venerdì 3 dicembre 2010

Intervista e critiche a "Il paese delle ombre"

Mi presento: sono un cronista, semplicemente un cronista, corrispondente, per la Valle del Calore e gli Alburni, del quotidiano “Il Mattino” e condirettore di “Unico”, la più significativa delle esperienze culturali ed editoriali localizzata a sud di Salerno. Ho esperienze pregresse in altri quotidiani, come ad “Agire”, tali da dire che da vent’anni cerco di dare voce a queste realtà “A Sud”.

1) Oreste, il tuo "Il paese delle ombre" presenta un nome che suona paradigmatico: perchè lo hai scelto?
- Perché vivo in realtà dove è molto presente un piano doppio. C’è un piano visibile, virtuoso, che fa sforzi faticosi per mettersi in evidenza, e poi c’è una realtà oscura dove c’è di tutto. Dal sabotaggio contro coloro che anelano alla modernità, attuato dai “luigini” di leviana memoria, alla vera e propria delinquenza più o meno organizzata. Dove nessuno parla, per fare un esempio, dello scardinamento delle modalità di vita prodotto dal diffondersi, anche qui, della tossicodipendenza e delle “nuove donne” che vengono dall’est e che rivoluzionano la quotidianità di molte famiglie.
2) Quando è nata l'idea per questo libro "noir" ?
- Il volume un po’ raccoglie la mia ultima produzione giornalistica meno usurata dall’attualità. A questo ho aggiunto le mie ricostruzioni legate alla scomparsa, avvenuta nel 1938, dello scienziato Ettore Majorana, e nel 1953 dell’allora sindaco Lorenzo Rago, avvenuta nella sua città, a Battipaglia.
3) Quanto c'è di vero e quanto di leggendario nel libro che racconta due storie al limite della leggenda?
- Io sono un cronista e cerco sempre di attenermi ai dati di fatto ai quali ho avuto accesso. Sul caso più controverso, ovvero il passaggio di Ettore Majorana nel Cilento, ho intervistato alcuni testimoni, riportati con nomi e cognomi. Su Hemingway ad Acciaroli, circostanza decisamente negata da Fernanda Pivano, ultimamente nella nuova biografia, “Hemingway for Cuba”, scritta da Beppe Recchia, i nipoti dello scrittore e di Adriana Ivancich, la sua musa italiana, ricordano il suo racconto dell’avventuroso vaggio che compì verso Napoli e poi il Cilento.
4) Cosa, delle due vite di Hemingway e Majorana, ti ha maggiormente incuriosito come giornalista?
- Il tema della solitudine esistenziale. Majorana, che pure nel 1938 a Napoli prova a fare il docente universitario ed ha poco più di trent’anni, non riesce a reggere il tran tran quotidianità. La stessa “simpatia” che sviluppa per l’allora 25enne studentessa salernitana Gilda Senatore non è sufficiente dal trattenerlo per andare incontro alle ombre di un destino che, ad oggi, è ancora ignoto. Non basterà sedere su di una cattedra a Majorana, mentre ad Hemingway non è sufficiente il premio Nobel, il successo economico e mondano. L’uomo ha bisogno di più. Di dare un senso vero alla sua esistenza.
5) A parte i riferimenti geografici ( hanno "attraversato" entrambe il tessuto connettivo del Cilento) c'è qualcosa delle storie che le accomuna?
- Ho risposto prima.
6) Cosa possono oggi raccontarci due storie come queste de "Il paese delle ombre"?
- Ho risposto prima
7) Altavilla mi sembra avere un ruolo di spicco nel libro. Cosa , a tuo avviso, il paese ha bisogno di acquisire per crescere più armonico?
- Domanda delle cento pistole. Altavilla è un luogo esemplare di questo nostro Cilento. E’ un paese medio, con 7 mila abitanti. Qui la qualità della vita è decisamente buona. Le città, con i loro servizi, sono ad un tiro di schioppo. Ha alcune attività economiche di rilievo, “La Contadina” – tanto per fare un nome - la conoscono tutti, nata e sviluppatasi grazie alle intuizioni di imprenditori autoctoni. In Italia, e nel mondo, ha dei suoi figli che nei vari campi si fanno onore. Eppure non riese ad offrire spazi adeguati ai giovani e, nel 2009, ancora li costringe ad emigrare. Nello stesso tempo i suoi allevamenti di bufale, tra i più importanti d’Italia, sono mandati avanti da un esercito di indiani, tutti originari del Punjab, e i muratori sono romeni. Nelle case le badanti sono ucraine. Nella società qualcosa si è rotto, c’è stato recentemente un caso di omicidio, diversi giovani – ed anche signori attempati – sono stati presi nel gorgo del consumo e dello spaccio di droghe. Ricchezza e povertà coesistono parallele… Poi c’è il drammatico abbandono del nostro patrimonio culturale ed ambientale. Per due secoli da noi sono stati di casa i pittori Solimena. Ecco io vedo una società drammaticamente ripiegata sul presente che ripudia il passato ed anche il futuro…
8) Quali scelte sono diventate inderogabili, nel Cilento? Quali ad Altavilla?
- Dobbiamo trovare nuovi modi per stare assieme, per sentirci comunità solidale. Per metterci alle spalle il familismo amorale, che adesso sta diventando anche immorale, come lo spiegò il sociologo americano Banfield. Dall’altra parte vanno trovati i modi per usare le competenze dei nostri giovani talenti. Lo possiamo fare utilizzando al meglio il patrimonio di chiese, castelli, fiumi e montagne che abbiamo e che va messo “in rete” con la dotazione di agriturismi, bead and breakfast, ed altre iniziative ricettive. Lo vedo dal mio paese, non ci manca niente, eppure langue. Ci vuole uno scatto di fantasia, modestia e di contenimento di vanità e protagonismi sciocchi.
9) Chi consideri il tuo maestro e perchè?
- Devo moltissimo a due giornalisti davvero atipici. Il primo è Angelo Visconti, l’indimenticabile don Angelo. Mi ha insegnato che il giornalista deve stare in secondo piano, che prima vengono i problemi da evidenziare e le persone che ti consentono di fare questo. La mia idiosincrasia per l’opinionismo velleitario, nasce dalle lezioni di don Angelo. Il secondo è Geremia Paraggio. Da lui ho imparato come la nostra terra sia uno scrigno inesauribile di storie che ancora attendono di essere raccontate. E che lo si deve fare con stile, competenza ed umiltà.
10) Hai altri libri o progetti in cantiere? Quali?
- Sì, ma il mio editore mi ha proibito di farne cenno.

IL LIBRO.
Il volume inizia con due storie “noir”: gli ultimi mesi del 1938 dello scienziato di Ettore Majorana prima di scomparire nel nulla e prosegue addentrandosi nel mistero fitto di Lorenzo Rago, sindaco di Battipaglia, che nel 1953 è protagonista di un rapimento che non si concluderà né con l’omicidio del sequestrato e non porta al ritrovamento del corpo. Dopo 50 pagine l’autore va nel Cilento, ad Acciaroli, ad indagare sull’effettivo passaggio da quelle parti dello scrittore Hemingway che si sarebbe ispirato ai pescatori cilentani per il suo “Il vecchio ed il mare”. Il libro a questo punto comincia a seguire i “viaggi” dell’autore per i piccoli e medi del Cilento e dell’Alto Sele dei quali racconta l’umanità oggi al lavoro per evitare che lo spopolamento demografico in atto ne uccida le storie millenarie. Un posto di rilievo ha Altavilla Silentina, luogo di origine di Oreste Mottola, un paese che da sempre dà linfa a poeti, scrittori e giornalisti.

Passi di alcune critiche

MICHELE CINQUE “Corriere del Mezzogiono”
Si autodefinisce un “ingenuo sognatore”, e forse lo è se per tale si intende chi vuole fare ancora giornalismo, e lui lo fa, se giornalismo è seguire i fatti, fare la cronaca, comprendere la realtà che ci circonda, per noi Oreste Mottola, di Altavilla Silentina, paese che ama nei suoi ricordi di avi contadini descritti nell’introduzione come un tutt’uno con la sua terra, è il giornalismo nel Cilento, fra corrispondenze e direzioni abbiamo perso il conto, sappiamo solo che se succede qualcosa nel suo Cilento lui c’è sempre.(…) Con “I PAESI DELLE OMBRE” - edizioni “Magna Graecia”, Albanella, 190 pagine, 13 euro ha messo finalmente in un libro le sue straordinarie storie sul Cilento, storie con risvolti inediti da lui anticipate, parliamo del mistero della scomparsa di Lorenzo Rago, sindaco di Battipaglia, che Oreste ha affrontato in centinaia di articoli su carta stampata e blog come mai nessuno ha fatto, ma non solo, ci sono trenta storie che appassionano il lettore, e ti fanno rivivere le vicende più interessanti di un Cilento da scoprire con quasi trenta storie straordinarie. Il volume inizia con due storie “noir”: gli ultimi mesi del 1938 dello scienziato di Ettore Majorana prima di scomparire nel nulla e prosegue addentrandosi nel mistero fitto di Lorenzo Rago, sindaco di Battipaglia, che nel 1953 è protagonista di un rapimento che non si concluderà né con l’omicidio del sequestrato e non porta al ritrovamento del corpo “rapito o ucciso o emigrato o suicida non si sa ’’, il mistero dei misteri della piana del Sele. Nessun cadavere e nessun colpevole, il mistero dura ancora oggi. (…) Colpisce nei suoi racconti e la cura meticolosa con cui ha scritto il libro, ricco di dettagli e note documentante, e l’esposizione piana e scorrevole, straordinario e ricco di umanità il racconto di Majorana, un vero e proprio romanzo, appassionato e struggente quello di Rago, dove si sente l’emotività dello scrivente ancora alla ricerca di una risposta.


Marianna Bassi, scrittrice
(…) leggendo i” Paesi delle Ombre” di Oreste Mottola, si scopre il non detto e le parole per dirlo, si scoprono realtà sconosciute, immergendosi in una scrittura fitta di poesia e memoria, ma anche intrisa di denunce. Sotto i cieli del Cilento- che cambiano colore seguendo il richiamo del calore del sole o del calore denso di rifiuti…- Oreste Mottola segue le tracce di personaggi d’ombra, fitti di mistero, in bilico tra sogno e risveglio, tra realtà e leggenda. Questo è il punto focale dei “Paesi delle Ombre”, questo muoversi dietro gli echi di storie che si dirigono in tutte le direzioni. Storie diverse: vere o frutto di fantasia popolare, ignote o note, ma pur sempre storie fedeli allo scopo che - a mio avviso - persegue la letteratura: la “ri- creazione”- consentitemi la licenza- di cio’ che ci circonda: la sublimazione delle pagine della vita che, peraltro, Oreste ripropone con ottima tecnica narrativa. A proposito di creazione, di leggende, di misteri, di suoni d’ombra- oltre alla rievocazione narrativa degli ultimi giorni di Ettore Majorana- colpiscono senz’altro le pagine del libro dedicate ad E. Hemingway, Premio Nobel per la letteratura nel 1954, autore di capolavori indiscussi, ma soprattutto autore dell’indimenticabile storia ” Il vecchio e il mare”, straordinario racconto sulla dignità umana- come scrive Fernanda Pivano- sulla pietà, sullo stoicismo con cui un vecchio pescatore sopporta le avversità del mare. Oreste Mottola racconta che, secondo alcuni, il vecchio pescatore, protagonista dell’opera di Hemingway, non è altri che Antonio Masarone, un pescatore di Acciaroli, luogo in cui il premio Nobel avrebbe vissuto tra gli anni cinquanta e cinquantuno,standosene seduto, per ore, sulla darsena, con un taccuino in mano e un bicchiere di amarone, a scrivere storie di mare.


NICOLA FRUSCIONE
Il libro potrebbe diventare un vero caso letterario se i racconti che ha messo insieme, ricucendoli con un paio di vicende che si congiungono ad eventi che hanno già intereressato grandi scrittori, dovessero ampliarsi al punto di non coinvolgere non soltanto la critica, ma anche coloro che coltivano la storia e con essa le storie che la compongono. Perché Mottola, che da anni dalla sua Altavilla Silentina, paese di emigrazione ma anche di forti talenti, scrive, con la bravura del cronista, di quel che accade tra le colline che guardano la Piana del Sele e i monumenti di Paestum, ha raccolto tracce niente di meno che di Ettore Majorana, di Lorenzo Rago, il sindaco di Battipaglia scomparso nel dopoguerra, e di Hemingway e potrebbe aprire nuovi filoni di indagini in storie che porterebbero il Cilento al centro dell’attenzione non soltanto nazionale. Se, infatti, quello che Mottola ha raccolto interrogando personaggi e dando fondo a documentazioni in parte note, in parte scoperte nel suo peregrinare tra la costa ed i paesi, ha un fondamento di verità (perché mai dubitarne?) ci sarebbe da rivedere tanti aspetti di racconti sui quali l’opera edace del tempo ha lasciato la polverosa copertura del silenzio. [....] c’è l’ombra di Lorenzo Rago e dell’auto verde bottiglia che l’ingoia in una sera senza fine e quella più possente dello scrittore de “L’uomo ed il mare” che sulle spiagge di Pollica avrebbe trovato ispirazione tra i pescatori per le vicende del suo capolavoro. Fatti intorno ai quali Mottola fa girare non soltanto gli episodi che investono i tre protagonisti principali, ma tante altre storie, ognuna delle quali potrebbe passare facilmente dalla struttura di piccolo racconto dal sapore paesano alla ricchezza di un vero romanzo tanto è il materiale che è stato raccolto e che investe il lettore con la forza delle novità. La casa editrice è giovanissima. Si chiama “Magna Graecia” (0828 781619) è di Albanella e ha messo in vendita il volume ad un prezzo di copertina di 13 euro.



FERNANDO IULIANO
In anni di lavoro giornalistico, l’autore ha affinato via via la vena del cronista, alla ricerca di storie e persone destinate all’oblio del tempo, un poco come i “Vinti”, di cui scriveva Giovanni Verga, ma che rappresentano il nerbo di una comunità.. Cronista di razza, indaga, va oltre la superficie ed i “si dice”, si immedesima nel fatto, partecipa talvolta in prima persona, denunciando la sua origine di giornalista “militante”. Attraverso l’indagine storica e psicologica di tipi umani che sono l’essenza di una realtà, seppur limitata, Oreste Mottola ci offre uno spaccato non di maniera, ad uso di platee distratte, di comunità locali, da Altavilla a Postiglione, da Battipaglia, a Capaccio, ad Albanella: in breve, degli Alburni e delle propaggini della Piana del Sele. E del Cilento. Da questo lavoro di scavo emergono i tratti distintivi di una micro-storia che non sfigurerebbe di fronte alle ricostruzioni di Jacques Le Goff sul Medioevo. Nelle vicissitudini quotidiane, riflesse in queste “ombre”, apparentemente evanescenti come personaggi danteschi, passano la storia, gli usi, le tradizioni di piccoli borghi che, un tempo, hanno fornito carne e sangue ad un Sud dignitoso, paradigmatico, depositario di una storia che viene da lontano, solidificatasi, come magma , in mille rivoli, da cui ha attinto a piene mani una cultura “alta”, pretenziosa, falsamente autosufficiente. Queste figure, evocate quasi, rappresentano l’essenza, la sintesi dell’anima della propria comunità, una sorta di “genius loci”in cui ci si può specchiare, per comprendere il proprio essere passato, presente e futuro. Una galleria di storie emblematiche, se non didascaliche.

VINCENZO CUOCO
Il libro di Oreste Mottola, I paesi delle ombre, Edizioni Magna Graecia, Albaella (€ 13) ha un dettaglio-sottotitolo che lo svela: “Cilento misterioso”. Il libro porta il lettore a conoscere, o ri-conoscere storie raccontate dallo stesso Mottola nel corso degli ultimi dieci anni. La descrizione, rappresentazione, precisazione è un viaggio nella cosa e nelle cose e, come ogni viaggio, ad un visitatore si contrappone l’utile guida, una figura che, come Virgilio per Dante, ha sempre saputo orientare, in maniera più o meno rigida, il cammino del viandante. Il luogo è il Cilento, la guida Oreste Mottola, la destinazione? Liberamente scelta come ogni buon viaggio che si rispetti, il contrario esatto della ‘vacanza’ preordinata e predigerita della modernità. I paesi delle ombre di Oreste Mottola è dunque un libro di viaggio. Ogni viaggio è avventura esteriore e esplorazione interiore, minuziosa documentazione di fatti e di episodi avvenuti in un certo luogo i quali, in un certo periodo, oltre ad avere conseguenze tangibili esteriori hanno influenzato profondamente la ‘pancia’ dell’opinione pubblica locale. L’indice è un susseguirsi di argomenti, fatti, episodi che avrebbero fatto la gioia dello scrittore inglese Lawrence Sterne (1713 -1768) per il quale la bellezza, anzi l’utilità del viaggio non è nella meta, ma nella libertà di cambiare percorso e nei discorsi che si fanno per strada e dunque nel rapporto umano che si stabilisce tra i viaggiatori. Tranne alcuni casi di rilevanza nazionale – La scomparsa del fisico Ettore Majorana e della misteriosa sparizione-rapimento dell’sindaco di Battipaglia Lorenzo Rago del 1953 – il grosso del libro è costituito dalla descrizione della quotidianità del Cilento. Tutti gli articoli lo illuminano. I personaggi di rilievo che sono passati dalla stazione di Paestum, il racconto ‘annalistico’ della storia ‘minima’ altavillese”.


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