martedì 20 dicembre 2011

Antichi vasi romani provenienti da una galea naufragata duemila anni fa al largo di Capo Palinuro

ORESTE MOTTOLA orestemottola@gmail.com

«Voi a queste battaglie preferite gli ameni ozi di Palinuro, ove gli dei tutto concedono alla bellezza e alla natura», disse un senatore romano ad un collega. Tra i piaceri c’erano i vini che arrivavano in grande quantità dall’isola di Rodi. Trasportate da navi che spesso, proprio da queste parti, andavano ad inabissarsi. L’ultima scoperta è di un team britannico di ricerca sottomarina ha scoperto per caso centinaia di antichi vasi romani provenienti da una galea naufragata duemila anni fa al largo di Capo Palinuro. Ne dà notizia il quotidiano inglese Daily Mail. “La vicenda è di qualche mese fa, chissà perché gli inglesi la ripropongono”, si chiede la Soprintendente Maria Luisa Nava. Capitolo minore della ricerca di eventuali “relitti dei veleni” svoltasi soprattutto a ridosso delle coste calabresi. Per gli addetti ai lavori nessuna sorpresa. Che i fondali cilentani siano popolati da diversi tesori non è certo una novità. Per i cultori di storia ancora meno. I frequenti naufragi dei navigli, erano ben conosciuti tra i più antichi navigatori del Mediterraneo, i Fenici e dei Greci, che chiamarono questo promontorio proprio “Palinouros” che in greco significa “punto di tempesta”, di mare estremamente pericoloso. L’ultimo ritrovamento ha avuto come protagonista l’équipe della Hallin Marine Subsea International, di Aberdeen. L’equipaggio inglese stava scandagliando i fondali, con l’ausilio dei veicoli subacquei Rov (remote operated vehicles), alla ricerca di rifiuti radioattivi “smaltiti” in navi fatte affondare dalla mafia. Il team lavorava per la ditta italiana Geolab, a bordo dell’imbarcazione Mare Oceano.  Con grande sorpresa, invece di relitti moderni, hanno trovato i resti di una galea romana. Nella sabbia, da 500 a 700 metri di profondità giacevano i vasi, che probabilmente trasportavano vino ed olio. Il team ne ha recuperati cinque. Ripuliti con getti d’acqua sono stati consegnati al museo archeologico di Paestum.  ”Siamo riusciti a recuperarne cinque, ma ce ne devono essere centinaia là sotto”, ha detto meravigliato il responsabile della squadra, Dougie Combe. “Certamente è la cosa più antica che abbiamo mai trovato sul fondo marino”, ha aggiunto. A Paestum però, come conferma Maria Luisa Nava, i vasi romani arrivati sono quattro. Non sono stati ancora esposti. E dalle prime risultanze sono di fattura non tale da giustificare l’ingente investimento necessario per un vero e proprio “scavo” sottomarino alla ricerca di comuni, per l’epoca, contenitori di olio e vino. “Dobbiamo pur lasciare qualcosa ai posteri – ironizza la Soprintendente – quando probabilmente avranno mezzi e soldi oggi neanche immaginabili si divertiranno ad utilizzarli lì a Palinuro. Abbiamo localizzato il punto dove i vasi sono sepolti e gli abbiamo descritto cosa c’è. Per il momento va bene così…”.  Palinuro fu per i romani luogo d’ozio e riposo, frequentato da illustri personaggi come l’imperatore Massimiano Aurelio detto Erculeo e suo figlio Massenzio, che lo scelsero proprio per la bellezza dei luoghi e la bontà dei vini.

LA SOPRINTENDENTE . “Quei reperti stanno ad oltre settento metri. La profondità alla quale stanno non è alla portata delle possibilità finanziarie della nostra Italia. Ci vorrebbe un batiscafo, dei palombari…Diversi milioni di euro. Per il momento accontentiamoci di sapere dove sono e cosa contenevano”. Maria Luisa Nava, milanese di nascita, è la Soprintendente per i Beni Archeologici di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta. “I vasi portati a portati a Paestum sono solo quattro, non cinque, come affermerebbe il Daily Mail. Sono di un tipo comune nell’area del mediterraneo, delle tipologie egee, ma anche magnogreche, databili nel IV sec. a.C. Ci fu un naufragio, uno dei tanti,  che coinvolse una nave che portava vino dall’isola di Rodi. Era un commercio che si spingeva fin verso Marsiglia”.

Nessun commento: