ORESTE MOTTOLA orestemottola@gmail.com
La signora Felicia Colliani, membro dell’Accademia della Cucina, si diverte ai fornelli del “Sicinius” e così, quasi per gioco, ti sforna un bel dolce ai fagioli di Controne mentre lui si descrive, a chi lo incontra per la prima volta, come egli sia “un vecchio ingegnere e giovane imprenditore”. Ecco Felice Colliani una volta liberale ed ora “rivoluzionario” contro i sindaci che amministrano i nostri paesi. “Sembra che gliel’abbia ordinato il medico di fare i primi cittadini. Sono di retroguardia rispetto a tutti i discorsi di sviluppo”. L’ingegnere degli Alburni ha ottant’anni, nato a New York, dove il papà Domenico, antifascista, aveva portato la sua famiglia e ci viveva gestendo alcuni ristoranti. A Sicignano aveva lasciato oltre 600 ettari di terreno. Durante il “ventennio” l’autonomia dei piccoli paesi di Scorzo, Castelluccio Cosentino, Zuppino, Terranova e Sicignano, fu cancellata d’autorità e nacque un unico comune, Sicignano degli Alburni. Il nome lo presero da Sicinius, gregario di Caio Gracco, mandato a fare la Riforma Agraria Romana da queste parti. Sicignano, si vede è paese di antica gastronomia. “Lungo le consolari o nascevano i postriboli o le taverne. A noi, per fortuna, sono toccate queste ultime”, racconta l’ingegnere. Qui è l’antica “Nares Lucanae”, ovvero Scorzo, dove di cavalli, muli, e di buon mangiare, se ne intendono da tempo: l’elenco della loro clientela illustre va, a farla breve, da Cicerone a Garibaldi. Qui c’era – fino alla costruzione dell’autostrada – il passaggio obbligato fra Sud e Nord d’Italia. “Chi passa pu’ Scuorzo e nun è sfruculiato, o è muorto o è carcerato”, si diceva e si ripete ancora oggi. La rivincita della Statale 19, delle Calabrie, è il suo cavallo di battaglia. La sua postazione di comando è al “Sicinius”, ai “Piedi de La Serra”, una bella montagnola dell’incredibile effetto scenografico a far da quinta, porte e infissi in legno del ‘700, elegante sala da pranzo con hotellerie personalizzata, accogliente salotto, salone convegni per 200 posti arricchito da una monumentale “focagna” circolare e punto bar. Nella vecchia casa mezzadrie e le stalle sono stati ristrutturati rispettando la tipica architettura del posto. Cucina tradizionale e di ricerca storica. Dall’antipasto di fiorilli ripieni, salumi locali e formaggi forniti dal pastore di fiducia ai dolci (coviglie di caffè e cioccolata, torta di noci e tante altre) la creatività della signora Felicia rielabora le antiche ricette attraverso la fantasia e la ricerca filologica del passato. Ecco allora pranzi a tema (Medioevo in tavola, Sua maestà il maiale, Gli Alburni tra ‘700 e ‘800, Cena con Federico di Svevia, La zucca, La castagna, Le tradizioni natalizie) e una rotazione del menù basata su criteri di stagionalità e territorialità: pasta fatta in casa (cavatielli, fusilli, ravioli, tagliatelle e bicoli) con funghi e ragù o con legumi, maiale al latte o alle prugne, agnello tradizionale e polli ruspanti, cotolette di peperoni, melanzane imbottite.
IL SOGNO REALIZZATO
“Sicinius” è il sogno realizzato di Felice Colliani. La moglie, è una
napoletana verace, grande appassionata di cucina. Quel dolce ai fagioli
di Controne è la sua ultima consacrazione. Perché quando Colliani
parlava di agriturismo e di turismo rurale le nostre campagne erano
preda della smania di sembrare sempre più simili ai paesi o alle città .
L’edilizia rurale conobbe le sue peggiori nefandezze.
Le opinioni del nostro ingegnere .- ristoratore sono drastiche. Gli Alburni lui li vede in piena decadenza. “Il sostegno al reddito delle nostre zone è assicurato dagli anziani che riscuotono le pensioni e coltivano pure le terre. Quando finiranno loro io vedo un futuro gramo per queste nostre zone. I terreni saranno abbandonati e i nostri giovani non potranno più vivere senza lavorare. Qui tornerà il brigantaggio. Io lo dico sempre a mia moglie: quando io non ci sarò più vi dovrete comprare una mitragliatrice per tenere a bada i malintenzionati”.
Colliani ha una capacità di proporre originali analisi storiche. “La nostra agricoltura di montagna è stata distrutta negli anni Trenta dalla smania del fascismo di reagire alle sanzioni. Ci inventammo l’autarchia. Fu così che cominciammo a coltivare girasoli e canapa, o quelle razze bovine che con i nostri monti niente avevano mai avuto da vedere”.
Ogni giorno che passa è una pugnalata: “Pochi giorni fa ho portato dei miei ospiti alla stazione ferroviaria di Sicignano dove sapevo che si fermavano gli Eurostar. Con sorpresa, e vergogna, appresi che nessun treno vi si ferma più”.
Un’altra sorpresa sono le nostre sagre. Non rivelo segreti se dico che non c’è più traccia di prodotti locali. “Il made in Italy” ormai si coltiva nei nostri porti.
“Questa più che un’area economicamente depressa è popolata da uomini depressi che amano farsi male da soli”, commenta ancora Colliani. “Noi vendiamo incontri culturali non lavoriamo per i soldi”, proclama. Ed aggiunge: “Da noi nelle camere niente telefono, tv e campanello. Ci siamo noi”. Oltre che con la cultura qui a Sicignano ti prendono per la gola. Il buon mangiare sicignanese: i cibi sono rigorosamente ipocalorici: lagane e ceci o caciocavallo arrostito, fusilli e ravioli o l’arrosto di carni miste. I sicignanesi per le cose buone hanno esperienza. Le loro prelibate salsicce, era il 58 a.C., le gustò finanche Marco Tullio Cicerone, mentre scappava precipitosamente da Roma, e ne scrisse sperticate lodi. A Galdo producono invece le migliori soppressate (salumi di carne di maiale) del salernitano. La loro ricetta è più segreta della formula con la quale, ad Atlanta, confezionano la Coca Cola. LA MODA. Fino alla seconda metà degli anni Settanta, Sicignano degli Alburni è un paese à la page: dopo i bagni a Paestum o ad Agropoli, per molte famiglie napoletane, era di moda venirsi ad ossigenare per almeno quindici giorni nel luogo dove il bambino Rocco Scotellaro imparava a leggere dai frati cappuccini. Il sole non ama questo paese su cui incombe il Tirone, la parte dell’Alburno più maestoso. D’inverno quasi assente, il sole ricompare nella tarda primavera consentendo l’abbondante crescita di funghi e fragole, origano e timo, insieme con altre cento erbe aromatiche e medicamentose.
[Oreste Mottola]
orestemottola@gmail.comLe opinioni del nostro ingegnere .- ristoratore sono drastiche. Gli Alburni lui li vede in piena decadenza. “Il sostegno al reddito delle nostre zone è assicurato dagli anziani che riscuotono le pensioni e coltivano pure le terre. Quando finiranno loro io vedo un futuro gramo per queste nostre zone. I terreni saranno abbandonati e i nostri giovani non potranno più vivere senza lavorare. Qui tornerà il brigantaggio. Io lo dico sempre a mia moglie: quando io non ci sarò più vi dovrete comprare una mitragliatrice per tenere a bada i malintenzionati”.
Colliani ha una capacità di proporre originali analisi storiche. “La nostra agricoltura di montagna è stata distrutta negli anni Trenta dalla smania del fascismo di reagire alle sanzioni. Ci inventammo l’autarchia. Fu così che cominciammo a coltivare girasoli e canapa, o quelle razze bovine che con i nostri monti niente avevano mai avuto da vedere”.
Ogni giorno che passa è una pugnalata: “Pochi giorni fa ho portato dei miei ospiti alla stazione ferroviaria di Sicignano dove sapevo che si fermavano gli Eurostar. Con sorpresa, e vergogna, appresi che nessun treno vi si ferma più”.
Un’altra sorpresa sono le nostre sagre. Non rivelo segreti se dico che non c’è più traccia di prodotti locali. “Il made in Italy” ormai si coltiva nei nostri porti.
“Questa più che un’area economicamente depressa è popolata da uomini depressi che amano farsi male da soli”, commenta ancora Colliani. “Noi vendiamo incontri culturali non lavoriamo per i soldi”, proclama. Ed aggiunge: “Da noi nelle camere niente telefono, tv e campanello. Ci siamo noi”. Oltre che con la cultura qui a Sicignano ti prendono per la gola. Il buon mangiare sicignanese: i cibi sono rigorosamente ipocalorici: lagane e ceci o caciocavallo arrostito, fusilli e ravioli o l’arrosto di carni miste. I sicignanesi per le cose buone hanno esperienza. Le loro prelibate salsicce, era il 58 a.C., le gustò finanche Marco Tullio Cicerone, mentre scappava precipitosamente da Roma, e ne scrisse sperticate lodi. A Galdo producono invece le migliori soppressate (salumi di carne di maiale) del salernitano. La loro ricetta è più segreta della formula con la quale, ad Atlanta, confezionano la Coca Cola. LA MODA. Fino alla seconda metà degli anni Settanta, Sicignano degli Alburni è un paese à la page: dopo i bagni a Paestum o ad Agropoli, per molte famiglie napoletane, era di moda venirsi ad ossigenare per almeno quindici giorni nel luogo dove il bambino Rocco Scotellaro imparava a leggere dai frati cappuccini. Il sole non ama questo paese su cui incombe il Tirone, la parte dell’Alburno più maestoso. D’inverno quasi assente, il sole ricompare nella tarda primavera consentendo l’abbondante crescita di funghi e fragole, origano e timo, insieme con altre cento erbe aromatiche e medicamentose.
[Oreste Mottola]