giovedì 29 dicembre 2011

Eboli, rivalutare la storia della Riforma Agraria. Autocritica da sinistra


Il vecchio Vincenzo Aita, nonno dell’omonimo ed ex assessore regionale, era un contadino che conosceva a memoria la Divina Commedia e i comunisti di Eboli nel 1946 lo candidarono alla Costituente.  Il nipote oggi comincia una revisione su oltre mezzo secolo di storia agricola della Piana del Sele. Rivaluta l’operato di coloro che portarono avanti la Riforma Agraria: “Noi comunisti allora buttammo via il bambino insieme all’acqua sporca” e, per stare all’attualità, chiede di cambiare l’impostazione del Piano Regolatore di Eboli per le zone rurali: "Attenzione, introduce una nuova frattura". Gli Aita di ieri e oggi continuano dei protagonisti di molto di quello che si muove nelle nostre campagne. Capitolo mai chiuso questo delle nostre lotte contadine che non furono la classica jacquerie rurale. Condotte da giovani intellettuali (Vignola, Perrotta, Sparano, Manzione e Cassese) ma anche da popolani evoluti. Anche per questo il partito cattolico al potere decise di mettersi comunque alle spalle la grande proprietà agraria? “L’unica vera rivoluzione meridionale”.  Per Corrado Barberis è stata proprio la Riforma Agraria quando a migliaia di contadini e artigiani furono dati quattro spesso cinque ettari di terreno e una casa. La Piana del Sele è la zona della Campania, dove l’esperimento ha funzionato meglio. Nacquero così i borghi di S. Lazzaro a Serre, S. Cesareo a Albanella. Carillia ad Altavilla, Spinazzo e Gromola a Capaccio. Anche Eboli e Battipaglia furono investite dall’esperimento di nuova democrazia economica. Furono create poi le strutture di servizio: con il Concooper, la Semel e l'Ilka. "La filiera agricola l’avevano già inventata loro", commenta Vincenzo Aita. E' lui il comunista che rivaluta apertamente quella stagione della nostra storia. Dell’argomento se n’è discusso a Eboli, presso l’istituto Tecnico Agrario, nella felice occasione del conferimento della cittadinanza onoraria a Mario Mellone, l’unico cavaliere del lavoro della Piana del Sele. Mellone è stato l’agricoltore che più ha diffuso le innovazioni tecniche nel settore. “Miserabile era lo spettacolo dei braccianti che a Eboli sotto l’Arco di S. Caterina aspettavano che il caporale li scegliesse per portarli a lavorare. L’unica nota lieta era il profumo del pane e della cipolla e della frittata che si portavano appresso per sostentarsi durante la lunga e dura giornata di lavoro. Oltre la metà della terra agricola da Pontecagnano a Capaccio era in proprietà che superavano i 300 ettari", racconta Giuseppe Manzione, uomo di scuola e protagonista delle lotte dei contadini poveri e dei braccianti del secondo dopoguerra. "Ora la Piana del Sele è un giardino, all’epoca era il deserto, una landa intransitabile", aggiunge ancora. Dall’altra parte della barricata è Giuseppe Fresolone, giovane storico e consigliere comunale di Rifondazione Comunista: “In piena epoca fascista nella nostra zona il governo nazionale spende 120 milioni di lire per la bonifica. E' il costo della Bismark, la migliore corazzata dell’esercito tedesco. Una cifra altissima spesa per finalità sociali. E il 48% dei terreni era destinato a colture agricole di pregio. Il latifondo assenteista quasi non esisteva. Gli imprenditori -  innovatori, basti pensare a quel che accadeva intorno al tabacco e al pomodoro con Carmine De Martino, c’erano eccome". ?Rivoluzione? Semmai rivoluzione tradita!", ribatte Daniele Petrone, presidente provinciale della Cia, che ha ereditato la vecchia Alleanza Contadini, la storica organizzazione dei contadini della sinistra. ?Non ha retto il sistema delle cooperative. Mettiamola così", corregge Petrone. Torna poi l’eterno tema di un mondo delle campagne che corre a due velocità, come già fece notare Piero Ottone, anno 1963, nel corso della sua inchiesta sul salernitano. Ora si aprono nuovi fronti di discussione: "Che fine faranno gli 800 ettari di terreni fertilissimi dell’istituto Orientale?", chiede ancora Petrone. Ma questa è attualità. Aita preferisce tornare al passato. "Gli anni '70 hanno permesso una grande modernizzazione diffusa delle nostre campagne. Con il refrigeratore alla stalla e la raccolta mattina e sera il latte dei nostri allevamenti è il propellente per rinnovare le case e far studiare i figli". Già i figli dei contadini. "Oggi la classe dirigente è piena di figli della terra", fa notare Antonio Manzo, giornalista del “Mattino” e osservatore scrupoloso dei fatti della Piana del Sele.
Oreste Mottola
orestemottola@gmail.com