venerdì 3 dicembre 2010

"Terra e non guerra". A 94 anni scompare Salvatore Paolino

 
ORESTE MOTTOLA 

7 settembre 2009
“Antonio Rubini lo battevo sempre nelle urne nonostante fosse appoggiato dai preti e dagli agrari”. Ricordava sempre i primi anni della sua vita politica, Salvatore Paolino, spentosi ieri a 94 anni. Il suo rimpianto è rimasto quello di non essere riuscito a pubblicare “Terra non guerra”, la sua autobiografia. Nel 20 novembre del 1949 organizzò l’invasione da parte dei braccianti senza terra di quell’immenso feudo che allora erano le campagne intorno a Paestum come se fosse stata una campagna militare. Tutti erano organizzati in nuclei con coordinatori e responsabili di assoluta. Alla testa c’era lui Salvatore Paolino, già sindaco dal gennaio del 1947. Era tornato dai lunghi anni che aveva trascorso nell’Armir, l’esercito italiano che aveva invaso l’Unione Sovietica, portandosi indietro diversi inizi di congelamento. “Studiai per oltre due anni cosa fare, poi diedi l’avvio alla lotta”, raccontava. Due, forse anche tremila, furono coloro che lo seguirono e non indietreggiarono davanti allo schieramento dei reparti della Celere. A Salerno lo fecero arrivare con l’inganno, il Prefetto disse che voleva parlare con lui e gli altri capi della lotta che nel frattempo aveva coinvolto l’intera Piana del Sele. Invece scattò l’arresto e Paolino venne portato nel carcere di S. Antonio. Ci restò due giorni e poi la pressione di Giorgio Amendola e Pietro Ingrao ebbe la meglio e fu liberato. Al rientro a Capaccio tutto il paese lo festeggiò in piazza Tempone. Fu poi la Democrazia Cristiana a gestire le fasi successive della Riforma Fondiaria e Capaccio ne fu fortemente investita con la costruzione di nuovi borghi come Gromola, Spinazzo, Cafasso e Scigliati. Nel 1950 Paolino lascia il Partito Comunista e con alcuni giovani intellettuali (Liuccio e Maffettone) aderisce al movimento di Cucchi e Magnani che osano contestare Palmiro Togliatti. “La rivoluzione passa per Capaccio” è il titolo dell’inchiesta di Giovanni Ansaldo, pubblicata allora da “Il Mattino” a quattro colonne che dà conto di questa dissidenza che increspa il Pci campano e che s’incentra tutta sulla figura di dirigente politico di Salvatore Paolino. “Gridavamo né America né Russia, avanti Italia”, evoca Giuseppe Liuccio. Lo ricorda così Pasquale Marino, l’attuale sindaco: “Da agitatore politico a uomo delle istituzioni, ha avuto sempre un percorso coerente e forte, con l’obiettivo dell’avanzamento civile, sociale e culturale delle nostre popolazioni. Le lotte politiche del Dopoguerra sono state il sale della nostra crescita e del nostro progresso, in tutti i campi della vita”. L’invasione d’Ungheria del 1956 lo convince a tornare nell’alveo socialista. E’ il periodo che Paolino dirige a livello provinciale la Lega delle Cooperative e poi l’Alleanza dei Contadini. Dal 1956 al 1960 è di nuovo sindaco a Capaccio quando riesce a rimettere d’accordo i comunisti e le due diverse anime socialiste. Si trasferisce a Salerno con tutta la famiglia e va a misurarsi nel più ampio scenario politico provinciale. Qui è i fondatori e gli animatori del circolo culturale “L’incontro” e poi del “Circolo Democratico”, insieme a Feliciano Granati, Tullio Lenza, Abdon Alinovi, Pino Lanocita, Roberto Visconti ed Ennio D’Aniello. E’ amico del poeta Alfonso Gatto e di Mario Carotenuto, che volle regalargli un suo ritratto. C’è un periodo dove si misura anche con la gestione di una libreria e di una galleria d’arte. Fonda e dirige giornali come “La sinistra”, “Il Sele” e “Tribuna Meridionale”. Insomma, non è un “totus politicus”, così come Benedetto Croce disse di Togliatti. Da assessore provinciale ai lavori pubblici s’impegna allo spasimo per la costruzione del ponte sul fiume Sele e per quello sul fiume Sammaro, ancora oggi considerato uno dei più ardimentosi dell’ingegneria italiana, che ha collegato gli Alburni con la Valle del Calore, Roscigno con Sacco. Spesso lo si incontrava a passeggio per il corso, con eleganti completi e camicie inamidate con cravatta. Un gentiluomo elegante d’altri tempi, riservato ma sempre disponibile al dialogo. Nella sua casa di Salerno amava ricevere i vecchi amici di Capaccio, e rievocare i suoi i manifesti politici di propaganda elettorale stampati sulla grande carta azzurra di maccheroni di Torre Annunziata che oggi una rarità per i collezionisti. E per pagarsi quei manifesti, ricordano oggi i figli Paolo, presidente del consiglio comunale di Capaccio; Gaetano, avvocato civilista; e Nicola, leader del Sessantotto salernitano; Salvatore Paolino da galantuomo qual era sempre stato, aveva venduto le sue proprietà terriere. I funerali si terranno oggi, a partire dalle 16, presso la chiesa adiacente al Parco Pinocchio.

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