Tra le borgate di Roccadaspide Tempalta è la più
sorprendente: allegra e solare, ricca di miti e storie, piena di gente sincera
e cordiale. Se fai un piccolo sforzo d’immaginazione trovi finanche una colonna
sonora fatta di semplici ballate al suono dell’organetto. Ed è dolce sentire i
“cunti” davanti al focolare mangiando le “vrole”, le caldarroste. Si va dalle
avventure del coraggioso brigante Mastino, a Bastiano il pastore “chiainaro”
che morì da queste parti durante il percorso della transumanza da Piaggine alla
Piana del Sele ed al quale è intitolato un ruscello e (dopo aver mandato i
bambini a dormire) al racconto del tragico fatto di sangue ancora avvolto nel
mistero. Erano le epopee che raccontava zì Domenico Bellissimo, che aveva un
eloquio che incantava grandi e piccini. Tempalta è terra di dolore e fatica,
per il contributo dato all’emigrazione, al lavoro nei campi di Capaccio ed
Eboli (“Ogni mattina partivano cinque autobus con donne, ragazzi ed uomini che
andavano a giornata da quelle parti”, ricorda il ferroviere Gabriele D’Angelo)
e poi “la paranza” raccontata da Enrico Antico, ovvero la squadra dei mietitori
che lavorava a cottimo nei campi di grano. Tempalta è stata anche terra di
guaritori che attingevano ad un sapere ancestrale (e ad un’ingenuità di uomini
e donne semplici). Li chiamavano “fattucchiare”, ma il giudizio di oggi può
anche essere meno denigratorio. “Giovannina De Marco – ricorda il professor
Cosmo Galardo – era una donna eccezionale. Era dotata un’intelligenza e di una
sensibilità non comuni. Davanti alla sua casa c’era sempre la fila. Da
Castelcivita era un via vai continuo”. Il rimando all’ambiente fisico è
obbligato. La forza degli elementi naturali rimanda sempre all’antica
soggezione dell’uomo rispetto agli elementi primigeni.
Aggregandovi un po’ di case sparse dei dintorni, oggi
Tempalta arriva a mille abitanti. E’ una borgata che si è formata nel corso
degli ultimi due secoli (grazie anche alla strada provinciale e ai suoi punti
vendita), nella parte alta della contrada omonima. La sua storia è parallela a
quella di Fonte, che si differenzia da Tempalta, per avere più pianura e
montagna mentre qui è tutto è dominato dalla collina. Contadini infaticabili ed
artigiani ingegnosi, questa è stata, da sempre, l’anima di Tempalta. Le grate e
i cesti di Fortunato Lettieri, le cammaracanne di Luigi Galardo, gli aratri di
legno, i tini e le botti di Luigi D’Angelo, e poi i tanti muratori che con poca
calce e tanta ‘rena rossa’ hanno edificato case su case.
La storia di Tempalta è presto fatta. Ce la traccia Enrico
Antico, evocatore con ‘La Canestra’ della civiltà rurale di questa terra. Il
primo nucleo di carattere commerciale, la prima pietra che ha dato vita alla
borgata, fu creato da Vincenzo De Rosa. Questo pioniere nato col Borbone e
vissuto coi Savoia, nacque nel 1848 da Pietro e Rosa Ippolito ed ebbe 16
fratelli e sorelle. Fu militare a Torino, caporale, si congedò nel 1873.
Tornato a casa praticò il mestiere di costruttore di ‘embrici’. Fu lui ad
aprire la prima rivendita di tabacchi. Intanto si era aperta la strada che dal
Barizzo porta a Roccadaspide passando proprio davanti a casa sua.
IL GIRO DELLE TRE TEMPENato nel 1995 come una grande festa
popolare tra giovani, anziani e donne. Poi è diventato una manifestazione
sportiva di rilievo nazionale. Richiamava ogni anno almeno 200 ciclisti.
PER TENERTI IN FORMA CORRI A TEMPALTA’Perfect Line’ è nata
nel 1993. L’ha creata Tonino De Rosa (diplomato Isef, un altro pronipote del
fondatore della moderna Tempalta). La sua palestra è il princiale luogo di
confronto e discussione tra i giovani della zona e non solo (vengono anche da
Albanella, Castelcivita e Tempalta) tra una lezione e l’altra. E’ specializzata
in fitness, aerobica, step, aeroboxing.
LA NECROPOLI LUCANA
Undici tombe di epoca lucana, alcune delle quali con arredi
funerari preziosi, risalenti al VII ed al V secolo a.c., attualmente conservati
nel museo di Paestum.
LA CAPPELLA DI S. MARTINO
Qui c’era un’antica cappella, ai confini col comune di
Albanella, ed era dedicata a S. Martino. Alcuni anziani della zona ancora
ricordano l’esistenza di pezzi di colonna proprio nel punto in cui, secondo la
tradizione, si trovava il tempio cristiano.
DA ‘LA TRADOTTA’ AL GRUPPO FOLK TEMPALTESE
Un nutrito gruppo di persone, non più giovanissime, diedero
vita a ‘La Tradotta’ un gruppo musicale dove più di ogni altra cosa contava (e
cantava) la voglia di partecipare. Il successo fu così travolgente da approdare
presso la Rai Tv. Oggi un gruppo di giovani (anche d’età) continua quella
leggendaria esperienza.
LA SCHEDA. ARCHEOLOGIA A TEMPALTA
Tempalta è una delle contrade di Roccadaspide ‘ come ci
racconta Nicola Di Dario – di più antica formazione e di maggiore interesse
storico e archeologico per le tracce in essa contenute di un passato ricco di
fascino e di mistero. Adagiata sulla parte più alta della collina dalla quale
ha derivato il nome, domina da un versante la sottostante valle pestana. Il
legame con un passato mitico e affascinante è stato da alcuni anni riscoperto a
seguito di un fortunato recupero archeologico, nel corso del quale è stato
anche possibile stabilire che all’arrivo dei colonizzatori la contrada aveva
già avuto una sua vita autonoma e indipendente. Accadde in una calda mattinata
estiva del 1964. Un agricoltore notò che l’aratro aveva smosso e ribaltato una
grossa pietra squadrata e rettangolare che fungeva da copertura ad una tomba
antica. Incoraggiati dalla scoperta, i ricercatori decisero di proseguire le
indagini sulla parte più alta della collina, ove ai loro occhi stupiti apparve
ben presto una necropoli composta di circa 50 sepolture a fossa, delle quali le
prime 15 risalivano al VII secolo a.C., mentre le altre risultarono databili a
periodi successivi, fino al IV secolo a.C. Nello stesso periodo fu iniziata
un’altra ricerca poco lontano dalla necropoli, non ancora completata, che ha
rivelato tracce di un abitato del V sec. a.C. e di un’altra area sacra (simile
a quella di Fonte) indicativa della presenza greca sul territorio. La collina ‘
scrive sempre l’avvocato Di Dario – composta di marne calcaree scistose, è
letteralmente devastata oggi da ruspe che asportano pietrisco utilizzato per la
manutenzione delle strade campestri e cancellano così quel paesaggio che ancora
custodisce le tracce di antiche memorie.
LA SCHEDA 2 /L’ECONOMIA.
DA TEMPALTA A VENEZIA, PER SOSTITUIRE LE LUCI DI PIAZZA SAN
MARCO
La realtà imprenditoriale di oggi si chiama Dervit SpA, una
società per azioni con un capitale di 517.000’ interamente versato, che ogni
anno aumenta il fatturato e crea ricchezza. E’ di Vittorio De Rosa, il
pronipote del Vincenzo De Rosa che aprì il primo tabacchino. Nasce nel 1984
come ditta individuale di impiantistica elettrica soprattutto nel privato. Il
salto di qualità comincia nel 1990 quando realizza un impianto d’illuminazione
per conto del comune di Belluno. L’esperienza fu positiva e da allora l’azienda
ha continuato ad operare fuori provincia.. Ora il fatturato è per l’80%
realizzato nel Centro-Nord. La maggiore soddisfazione è arrivata nel 1996
quando la Dervit sostituisce e vernicia i corpi illuminanti di piazza S. Marco,
a Venezia.
Oreste Mottola
orestemottola@gmail.com