri, sul gonfalone comunale abbiamo, virtualmente, i caseifici che sfornano la mozzarella più buona del salernitano. Un successo costruito, in meno di un decennio, da allevatori oggi diventati industriali. Torna il tema di una Altavilla Silentina doppia o una e trina: divisa tra una Piana del Sele alla quale appartiene per l’agricoltura avanzata ed una imprenditoria vivace, ed un territorio collinare che è cilentano per tante consonanze, non secondaria quella musicale. C’è l’Altavilla Silentina dell’appartenenza religiosa raccontata dalle oltre trentacinque chiese ma anche da un non troppo passato “culto” massonico dalle atmosfere sulfuree.

Oreste Mottola

orestemottola@gmail.com

Quattrocento posti di lavoro, otto milioni di euro di fatturato, tutti al gusto di fragola Inventati da Antonio Valitutto, con la regia di Gianni Quaranta, docente di agraria a Potenza


 ORESTE MOTTOLA orestemottola@gmail.com
In un altro paese uno che in vent’anni e più di lavoro si è inventato una metodologia produttiva che ha creato, compreso l’indotto,  ben quattrocento posti di lavoro, per il 90% donne, non stagionali, dignitosi e pagati bene, avrebbe avuto lauree honoris causa e cavalierati. Siamo a Sicignano degli Alburnine l’hanno appena nominato assessore comunale all’agricoltura, al demanio ed alla protezione civile. . Si chiama Antonio Valitutto, ha 46 anni, diploma di perito agrario ad Eboli, e studi universitari interrotti. "Mi sarebbe tanto piaciuto continuare, ma le possibilità economiche non c’erano…".   Fra i suoi brevetti c’è anche il superamento, in modo molto creativo, della storica avversione alla cooperazione. Più semplice è stato sicuramente il problema di regolare la presenza, ed il peso, della neve sulle serre, con dei particolari "avvolgineve" che vegono tagliati e la lasciano cadere.   La vecchia Statale 19, l’autostrada e poi i nuovi svincoli segnano il paesaggio del "campo delle fragole".  "Da qui in 25 minuti si sarà a Salerno come a Potenza", altro che più zona interna!. La coltivazione è quella della "fragola rifiorente" che richiede attenzione assidua   poiché non è coltivata nel suolo e che produce frutti che per qualità, profumo, fragranza sono commercializzati sui mercati interni ed esterni. A differenza di un tempo, la stagione delle fragole ora dura tutto l’anno. E per raccoglierle non ci si deve più piegare e farsi deformare dall’artrosi. E sono buone le nuove fragole degli Alburni. Oltre ad avere un sapore squisito come pochi altri frutti, la fragola è notoriamente ricca di proprietà salutari. Note da sempre, infatti, le sue proprietà digestive, depuranti e rinfrescanti, favorite dalla presenza di sostanza quali il fosforo ed il potassio.
I Camaleonti lo cantavano negli anni ’70:"Io, una vita a modo mio. Nel campo delle fragole mi addormentai…".
Antonio non ci si è addormentato. Anzi, ci ha studiato "su quel campo", notte e giorno. Sì, dapprima c’erano le fragoline di Petina e di Sicignano. Crescevano in montagna. Le piantine però potevano crescere anche nei campi al limite del bosco, coltivate. Venne la sagra e poi il grande successo d’immagine. Più il mercato ne chiedeva e meno diventava conveniente coltivarle e raccoglierle. Ad un certo punto l’importazione dalla Francia o dal Piemonte ebbe la meglio. E questo è il momento che entra in scena Antonio Valitutto, che nella seconda metà degli anni Ottanta ha l’intuizione delle potenzialità della varietà "rifiorente", ovvero che nel corso dell’anno emette i fiori in continuazione. "Vidi la pubblicità di un vivaista di Cuneo. Mandai a chiedere le piantine. Le misi a dimora. Però mi accorsi che andavano migliorate geneticamente, anche perchè la ricerca ufficiale e le grandi ditte sementiere se ne disinteressavano". La produzione delle "rifiorenti" arrivate dal Piemonte va benissimo ma ha l’handicap di dare centinaia di   variazioni: nessuna pianta è mai uguale all’altra. Il punto di svolta dell’attività di Antonio Valitutto è quando vede che una delle piante che gli arrivano dal Piemonte è molto bella e produce grandi quantità di fragoline dal ricco aroma. Lui ne divide la ceppaia e le ripianta e poi le propaga per seme. Il risultato finale è straordinario: una pianta bella e produttiva, e dai frutti gustosissimi, popola le serre di Valitutto. "E’ una mia selezione – rivendica con orgoglio Valitutto- sto registrandola".      
Ed ancora "I Camaleonti" : "Il campo delle fragole tu non sai dov’è. E aspetti che sia il mondo tuo a sorvolare te" .  Dove sono uno se ne accorge da lontano. Una ventina di aziende aziende agricole alle falde degli Alburni e sulle rive del Tanagro, per poco più di quaranta ettari coperti da serre, la questione non spaventa nessuno. Se diciamo che produce anche quattrocento posti di lavoro e almeno otto milioni di euro di giro d’affari, la cosa cambia. E se ha strappato al nord Italia: Piemonte, Veneto e Trentino, la leadership italiana nella coltivazione e commercializzazione dei frutti minori del bosco : operai, tecnici degli impianti tecnologici dove vengono prodotte fragoline e altri prodotti del ottobosco. Le zone: località Cropana di Sicignano, al confine con Auletta, una zona a produzione intensiva; località Acquara di Zuppino, Piano San Vito, le produzioni nei pressi dello svincolo autostradale di Sicignano. Una ventina di imprenditori locali ci investono decine di milioni di euro e il loro impegno per commercializzare il prodotto in tutta Italia.
Nell’azienda di Antonio Valitutto, 70 dipendenti, 1500 quintali all’anno di fragole di bosco prodotte, al primo posto nell’organizzazione produttiva locale. Fornisce i mercati generali di Bologna, Firenze, Genova, Bologna, la catena di supermercati Esselunga. Gli imprenditori agricoli del segmento sono organizzati una sorta di cooperativa di fatto dove ognuno produce per sé ma la collaborazione tecnica e commerciale è massima. Sono esperti imprenditori, in qualche caso specializzati, come Giovanni Quaranta, docente di economia e politica agraria presso l’Università della Basilicata.  
 "Il polo" della fragolina di bosco degli Alburni è organizzato secondo i principi dell’autonomia e dell’integrazione funzionale. C’è un "nucleo" composto dal fratello e dalla sorella di Antonio Valitutto, dove sono strettamente integrati produzione e commercializzazione, mentre quest’ultimo aspetto è trattato assieme con le aziende che conduce la moglie di Gianni Quaranta.
Nel campo delle fragole, lontano, dentro me. E mi dispiace solo che volando ho perso te…Ancora loro "I Camaleonti".
"Sono stato il primo a fare le coltivazione fuori suolo in Campania". Le fragoline sono coltivate in una soluzione di torba e pomice del Vesuvio ed alimentate, tramite tubicini comandati da un computer centrale, che miscela acqua e nutrienti. "Le dosi vanno variate, la sfida è tutta qui. Su questo ho innovato tanto perchè non smetto mai di studiare". Grazie a queste "diavolerie" agronomiche la produzione delle fragoline di bosco si è estesa lungo l’intero periodo dell’anno. "Produciamo da aprile fino a gennaio senza riscaldare le serre, usiamo solo accorgimenti agronomici: mettiamo la calce sopra le serre così da ridurre la luce. Poi giochiamo sulla riduzione delle dosi di concime. Prima intossicavamo la pianta, così facendo gli diamo vita". Questo è uno degli aspetti più importanti del "miracolo" della fragolina degli Alburni. "In Sicilia iniziano a dicembre e finiscono a maggio, in Trentino – come a Cuneo – vanno da giugno ad ottobre, A Napoli vanno da maggio a giugno. Noi siamo gli unici che arriviamo a coprire quasi tutto l’arco dell’anno".    
 "Capacità, spirito di sacrificio, l’impegno, studio ed aggiornamento", sono i concetti che hanno informato l’attività di Antonio Valitutto. Manovra con l’Mcm net4, il software che con il quale gestisce tutte le fasi della climatizzazione delle serre: lo produce la trevigiana Spagnol e costa più di 15mila euro: "Ventilazione, apertura e chiusura delle serre, le comando con un clic", racconta orgoglioso.  
E’ una storia di sacrifici. Come l’emigrato piemontese le "rubò" dalla Francia per impiantarle a Peveragno, provincia di Cuneo, che sul frutto ha costruito il suo piccolo miracolo economico, Valitutto le ha sottratte ai piemontesi e, come gli israelian nel deserto del Negev, le ha fatte crescere fuori dalla terra. "E’ troppo argillosa, con ristagni d’acqua", racconta. Non c’entra molto  "The Strawberry Statement" di  Stuart Hagmann,  " Fragole e sangue", film del 1970 sul sessantotto, ambientato nel centro (americano) del sessantotto, cioè a Berkeley. Gli studenti di fronte all’ineluttabile supremazia della ben organizzata polizia americana, su indicazione del leader (nero) si mettono a sedere in cerchio nella palestra cantando "Give peace a chance" di John Lennon, e continuando imperterriti anche mentre la polizia li prende di peso ad uno ad uno, strattonandoli e malmenandoli. Ma ci piace pensare che, come nel film, anche questa è una storia di resistenza nonviolenta e di testardaggine.

I numeri e l’economia
"I calendari di lavoro sono sempre più regolarizzati", racconta Gianni Quaranta. "Il fatturato è stimabile in almeno sette, otto milioni di euro. Con un indotto fatto di trasporti, concimi, ferro e plastica. Per arrivare a porci come vero e proprio distretto dovremmo cominciare a produrre in loco anche i cassettini. "Seimila quintali di fragoline prodotte vuol dire 600mila cassettini a mezzo euro l’uno è già un buon fatturato, e poi non lontana c’è la Piana del Sele", calcola Valitutto. "Le economie di scala sono ancora lontane".
La zona è destinata ad area di sviluppo produttivo. Nel Puc del comune di Sicignano è destinato alle attività produttive. "Qualcuno potrebbe anche mettersi a produrre i materiali per l’irrigazione, strappando agli israeliani quote di mercato significative, visto che si tratta di tecnologie di ultimissima generazione".
C’è anche la coscienza di stare in una zona destinata allo sviluppo. I lavori per l’ammodernamento dell’autostrada vanno spediti e da qui nascerà anche quella che porterà a Potenza e Metaponto. La logistica promette bene. In 25 minuti si potrà essere a Potenza e a Salerno.  
"Abbiamo anche l’orgoglio di avere attivato un meccanismo economico – racconta Gianni Quaranta – che ha una forte ricaduta sul territorio. Il 70% delle spese sono per la manodopera, che è tutta locale. Se non avessimo messo in campo l’innovazione spinta della fragolina degli Alburni oggi non avreste più sentito parlare. Poi il nostro è un caso da manuale per il recupero delle buone pratiche agricole di una volta…". A vedere Valitutto davanti al computer, che apre e chiude automaticamente le porte e le finestre delle serre non si direbbe. "Eh no. Non si tratta di tornare a fare le cose come una volta, ma di recuperarne il principio che non va perso. Come per i muretti a secco, usiamo il principio della flessibilità e la sostenibilità, no ai muri di cemento".  

Il marchio di qualità
"Si sta lavorando al marchio di qualità. Si sta lavorando per il disciplinare. Si parte dalle produzioni di Petina, sarà di tipo collettivo ed identificherà le produzioni dell’intera zona. "Il posto delle fragole" è anche uno dei più noti film di Ingmar Bergmann. La trama ci racconta di un tempo che scorre inesorabile e spesso non c’e ne rendiamo conto e nella maggior parte delle volte non ci fermiamo neanche a riflettere sulla vita trascorsa, sulle scelte fatte e sulle loro conseguenze future. Ma alla fine tutti i nodi vengono al pettine e capita allora che, in un certo momento della nostra esistenza, si arrivi a tirare le conclusioni e a valutare i successi e gli insuccessi ottenuti.
Onore quindi ad Antonio Valitutto e a Gianni Quaranta che, in questa zona, senza fare inutili chiacchiere, penalizzati dal comune di Auletta che non mette mano alla strada della Cropana, hanno fatto la loro rivoluzione.


Oreste Mottola