lunedì 2 gennaio 2012

CAPACCIO. Luigi Di Lascio: «Dobbiamo ricostruire il rapporto tra cittadini e Comune»


Cinque anni fa il compianto professore Gigino Di Lascio rilasciava quest'intervista. Idee sempre attuali che si ritiene utile offrire alla riflessione di tutti ma in particolare a coloro che continuano la sua azione politica.
La sua candidatura è arrivata un po’ a sorpresa. «Non avrei mai maturato con pienezza e convinzione questa decisione se non ne avessi discusso prima con un insieme di persone a cui mi accomunano sensibilità, idee e valori. “ spiega – Non mi candido da solo, ma mi candido perché una parte importante della società di Capaccio intende ridare dignità nazionale e internazionale a Capaccio-Paestum».

BIOGRAFIA

Dopo la militanza nel Partito Comunista (è stato consigliere comunale dal '75 all'80 e dall'85 all'87), Luigi Di Lascio ha deciso di mettere esperienza e tempo a disposizione della sua città. Cinquantanove anni, è nato a Capaccio dove il padre Giuseppe ha svolto il lavoro di bracciante agricolo e di custode del Consorzio di Bonifica di Paestum. La madre Ermelinda era anche lei bracciante agricola. «Mio nonno “ racconta con una punta d’orgoglio “ dopo la prima guerra mondiale fu uno dei fondatori della cooperativa L’aratro, chiusa con il consolidamento della dittatura fascista».
Docente di Informatica all’università degli Studi di Salerno, il suo campo di ricerca è l’intelligenza artificiale. In passato è stato docente di matematica e fisica al liceo scientifico e docente formatore per conto del ministero della Pubblica istruzione in centinaia di corsi per docenti di matematica e fisica per il rinnovo della didattica. Ha partecipato al piano nazionale per l’introduzione dell’informatica nelle scuole superiori. Dopo l’esperienza amministrativa ha continuato a fare politica e a occuparsi di temi sociali, politici ed educativi al di fuori di ogni appartenenza di partito. Ha costituito e animato l’associazione dei pendolari “Antichi trenisti”, è stato tra i fondatori e animatori del comitato “Riapriamo il cinema Myriam” e del Comitato “Amici della Costituzione del “48” che a Capaccio ha ottenuto una valanga di no al referendum.
RINASCENZA
Lei dice che intende dar luogo alla rinascenza. Che vuol dire “rinascenza”?
«E” il termine che usano gli storici per indicare la rinascita delle strutture comunali al termine del periodo Carolingio. Il Comune diventa punto di riferimento per nuovi ceti urbani, si instaurano nuovi rapporti tra i ceti sociali. Nasce il processo che porta all'epoca moderna. Quindi abbiamo la voglia, il desiderio, la forza, di avviare a Capaccio una rinascenza con lo stesso significato senza radicalismi né scontri, con calma, con serenità, con l'accordo di tutti».

IL COMUNE E I CITTADINI

Quali sono secondo lei i problemi da affrontare subito a Capaccio?
«Innanzitutto ricostruire il rapporto tra cittadini e Comune, dando ai cittadini la dimostrazione che esiste un” istituzione capace di dare risposta ai loro problemi, sia come individui che come soggetti sociali. Sia come individui, per avere soluzioni per le difficoltà che ogni giorno si presentano nella loro esistenza. Sia come soggetti sociali nel senso che sia capace di produrre servizi e beni strettamente connessi con le relazioni tra le persone. Questo è un comune che da anni ha abbandonato i cittadini».
In che senso?
«Ha abbandonato i cittadini perché i cittadini non si sentono protetti dal Comune relativamente alle esigenze che hanno sia da un punto di vista esistenziale che sociale. Le persone si lamentano delle scarse qualità dei servizi, delle mense scolastiche, dello stato delle scuole, dell’inefficienza dei servizi comunali di ogni tipo. Si lamentano di assenze clamorose».

Ad esempio?

«Ad esempio dell’assenza di un servizio di informazione al pubblico, dell’assenza di sportelli che siano capaci di fornire informazioni relativamente a tutte le cose che riguardo le istituzioni, i loro bisogni. Informazioni che in qualche modo li possano orientare nella loro quotidianità».

LE OCCASIONI PERSE


Capaccio in passato ha perso parecchi opportunità di finanziamento, opportunità che l’avrebbero potuta cambiare.

«E' una storia vecchissima che in qualche modo permette di consolidare il convincimento che non si tratta di superficialità o di un approccio carente di metodologia, ma di cattiva volontà. Due episodi utili: uno l’assurdo contratto con le Ferrovie dello Stato che rovescia completamente la logica che avrebbe dovuto determinare il contratto. Normalmente si fa così: tu mi fai il sottopasso, io dopo chiudo il passaggio a livello. Ma non è andata così. Risultato: sono passati più di due anni, i fondi per fare il sottopasso sono bloccati presso la Banca d’Italia. Si è fatto un errore gravissimo relativamente alla valutazione dell’impatto archeologico. Invece di farlo a 600 metri com’era stato concordato, è stato fatto a 300 metri. Non si è trattato di un errore di misura. Un errore di più o meno il 10 % è considerato normale. Qui si è fatto un errore del 50%. Non è possibile che avessero uno strumento così scassato. Qualcuno ha usato degli occhi sbagliati. Per cui quel sottopasso si è voluto ritardare. Il risultato: quattro milioni e mezzo bloccati alla Banca d’Italia, un comune diviso in due, danni economici e finanziari alle persone, una stazione di Paestum completamente abbandonata e ora lasciata agli atti vandalici. Questo credo sia un esempio utile.
Un altro caso di finanziamento perduto: hanno chiesto un finanziamento per intervenire sul convento. Gli amministratori erano stati avvertiti che il convento non è di proprietà del Comune. Ma nonostante ciò, nonostante sapessero che il finanziamento non poteva essere erogato per ristrutturare manufatti sui cui il Comune non avesse la proprietà, hanno comunque fatto la pratica per il finanziamento. Il risultato è stato che il Comune di Capaccio è stato l’unico nella Regione Campania a non godere di finanziamenti su quel Por. Non posso pensare che si sia trattato di persone che non sanno né leggere né scrivere».
Perché lo avrebbero fatto?
«Io non vorrei esprimere un'opinione di carattere generale su un episodio simile. Lasciamo che la parola dei cittadini emerga sempre di più e metta insieme i fatti e non fatti che si sono avuti in questi ultimi anni e possa esprimere un giudizio libero, che speriamo sia un giudizio a noi favorevole. Però posso dire un fatto di carattere generale che non è collegato con quello di cui abbiamo parlato ma che è una prova di quello che stiamo dicendo. Un Comune che funziona può ridurre il potere politico, il potere di interdizione, il potere di controllo, l’efficacia del ricatto del ceto politico che governa la comunità. Un comune che funziona obbliga il politico a costruirsi consenso sulla qualità del suo agire e non sul potere che esso detiene. Posso pensare che le cose peggio vanno è meglio è, perché peggio vanno e più dipendenza nasce. Questo è un fatto accertabile in ogni momento della storia dell’umanità. Il controllo sui cittadini di Capaccio è un controllo raffinato, intelligente e molto articolato».
L'AMBIENTE
Molti cittadini di Capaccio collegano il nome di Luigi Di Lascio al ricordo della protesta per il taglio degli alberi in Viale della Repubblica, che allora si chiamava Via Elice Codiglione. Qualcuno teme che lei possa essere un sindaco che impedirebbe lo sviluppo urbanistico ed economico della città.
«E' perlomeno curioso pensare che tagliare alberi significhi far sviluppare l’economia. Sono stati tagliati da 1400 a 1600 alberi. Allora feci il calcolo sull’efficienza fotosintetica di quegli alberi e di quanto ossigeno producessero. Quegli alberi producevano ossigeno per 600 persone. Quindi abbiamo tagliato un serbatoio di ossigeno immenso in una fase di variazione climatica che porta temperature con un’umidità pericolosa soprattutto per gli anziani. Si è trattato di un gravissimo errore. Noi avevamo fatto una proposta di un taglio intelligente che consentiva di conservare la maggior parte degli alberi e di aprire un percorso pedonale all’ombra, mentre invece quello che c'è oggi d’estate diventa inutilizzabile. Ma quel taglio fu fatto anche perché al Tar, al quale ci rivolgemmo, fu presentato un progetto di rialberamento che prevedeva la piantumazione di circa 20 mila piante. Le 20 mila non sono mai state ripiantate. Per cui fu fatta prendere una decisione sulla base di un progetto mai realizzato.
Cosa propone per la difesa dell’ambiente?
Fondamentalmente noi abbiamo bisogno di realizzare un programma di intervento sull’ambiente che sia di difesa e valorizzazione, cercando anche di rimuovere una visione astratta del concetto di ambiente che non interagisce continuamente con gli esseri viventi. L’ambiente è lo spazio fisico nel quale viviamo e che ci permette di vivere solo se ha determinate caratteristiche.
Noi siamo interessati da mutazioni climatiche che produrranno il deserto entro cinquant’anni in questa zona. Per questo noi cercheremo di mettere in atto tutti gli interventi che possono tentare di invertire la tendenza negativa e di proporli a imprenditori, contadini, cittadini e così via. Quel taglio fatto in quel modo è scellerato e non vorrei che fosse il segno di una insensibilità a fenomeni che mettano in crisi la possibilità di una continuazione della vita su questo pianeta. Non sto lanciando un allarme tragico. Sto soltanto dicendo quello che l’Onu, l’Unione Europea e la totalità della comunità scientifica internazionale dice da anni. Basta prendere il documento dell’Onu di pochi giorni fa, i dati della Protezione civile sulla siccità prevista per l’estate 2007 e così via. E non è che queste cose riguardano altri. Queste cose riguardano noi».

LA COSTA

Parliamo della fascia costiera…
«Nel 1997 fu consegnato un programma di risanamento, di ristrutturazione e di valorizzazione e quindi di eliminazione dell’abusivismo e di rilancio del turismo, da Roberto Paolillo. Un lavoro egregio, che prevedeva oltre trenta parcheggi, che prevedeva una ristrutturazione completa della fascia che parte a monte della pineta e arriva sulla spiaggia, che aveva la preoccupazione di equilibrare i fenomeni dinamici tra litorale e mare, perché il litorale sta scomparendo, che apriva una serie di accessi al mare».

C’è anche un fenomeno di erosione costiera.

«D'estate, a sinistra del Sele, il mare arriva praticamente sotto i lidi e il fenomeno continuerà a peggiorare se si continuerà a pensare che fare una strada da Foce Sele ad Agropoli, come qualcuno irresponsabilmente, ma credo in buona fede, dice, sia una cosa positiva. Non capisce che questa strada è una delle cause di modifica della dinamica litorale-mare a favore della penetrazione del mare verso il litorale. Il progetto di Roberto Paolillo chiede alle persone di fare cinquanta metri a piedi, parcheggi, quindi lavoro per le cooperative. Non conosco il piano di Forte. Ovviamente noi vogliamo che vi sia un incremento dell’offerta turistica compatibilmente con la conservazione dell’ambiente. Il lavoro di Roberto Paolillo sarebbe un’ottima soluzione».
Lei terrebbe in considerazione il lavoro fatto fino ad ora per il Piano Spiaggia?
«Se è una buona soluzione non c’è problema. Noi siamo per la soluzione dei problemi, per non fare interventi ideologici sulla realtà, ma prendere la realtà e mettere la realtà e i soggetti che vi sono dentro nella migliore condizione e interazione, per guardare a uno sviluppo che valorizzi l’ambiente e migliori la qualità della vita, incrementi il senso di benessere e porti più persone con soddisfazione a Paestum. E sicuramente la situazione attuale non favorisce il processo che sto dicendo».
L”ABUSIVISMO

Capaccio è un paese in cui dilaga l’abusivismo, una situazione particolare è quella della 220. Cosa ne pensa?
«Per quanto riguarda la 220 e l’area archeologica anche qui la soluzione è già pronta perché questo è un comune in cui le soluzioni ci sono ma tutto congiura perché non solo non vengano concretizzate, ma addirittura siano nascoste e rimosse immediatamente dalla conoscenza.
Nel 2001 il progetto di parco archeologico a Paestum che farebbe di quel sito un modello di sistemazione antico-moderno, valido per tutte le aree archeologiche, è stato oggetto di un concorso, vinto dal gruppo guidato dal professore Emanuele Greco, che non parte, per responsabilità in parte del Comune, sembra, in parte della Sovrintendenza. Riprendiamo questo parco archeologico. Abbiamo il coraggio per la prima volta di pensare in grande a Paestum. Questo progetto di parco archeologico è la nostra proposta. Questo parco vede Paestum come il fulcro attorno al quale organizzare il territorio a Capaccio-Paestum».
Questo significherebbe chiedere a chi c’è di andare via?
«No, non vanno via quelli che ci stanno, viene soltanto rimodulata la loro presenza. Le persone continueranno a tenere le attività lì. Tra il 1996 e oggi si sono avute anche modifiche e interventi che sicuramente era il caso di non fare. Una cosa è certa: la città di Paestum non è mai appartenuta a nessun programma politico. La prima volta che si è discusso di Paestum in consiglio comunale è stato quando io ero consigliere comunale negli anni Ottanta e organizzai una settimana di seminari-conferenze con il professore Emanuele Greco nel cinema di Capaccio Scalo, che allora era aperto, che si concluse la domenica mattina con una visita guidata da lui stesso a studenti e cittadini che avevano partecipato. Perché Paestum è continuamente rimossa dalla coscienza degli amministratori, dalle loro preoccupazioni ed è rimossa da qualunque disegno progettuale che riguardi lo sviluppo del territorio».
Torniamo alla 220. In quell’area vive una popolazione di sei, sette mila abitanti, ci sono molte case abusive e ci si lamenta di non poter fare innovazioni a causa dei limiti imposti dalla legge.
«Qui c’è un grave problema pregresso: com’è possibile che sia successo quello che è successo? Com’è possibile che lo Stato si sia ritirato da qualunque azione di controllo di quell’area” La responsabilità è soprattutto dello Stato, perché la 220 è una legge dello Stato. Quali strumenti ha messo in atto lo stato per far sì che quella legge venisse rispettata” La risposta è facile e la situazione la conosciamo. Ora il problema è un piano di risanamento che prenda atto di quello che c’è e cerchi di bloccare una volta per sempre ulteriori scempi. Ci sono case vecchie di quarant’anni, di cinquant’anni. Si tratta di arricchire la zona di infrastrutture che rendano il posto più vivibile e permettano una qualità di vita migliore. Che abbiano una ricaduta positiva anche sulle relazioni tra le persone. E' inutile pensare ad un abbattimento generalizzato. Invece è possibile, lavorando seriamente, senza prepararsi a strizzare l’occhio agli abusivi, fare un intervento di risanamento di cui già parla Airaldi nel suo bellissimo prg che è stato completamente disatteso. E' una di quelle storie vecchie che si lasciano volutamente incancrenire perché i problemi che non si risolvono sono quelli che in qualche modo favoriscono qualche gruppo politico. Perché un problema che non si risolve significa un gruppo di cittadini che ha bisogno del potere politico».

LA FAMIGLIA

Capaccio è una città in cui ci sono molte persone benestanti, basta guardare le automobili che circolano. Eppure c’è anche molta povertà.
«Non ho dati sul livello di povertà a Capaccio. A Capaccio ma credo che la fascia di persone sotto il livello di povertà sia molto ampia. E sono molto preoccupato per questa situazione e credo che questo sarà uno dei miei interventi principali che pensavo di poter fare attraverso le diverse associazioni di assistenza e di aiuto alle persone che vi sono sul territorio. L’altra mattina, mentre andavo a lavoro all'università, mi ha fermato un signore per strada. La sua dichiarazione è stato come un pugno nello stomaco. Lui mi ha detto “Guardati intorno. Tutto quello che vedi è un'illusione. Qui la gente sta male, stiamo malissimo. I nostri figli hanno un poco di lavoro solo se se ne vanno fuori. E molti dei nostri figli sono a rischio nella vita”.
Questa è la realtà e a questo noi dobbiamo dare una risposta. Costruendo un comune, l’abbiamo chiamata la rinascenza, che possa essere un punto di riferimento, non soltanto in termini di servizi che produce per la collettività come insieme di soggetti sociali, ma di aiuto individuale che il comune può dare al singolo, come persona, come esistenza unica diversa da quella di un altro. Allora pensiamo a sportelli, pensiamo a consulenze psicologiche, e così via».

A parte questo, che tipo di sostegno avete pensato per le famiglie?

«Ad un sostegno economico attraverso un circuito di microcredito che vorremmo attivare con la collaborazione delle banche e di società specializzate. Così le famiglie potranno accedere a piccoli prestiti per poter far fronte ad esigenze che si presentano stagionalmente: i libri per i figli, una manutenzione straordinaria in casa. Un microcredito che sarà pensato anche per le donne che vogliono attivare piccole attività imprenditoriali.
La seconda cosa è un sostegno che abbiamo chiamato seminario di consapevolezza. No, siamo in presenza di una trasformazione del mondo che coinvolge non soltanto le basi materiale, ma coinvolge anche le strutture cognitive e secondo qualcuno è una vera e propria trasformazione antropologica. Negli ultimi 10 anni il nostro rapporto con lo spazio, con il tempo, con gli altri esseri umani, con la tecnologia, con la scala di valori, è cambiato con una velocità che non si è mai avuta nella storia umana. Per cui si cominciano ad osservare comportamenti assolutamente imprevedibili. Sia i comportamenti sul piano della normalità che i comportamenti sul piano della non normalità. Quindi il problema è che tipo di intervento il Comune, come luogo in cui si realizza una sintesi di una comunità e nella quale si proiettano le ansie, le angosce e le difficoltà di vita di una certa comunità, possa attuare. Quindi si tratta di lavorare per una ristrutturazione cognitiva. Non è possibile continuare ad avere con lo spazio, con il tempo e con le cose questo tipo di rapporto che produce fiumi crescenti di ricorso alle droghe, disaffezione sempre maggiore verso lo studio, perdita del valore dell’autorità, disconoscimento del valore di guida dei genitori, rifiuto dell’esperienza accumulata dalle generazioni precedenti».
Ma il Comune cosa può fare?
 «Io non posso né fare una delibera né un’ordinanza sindacale. Posso però come Comune verso il quale si proietta questo disagio, costruire iniziative con le scuole, con operatori specialistici, con i genitori d’accordo a rimettere insieme le maglie di un senso di appartenenza a una comunità che si sta perdendo e alla ricostruzione di un’identità, di un senso del sé, che costruisca relazioni produttive, di benessere, di reciproca soddisfazione. I giovani non sono migliori o peggiori del tempo in cui avevo sedici anni. Sono uguali allora. Hanno le stesse speranze, gli stessi disagi, gli stessi bisogni, le stesse incazzature ce avevamo noi a sedici anni.
Quelli della mia generazione sono stati più fortunati perchè quando avevamo sedici anni eravamo in una fase storica che, a parte la fase della guerra fredda, era una fase ricchissima, di ottimismo e soprattutto ricca del valore della convinzione che ognuno organizzato insieme agli altri potesse essere proprietario del proprio destino, potesse essere colui che poteva insieme agli altri organizzare il destino del mondo intero. C'era dentro di noi un sentimento che portava ad avere una visione positiva di sé stessi e delle relazioni con gli altri.
Oggi gli uomini si trovano a vivere dentro un sistema comunicativo che li corrompe continuamente. Il modello di vita che è dentro le loro menti, che si instaura per effetto della pubblicità, soprattutto, e della televisione, è devastante. Li porta a comportamenti violenti e li porta in un modo terribile ad esibire la violenza. Rispetto a noi di 40 anni fa, loro sono ugualmente i soggetti più forti portatori di una carica innovativa. Ma mentre in noi la carica innovativa parallelamente si presentava ad un rifiuto della società, loro invece vivono una contraddizione: la carica innovativa si scontra con una mancata visione critica dello stato delle cose. Vivono in un’epoca nella quale vengono continuamente usati dal mercato soltanto come consumatori, corrotti da una comunicazione che falsifica la realtà. E non c’è nessuno che dice che i giovani sono il futuro del mondo.
Quando avevo 16 anni, ero figlio di braccianti, facevo il liceo classico, mi riempivano la testa della notizia che io, dal liceo classico, sarei stato la futura classe dirigente. Vero o falso che fosse qualcuno mi mandava il messaggio: noi dipendiamo da te. Oggi il problema è che il ragazzo e la ragazza sono soltanto consumatori. La scala di valori che hanno li porta al disconoscimento del valore del sapere, disconoscimento dei sacrifici e del lavoro che serve per raggiungere un determinato obiettivo, incapacità a resistere alle difficoltà della vita, non accettazione del fatto che la vita è una sequenza continua di alti e bassi, che quella è la normalità. La normalità non è il sentimentalismo becero che si osserva quotidianamente in tv nella prima fascia pomeridiana, il sessismo acuto e perverso su cui è costruita la maggior parte della comunicazione televisiva.
D’altra parte un bambino di sette anni, su cui non interviene il filtro critico della famiglia che è in crisi, una volta che si trova immerso in questa rete di comunicazione, divide la sua mente in modo che per lui quella è la normalità. Io sono convinto che c’è nei giovani l’intelligenza, il sentimento necessario, per cui aumenti la consapevolezza dello stato delle cose, nasca dentro di loro un maggior senso critico sui loro comportamenti.
Ritornando al Comune?
«Il Comune può fare progetti con le scuole. Progetti insieme ai genitori. Qui ho la mia lista di donne “Non me ne sto in disparte” in cui si parla di città sostenibile per le bambine e per i bambini. Si possono fare una serie di interventi che aggreghino i giovani intorno alla riscoperta che lo stare insieme è il modo migliore per condurre la propria vita, non quella di consumare il sabato e la domenica in qualche modo stordendosi per dimenticare sé stessi».

LA SQUADRA AMMINISTRATIVA

Ha già un “idea di come organizzare la squadra amministrativa in caso di vittoria”

«D’accordo con i partiti che mi sostengono e con i gruppi di società civile che mi sostengono. Ho deciso di non fare nomi. Ma i criteri li ho già fissati. Prima dei criteri chi verrà a lavorare dovrà sapere dove viene a lavorare, per che cosa, in quale organizzazione, quale compito lo aspetta, qual è l’efficienza e l’efficacia che deve raggiungere. Devono sapere che faranno parte di un'organizzazione in cui lo spirito collaborativo sarà il valore fondamentale e questo spirito si tradurrà nel fatto che ogni assessore avrà una visibilità, avrà i suoi canali di soddisfazione, avrà il riconoscimento di tutto ciò che avrà realizzato nell’ambito del programma.
Prima del Comune dovremo strutturare degli assessorati. E” impensabile che una ditta come il Comune di Capaccio, con il bilancio che ha e dovendo servire 22 mila cittadini non abbia una struttura di assessorato. Un assessore a Capaccio non ha la possibilità materiale, funzionale, logistica di dirigere nulla di quello che lo riguarda. Non è possibile fare niente perché questo comune, come struttura logistica non esiste. Se vai sul comune, dirigenti, impiegati, sono ristretti in volumi nei quali manca addirittura l’ossigeno. Ciò gli impedisce di lavorare serenamente. Un cattivo ambiente lavorativo ti fa passare la voglia di far le cose bene: non hanno spazio per muoversi, sono letteralmente assediati da faldoni, è impossibile lavorare in quell’ambiente. Dovremo riorganizzare tutto costruendo gli assessorati, intesi come una filiera a capo della quale c’è un assessore che utilizza competenze interne ed esterne per la realizzazione del suo programma.
Penso anche che dovremmo lavorare molto a costituire un gruppo di lavoro che intercetti tutti i tipi di finanziamento che si possono ottenere per poter realizzare opere pubbliche, attività a favore dei giovani e così via-. Questo significa uscire dal dilettantismo, uscire dalla casualità. Dobbiamo lavorare consapevoli che stiamo realizzando un prodotto per il quale serve una forte organizzazione.
Per tutto questo servirà l’ampliamento della sede comunale a Capaccio o addirittura trovare a Capaccio il luogo in cui fare una più grande sede. Gli assessorati saranno coadiuvati da una rete di cittadini, che saranno un” preannuncio” dei comitati di quartiere che potranno svolgere rapporti tra l’amministrazione e il comune per quanto riguarda gli interventi che l’amministrazione realizza sul territorio, borgata per borgata. Una rete di cittadini che partecipa all’attività amministrativa e alla realizzazione del programma relativamente a piccoli obiettivi come un marciapiede da aggiustare, vedere cosa accade in un posto, lavorare con i giovani».

Altri comuni hanno collocato la loro sede in un palazzo antico.

«Pensiamo anche a questo perché nel programma c’è l’acquisizione del Palazzo Stabile, che è molto antico, che mi hanno detto che è in buone condizioni. Sarebbe l’occasione per avere una grande casa comunale nella quale i cittadini si possono specchiare con soddisfazione».

Avete stretto alleanze in vista di un eventuale ballottaggio?

«Due mesi fa io insieme ad atri, abbiamo deciso di mettere in piedi questa iniziativa politica con l’idea che fosse arrivato storicamente il momento d’intervenire e di dare un messaggio di risanamento. C’è la possibilità di migliorare la vita in questo comune, c’è la possibilità di rimettere in piedi lavoro, cultura, sviluppo territoriale di un certo tipo, c’è la possibilità di fare un comune che pensi a tutti. Non un comune che concede o che minaccia, perché questo molto spesso è un comune che minaccia. Quindi ci siamo messi sulla nostra strada, abbiamo costruito i manifesti in cui 50 cittadini dicono perché sostengono la mia candidatura, abbiamo iniziato a dare alcuni elementi del programma. Abbiamo rifiutato qualunque teatrino della politica “io sto con te, tu stai con me” e quindi ci siamo messi su un piano di estrema responsabilità dicendo “questa è la nostra lettura dello stato della società di Capaccio, queste sono le nostre soluzioni. Siamo pronti a discuterle e a condividerle con chi vuole”. Quindi le logiche degli accordi non ci interessano assolutamente».

LE ASSOCIAZIONI

Che ruolo avranno le associazioni nella sua amministrazione?
«Un ruolo importante. Il comune di Capaccio è ricco di stupende associazioni di giovani che fanno stupendi lavori di aiuto e di assistenza alle fasce più deboli e che fanno addirittura interventi oltre confine a favore delle popolazioni dell’Africa. Penso ad esempio ad Oltreterra, penso all’associazione guidata dal dottore Mallamaci. Ritengo che queste associazioni siano una fortuna per il paese. Bisogna considerarli una fortuna per la ricostruzione del senso di appartenenza di una città. Quindi loro avranno da noi il massimo aiuto. Io sono socio di Oltreterra e darò loro come alle altre associazioni di volontariato il massimo aiuto».
L”AGRICOLTURA
L’agricoltura e assieme al turismo il principale volano economico di Capaccio. Cosa prevede il vostro programma?
«Faremo di ogni contadino uno sceicco. Anche in questo settore il potere del Comune è limitato, ma può svolgere un grande ruolo di promozione, di incentivazione, di creazione delle condizioni minime perché le persone possano passare alle energie rinnovabili e diventare energeticamente indipendenti.
Penso a quelli che costruiscono i palazzi, agli imprenditori turistici, alle aziende, agli artigiani. Un poco alla volta, soprattutto con il fondo energia che mette a disposizione la nuova finanziaria sarà possibile creare sistemi fotovoltaici in modo che ogni contadino possa essere energeticamente indipendente. Questo con calma, creando attesa e consenso. Se è possibile in collegamento con la diversificazione dell’attività agricola e faremo in modo che ogni podere possa aprire una piccola attività di accoglienza come turismo rurale. Quindi andiamo verso l’agricoltura in modo che si possano ridurre le spese del due o tre percento e possano cominciare a piantare colture più specialistiche, accedendo anche a metodi di coltivazione biologica. In modo che essi stessi possano partecipare alla commercializzazione e alla collocazione diretta e sicura del loro prodotto».
Paola Desiderio